Orizzonti – Eventi
A Venezia continua l’approfondimento dedicato alle morti bianche, ricordando con un altro documentario la tragedia della ThyssenKruopp di Torino dove, lo scorso anno, morirono fra le fiamme sette operai.
La memoria è uno strumento prodigioso e indispensabile, l’indignazione un passaggio necessario per far sì che qualcosa cambi. E’ per questo, che il documentario di Mimmo Calopresti – presentato alla 65esima Mostra del Cinema di Venezia – si presta quasi inevitabilmente a dei commenti critici che, con la complicità di un eufemismo e della buona fede, potremmo definire imbarazzanti. Già la scelta dell’Autore (con la A maiuscola, vista l’onnipresenza fisica ed evocativa sullo schermo) è lontana anni luce dalla sobria scelta dei due registi che, sempre a Venezia, hanno presentato ThyssenKrupp Blues, altro documentario che riassume la tragedia che ha colpito gli operai della fabbrica tedesca lo scorso dicembre.
Quello di Calopresti, invece, è permeato da una schiacciante retorica, così fastidiosa, da apparire grottesca. Gettati in pasto a dei lacrimosi primi piani e a domande indegne anche del più degenerato talk show (era bello suo figlio, vero?), ci sono i familiari delle vittime che mettono a nudo il proprio dolore, del tutto ignare della complicità con cui la strumentalizzazione visiva le rende protagoniste di un inutile Barnum. A rendere ancora più incomprensibile la scelta registica (il film è finanziato dalla regione Piemonte, nota da ricordare) è la commistione fra fiction e documentario, al punto da aprire la scena con un montaggio che lega la nascita del cinema (1895, Lumiére, Sortie d’Usine) alla tragedia che centododici anni dopo si sarebbe consumata all’interno della fabbrica torinese. Sempre nelle scene iniziali, il parallelo ossessivo fra lager nazista e fabbrica (con una lunga carrellata sulle sbarre) è a dir poco ingeneroso.
Certo, Mimmo Calopresti è regista intelligente e poliedrico, che sa bene qual è il limite oltre il quale la pietà si trasforma in business, e i corpi devastati dalle fiamme una buona merce di scambio per sindacati e governanti. Forse, al di là delle convenzioni e della buona fede, bisognerebbe non soffermarsi sul privatissimo dolore di chi ha subito la malasorte, sperando che, oltre al minuto di silenzio (giustamente invocato all’inizio della proiezione) segua qualcos’altro. E non, come accaduto, un inutile teatrino di complimenti e felicitazioni reciproche (avallate dall’applauso scrosciante della platea). Eccoli – dunque – i protagonisti assoluti della giornata, pronti a denigrare le leggi stesse, fatte o taciute con la complicità del sindacato e degli interessi privati. Continuiamo ad indignarci, per carità, ma a telecamere spente.
Titolo originale: La fabbrica dei tedeschi
Nazione: Italia
Anno: 2008
Genere: Documentario
Durata: 90′
Regia: Mimmo CaloprestiData di uscita: Venezia 2008