Ci è finito anche in ospedale – sabato sera Barbareschi è stato portato a Torrette a causa di un lieve malore – ma nonostante ciò il bilancio delle date marchigiane di Luca Barbareschi è del tutto positivo: successo di critica e di pubblico.
Luca Barbareschi ha portato in scena ad Ancona per quattro giorni “Il discorso del re” di Saidler.
D’altra parte, quando un attore è bravo, lo si vede: c’è poco da fare. Soprattutto se si tratta di reggere più di due ore di spettacolo, con un ruolo di primissimo piano.
Ne “Il discorso del re”, in scena alle Muse di Ancona dal 6 al 9 dicembre, Barbareschi non ha interpretato soltanto l’eccentrico logopedista Lionel Logue, ma si è anche fatto carico del ruolo di regista, con una schiera di attori da dirigere a fronte di un testo complesso, profondo, intenso. Oltretutto già portato al cinema da Tom Hooper e premiato con ben quattro Oscar.
Il passaggio dal cinema al teatro, si sa, non è sempre semplice. Ma a Luca Barbareschi l’operazione è riuscita più che bene, grazie anche all’originale testo teatrale di David Seidler da cui tutto ebbe origine. La storia – vera, interpretazione letteraria a parte – racconta la battaglia di re Giorgio VI contro la balbuzie, un problema di natura psicologica che gli impediva di adempiere in tranquillità ai suoi compiti di re, tra cui ovviamente quello di parlare in pubblico o alla radio. E non c’è neppure bisogno di andare troppo indietro nel tempo per seguire le fila di questa storia, dal momento che il re in questione – interpretato a teatro da un bravissimo Filippo Dini – altri non è se non il padre dell’attuale sovrana Elisabetta d’Inghilterra.
Per chi ha visto il film, la riduzione teatrale non si discosta troppo da esso, se non per l’ovvio adattamento di registro stilistico; di fatto i personaggi, a cominciare da Lionel e da re Giorgio, restano fedeli all’immagine già portata al cinema da Hooper. Cosicché viene da pensare che Barbareschi sarebbe stato perfetto anche sul grande schermo, dal momento che i panni di Logue gli calzano alla perfezione.
Ne viene fuori un logopedista unico al mondo, divertente, originale, dotato della sensibilità emotiva giusta per scostare le tende della riservatezza reale. A prima vista sembrerebbe persino che lui, a differenza di re Giorgio, abbia raggiunto un centro e un equilibrio, professionale e sentimentale. Ma non è del tutto vero: lo dimostrano, ad esempio, gli spezzoni – tra i più divertenti a teatro – in cui lo si vede presentarsi ai provini con tanta ironia, condita tuttavia da una nota di malinconia. Anche lui in fondo, come re Giorgio, non è riuscito a realizzare i propri sogni; e così il compromesso diventa una parola chiave per l’intera storia, seppur il finale sia senza dubbio da considerarsi positivo.
Sotto la direzione di Barbareschi, a cimentarsi con il testo di Seidler sono – oltre al già citato Dini – Ruggero Cara, Chiara Claudi, Roberto Mantovani, Astrid Meloni, Mauro Santopietro e Giancarlo Previati: un team di professionisti coadiuvati dalle scene di Massimiliano Nocente e dai costumi di Andrea Viotti (per una produzione Casanova Multimedia).
Per le Muse di Ancona si è trattato di un’anteprima regionale, a confermare il ruolo di primo piano che il teatro riveste nelle Marche. Gli faranno seguito dal 20 al 23 dicembre Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi in “Due di noi”, una commedia che si gioca tutta dentro la più che mai discussa realtà di coppia.
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