“Il Mio Vicino Totoro” di Hayao Miyazaki

"Mi era sembrato di aver già visto quel mostriciattolo"

Satsuki, 11 anni, la sorellina Mei, 4 anni, e il babbo professore universitario si trasferiscono in una diroccata casa di campagna per poter restare vicini all’ospedale in cui è ricoverata la madre e moglie. Sin dal principio l’affascinante catapecchia strega le due pestifere sorelle che fanno il loro primo entusiasta incontro con quelli che la nonnina loro vicina di casa avrà modo di definire spiritelli della fuliggine. La divertente esperienza paranormale avrà modo di
ripetersi quando la vulcanica Mei farà casualmente la conoscenza dello spirito che alberga nel gigantesco albero di canfora che domina la neocasa della simpatica famigliola: un grosso, morbidoso, assonnato, sorridente, magico, iperungulato essere che verrà presto ribattezzato Totoro.

Essendo cresciuta in una famiglia invidiabile, la piccola Mei non viene presa per pazza. Anzi Satsuki, dopo aver ascoltato il racconto della sorellina, muore dalla voglia di scalare a sua volta il pancione dell’ipertrofico spiritello. La primogenita verrà prontamente accontentata, quando Totoro si palesa alla fermata dell’autobus accanto alle bimbe in attesa del ritorno del babbo, pronto, Totoro, a salire sul suo personale mezzo di trasporto: un velocissimo e spazioso gattone a
dodici zampe. Vista quella che si prospetta una lunga attesa sotto una pioggia scrosciante, Satsuki offre un ombrello a Totoro. Evidentemente basta un gesto banale ma ben intenzionato a predisporre positivamente uno spirito della natura. Da quel momento il grosso essere bonaccione intratterrà rapporti di ottimo vicinato con le due dolci bambine, arrivando anche a dirimere, con divina semplicità, una situazione all’apparenza spinosa e pericolosa.

Fra gli appassionati più distratti, che strana categoria, ci sarà chi si sta domandando: “Ma come, Miyazaki da che mondo e mondo ci mette quattro o cinque anni per completare un film. Come è possibile che pochi mesi dopo l’uscita di Ponyo appaia dal nulla questo Totoro?”. Lunga premessa con tanto di prosopopea per ricordare che la Lucky Red, storica distributrice italiana dei lavori targati Studio Ghibli, ha deciso, spinta da un moto di venerabile e coraggiosa intelligenza, di adattare in italiano e distribuire in sala i film di Hayao Miyazaki inediti nel Bel Paese. In Italia, come in tutta Europa, Miyazaki è sbarcato in seguito all’accordo americano di distribuzione fra lo Studio Ghibli e la Disney. Il primo lavoro del regista giapponese a vedere la luce extranipponica è stato La Principessa Mononoke. Da lì in poi i successivi tre film, La Città Incantata, Il Castello Errante di Howl e Ponyo sulla Scogliera sono stati un volo a planare e hanno dapprima sancito quindi rafforzato in maniera costante l’amore che il resto del mondo prova per Miyazaki. Ma un buco che vale la pena di colmare è rimasto. E la prima allegorica passata di stucco è ben rappresentata dal bel Tonari no Totoro, uscito nel lontano 1988 in patria. Totoro, peraltro, è titolare di alcune peculiarità all’interno della filmografia di Miyazaki, essendo stato fra i pochi film della Ghibli a deludere al botteghino, pur avendo fatto incetta di tutti i maggiori premi cinematografici della stagione. Il deficit pecuniario accumulato dalla pellicola è stato però appianato un paio d’anni più tardi
quando un imprenditore convinse lo Studio a commercializzare una serie di pupazzi raffiguranti il simpatico spiritello panciuto. I giocattoli di Totoro hanno contribuito a fare di quest’ultimo un simbolo talmente riconoscibile da convincere Miyazaki e soci ad adottarlo come simbolo della Ghibli.

Il film, in uscita nelle sale italiane il 18 settembre, è manco a dirlo consigliato a tutti. Per i fan di Miyazaki dell’ultima ora (da La Città Incantata in poi) è un’occasione d’oro per cominciare una lenta ma soddisfacente opera di recupero dei film pre nuovo millennio; per gli
aficionados di vecchia e vecchissima data è una possibilità altrettanto preziosa di rimettere finalmente sullo scaffale la propria rivedibile copia import di Tonari no Totoro, di abbandonare gli incoprensibili sottotitoli in tedesco e gustarsi sul grande schermo uno dei capolavori di Miyazaki, godendo finalmente appieno di uno degli ultimi film della Ghibli realizzato interamente a mano. Una pellicola dove i leit motiv tematici e registici (il volo, il contatto con la natura, la purezza dell’infanzia, la visionarietà classica, la profonda semplicità narrativa per citarne solo alcuni) dell’autore giapponese vengono puntualmente proposti. Si ride, per i più sensibili c’è spazio per qualche lacrima, si canta, si viene presi dalla frenesia di avere un morbido Totoro a cui potersi aggrappare e con cui poter aspettare l’autobus in una serata piovosa, rivivendo per un attimo una scena di culto e perfezione assoluta. Tutto questo per gentile concessione della Lucky Red, che non finiremo mai di ringraziare, e di Hayao Miyazaki, che evidentemente e paradossalmente non abbiamo ancora ringraziato abbastanza.

Titolo originale: Tonari no Totoro
Nazione: Giappone
Anno: 1988
Genere: Animazione
Durata: 86′
Regia: Hayao Miyazaki
Sito ufficiale:
Sito italiano: www.luckyred.it/totoro
Cast:
Produzione: Studio Ghibli, Tokuma Japan Communications Co. Ltd.
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita: 18 Settembre 2009 (cinema)