“Colui che disse: preferirei essere fortunato che buono, aveva capito tutto della vita. Le persone non vogliono accettare il fatto che gran parte della nostra vita dipende dalla fortuna. E’ spaventoso pensare quante siano le cose che sfuggono al nostro controllo. Ci sono momenti, in una partita di tennis, in cui la palla colpisce la parte alta della rete e per una frazione di secondo non sappiamo se la supererà o cadrà indietro. Con un pizzico di fortuna, la palla supera la rete e vinciamo la partita ma senza fortuna ricadrà indietro e perderemo.”
Abbandona Manhattan per trasferirsi nella buona società londinese, trascura il suo jazz per andare all’Opera, sceglie – una volta ancora – di restare dietro la macchina da presa per raccontare la vita, le nevrosi, la buona e la cattiva sorte dei suoi personaggi, in una furtiva lacrima che è la summa poetica di tutto il suo cinema. Che questo non sia un film alla Woody Allen è da escludere, esclamazione troppo precipitosa di una critica distratta e distaccata. Il cambio di prospettiva alleniano altro non è che un camuffamento, un’alchimia di elementi che emerge in una superficie che si allontana dal consueto, lasciando però alla profondità delle idee la sua parte migliore. Un film che lascia riflettere a partire dalla durata: i suoi 124 minuti non sono poca cosa per un regista che raramente ha superato la soglia dei novanta.
Un po’ di trama. Chris (Jonathan Rhys Meyers) è un giovane e ambizioso maestro di tennis che tenta la scalata sociale nell’alta società londinese. Il frutto della sua ambizione si concretizza in Chloe (Emily Mortimer), la giovane figlia di un ricco uomo d’affari, che lo introdurrà in un mondo a lui estraneo ma non privo di fascino. L’amore di Chris per Chloe sarà minato dalla splendida Nola (una superba Scarlett Johansson), giovane attricetta di provincia che ha trovato il suo principe azzurro in Tom (Matthew Goode), fratello di Chloe e giovane e promettente rampollo della famiglia. Fra le giornate ai musei e le serate all’opera, si insinua l’altra faccia della nobiltà, quel volto cinico e spietato che la natura umana nasconde dietro i fasti di una vita tranquilla e serena.
Il film, ambientato interamente in Inghilterra, dà una visione stereotipata ma efficace del vivere borghese: l’opulenza sfrenata delle griffe modaiole e le automobili di lusso si scontrano con la consuetudine dell’imprevedibile, dell’incerto che irrompe nel quotidiano facendone saltare le coordinate.
Tornano i sensi di colpa che ossessionano i personaggi in cerca d’autore, nei riferimenti continui di un Allen che parla e fa parlare di sé. E quando si apre il sipario, pare sia il caso, più della fortuna, a dirigere gli eventi. Come se anche la fortuna, ammicca allo spettatore, abbia bisogno di essere diretta e alimentata. E in qualche modo lui lo fa magistralmente, con la rarissima capacità di far sorridere anche nei momenti più cupi, in un film che tocca i toni del melodramma e della tragedia (cita Sofocle, Dostoevskij e Strindberg) passando per Hitchcock, Bergman e Fellini. Forse non riuscirà a raggiungere l’immortalità non morendo, ma sta di fatto che le sue opere continuano ad incantare le platee che da anni lo considerano uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
PER UN APPROFONDIMENTO DEL FILM RIMANDIAMO ALLO SPECIALE SU WOODY ALLEN
Match Point
Titolo originale: Match Point
Nazione: U.S.A., Regno Unito
Anno: 2005
Genere: Drammatico
Durata: 124′
Regia: Woody Allen
Sito ufficiale: www.dreamworks.com/matchpoint/
Sito italiano: www.matchpointilfilm.it
Cast: Scarlett Johansson, Jonathan Rhys-Meyers, Emily Mortimer, Matthew Goode, Brian Cox, Penelope Wilton
Produzione: BBC, Thema Production
Distribuzione: Medusa
Data di uscita: Cannes 2005
13 Gennaio 2006 (cinema)