Greetings from Tim Buckley al Teatro Corso di Mestre

Il racconto del lungo omaggio a Jeff e Tim Buckley

Jeff Buckley aveva una voce fuori dal comune. Era una creatura meravigliosa. Mitizzata da quella morte, così assurda, a soli trent’anni. E da quel suo unico album, Grace, di una bellezza dolce e fulminate, da preservare dalle brutture del mondo. Così come Jeff: quel viso dai lineamenti così dolci, quel corpo un po’ acerbo. E una storia alle spalle così pesante. Quando Jeff aveva otto anni, suo padre Tim aveva già pubblicato nove album. Era il 1974, e Tim sarebbe morto l’anno seguente, a ventotto anni, per un’overdose. Jeff e Tim quasi non si incontrarono mai, come se quel figlio non esistesse. O forse per la paura che quel figlio magari un giorno lo avrebbe superato. Eppure Jeff e Tim così uguali nel loro destino: destino che ha voluto per loro un’immagine di eterna giovinezza. Nelle copertine degli album, Tim, con i suoi ricci. Nei video, Jeff. E quel loro sguardo pieno di vita, ma sempre oscurato da un velo di malinconia.

Adesso però la vita di Tim e Jeff soffoca. Una bellezza troppo luminosa, troppo autentica per essere amata. Ed eventi come quello andato in scena venerdì al Teatro Corso di Mestre sono quei pochi fari che ci consentono di sperare, sperare ancora. Il pomeriggio è ricco di appuntamenti: si inizia subito forte alle 16.30 con la presentazione di Touched by Grace, biografia di Jeff Buckley scritta da Gary Lucas, suo chitarrista. Lucas non si risparmia nel raccontare aneddoti sulla collaborazione con Buckley. Ne racconta la personalità, mutevole. La sua timidezza, la sua angoscia e la sua straordinaria voce, la migliore che avesse mai sentito.

Alle 17 invece è il turno del film Greetings from Tim Buckley, alla sua prima proiezione in Europa. Perfetta ricostruzione in parallelo della vita di Tim Buckley, fino alla nascita del figlio, e della vita di Jeff, fino allo storico concerto in onore del padre, il 26 aprile 1991 a Brooklyn, nella chiesa di St. Ann. Cura maniacale dei dettagli, perfetto stacco di fotografia tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta. Le uniche perplessità sono relative ad aneddoti che danno l’impressione di voler esasperare la scorrevolezza della storia, romanzando i personaggi di Tim e, soprattutto, di Jeff per avvicinarli ulteriormente alla platea. Molto apprezzabile, invece, la scelta di assegnare alla musica un ruolo principale: protagonista assoluta del film. Non semplice colonna sonora.

La lunga giornata dedicata a Jeff ha il suo atto finale alle 21, con il concerto di Gary Lucas e Alessio Franchini, “voce italiana” di Jeff Buckley. Due ore di performance che ripercorrono la breve ma straordinaria carriera artistica di Jeff: i pezzi contenuti in Grace e alcuni brani scritti da Lucas destinati a un successivo album, mai pubblicato. Gary è straordinario: anche in acustico non fa rimpiangere i suoni di un’intera band. Precisione e grande pathos. E la voce di Franchini fa vibrare l’aria, con la sua potenza, le sue infinite sfumature.

Purtroppo la musica di Jeff Buckley è sempre più orientata verso un pubblico “di nicchia”. Sarebbe bello se eventi come questo venissero organizzati più spesso, così da avvicinare soprattutto il pubblico giovane ad artisti che, per ragioni anagrafiche, non hanno potuto conoscere. Ma di cui mai come adesso ci sarebbe un maledetto bisogno.