La storia e la smania di potere. Il privato occultato da una deriva dittatoriale scritta – col sangue – sui libri di scuola.
La vicenda narrata da Alfredo Pieroni – corroborata da importanti documenti reperiti qualche anno dopo la fine della guerra nei luoghi incriminati – fanno di questo piccolo saggio (appena un centinaio di pagine) un’importante e oscura pagina della storia d’Italia. Quella di Benito Mussolini e della sua amante Ida Dalser è stata una vicenda poco nota, almeno fino a quando Marco Bellocchio non ha deciso di portarla sullo schermo con le interpretazioni di Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno in Vincere, presentato alla sessantaduesima edizione del Festival di Cannes.
La storia, persa fra le pieghe di quella ufficiale, parte da un giovanissimo Benito Mussolini, direttore del quotidiano “L’avanti”, permeato ancora da idee socialiste e progressiste, che conosce una giovane estetista, Ida Valser, con la quale avrà un bambino – legalmente riconosciuto – dal nome Albino.
Nello stesso periodo, però, inizia l’ascesa del dittatore che per vent’anni avrebbe tenuto sotto scacco l’Italia, portandola all’insuccesso nel secondo conflitto mondiale. Dopo aver sposato Donna Rachele, nella vita del futuro duce non c’è più spazio per la fedelissima Ida, rinchiusa (sanissima di mente) in un manicomio e mai più liberata.
E sono proprio le lettere ritrovate e scritte di proprio pugno dalla donna, a dimostrare che l’unico peccato originale fu quello di concedersi a un uomo che la sacrificò per giungere ai vertici di un potere malato. Il resto, purtroppo, è storia.