Al teatro Goldoni di Venezia è andato in scena dal 16 al 20 gennaio il “Don Giovanni” di Molière per la regia di Alberto Di Stasio, con Fabio Sartor nel ruolo del protagonista e Manuela Kustermann a interpretare Sganarello
Al teatro Goldoni di Venezia è andato in scena dal 16 al 20 gennaio il “Don Giovanni” di Molière per la regia di Alberto Di Stasio, con Fabio Sartor nel ruolo del protagonista e Manuela Kustermann a interpretare Sganarello.
La figura del don Giovanni ha attraversato la cultura europea per secoli, al punto che oggi è difficile stabilire quale sia la sua origine: soltanto all’inizio del Seicento in Spagna cominciò a circolare una delle prime trasposizioni scritte, “El burlador de Sevilla”; saranno però Molière e, un secolo più tardi, Mozart con Da Ponte a consegnarci le due versioni più celebri. Messa in scena per la prima volta il 15 febbraio del 1665 al teatro del Palais-Royal con il titolo “Le festin de Pierre”, questa commedia venne scritta da Molière in un momento di difficoltà della propria compagnia, dovute al divieto di rappresentazione che aveva colpito la sua precedente opera, il “Tartuffo”. Alla ricerca di un soggetto che gli avrebbe potuto assicurare un buon successo senza incorrere in nuovi contrasti con le autorità religiose, Molière scelse allora di rielaborare “Il convitato di pietra”, una celebre commedia che proprio in quegli anni veniva rappresentata a corte dalla compagnia degli Italiani.
La messa in scena del “Don Giovanni” rappresentato al Goldoni è molto scarna: una lunga tavola bianca chiude il fondale quasi a voler ricordare, fin dal debutto, l’incombente ultima cena. Alcune grandi tele del pittore Stefano Di Stasio si alternano a segnare lo svolgimento dell’azione, accompagnate da intermezzi musicali tratti dall’opera di Mozart. La versione presentata questa stagione da Alberto Di Stasio si avvale inoltre del lavoro di traduzione e cura dei testi di Manuela Kustermann: il suo intervento risulta più evidente soprattutto nell’episodio di Petruccio e Carlotta, in cui i due giovani parlano un bizzarro dialetto veneto, quasi si trattasse di una baruffa goldoniana.
Il tratto più interessante del “Don Giovanni” visto al Goldoni è senz’altro l’interpretazione di Manuela Kustermann nei panni di Sganarello, l’alter ego di Molière, in grado di fornire una significativa chiave di lettura all’intera opera. In una commedia in cui le donne sono ridotte a oggetto del desiderio di don Giovanni, insaziabile e machiavellico, la scelta di dare una voce femminile al suo servitore serve a equilibrare i rapporti. Sganarello non è infatti il fedele braccio destro, né un uomo buono ma superstizioso e ignorante; assume piuttosto i panni della coscienza femminile di un don Giovanni accecato dalle proprie fantasie amorose. È però proprio su questo punto che la versione di Di Stasio sembra perdere il filo conduttore. Nonostante la buona prova di Fabio Sartor, don Giovanni appare qui come un eroe imborghesito, privo di quel fascino maledetto che fece intravedere in lui una figura simbolica, addirittura precursore del pensiero illuminista. Fin dalla scelta dei costumi – a segnare la differenza con gli altri personaggi – questo don Giovanni resta a metà strada tra il tentativo di rendere più umano un personaggio tanto complesso e lo slancio civile che mosse Molière nella scrittura di questa pièce, contro “i vizi del suo secolo”, al punto che il monologo sull’ipocrisia recitato da don Giovanni nel finale pare quasi una forzatura.
Produzione TSI La fabbrica dell’attore
regia: Alberto Di Stasio
con: Manuela Kustermann, Fabio Sartor, Alberto Caramel, Petruccio Dimanche, Emanuela Ponzano, Massimo Fedele, Luna Romani, Marta De Ioanna
durata 115 min.