“MEGHIDDO”

Opere di Peter Donaldson, Franklin Evans, Panayiotis Michael e Federico Solmi alla NOTgallery di Napoli

In linea con il periodo di trasformazioni e sconvolgimenti sociali, politici, economici, culturali attraversati dalla nostra civiltà, il titolo della mostra prende più o meno ironicamente le mosse dal nome della valle palestinese in cui secondo la tradizione giudaico-cristiana si svolgerà la battaglia finale tra le forze del bene e quelle del male.

“Meghiddo” vuole evocare ed esorcizzare al tempo stesso la tentazione manichea che ciclicamente si ripresenta alle porte dell’animo umano, il multiverso generato dal cortocircuito di popoli, culture e ideologie che caratterizza la nostra era, il carattere escatologico e le potenzialità salvifiche dell’arte, considerata -in una prospettiva idealista capovolta che avrebbe fatto inorridire Hegel- come culmine di un processo di sviluppo che ha nella filosofia e nella religione forme ancora imperfette di espressione dello Spirito.

Panayiotis Michael presenta un intervento site-specific, simile a quello realizzato per il padiglione di Cipro alla recente Biennale di Venezia. Il disegno diviene il medium di elezione per esprimere il sovrapporsi di universi in divenire e le differenti velocità che li caratterizzano. Da sempre affascinato dai processi di cambiamento e dall’interazione tra il bene comune e la naturale vocazione dell’individuo alla libertà e alla felicità, con le sue monumentali installazioni Michael, combina collage, disegno e pittura murale, sollevando il tema di una realtà che sta al di là di quella verificabile e che è in grado di fornirci gli strumenti necessari per far fronte alle situazioni di conflitto con rinnovata energia, considerando non uno ma mille futuri possibili. L’arte libera in questo modo il suo potenziale escatologico-salvifico e in particolare il disegno si scopre, attraverso la sua natura progettuale, non più come semplice precursore di un opera che sarà successivamente realizzata con altri media, quanto piuttosto come il linguaggio più appropriato per esprimere la necessità di apertura a un fertile terreno immaginativo.

Federico Solmi, è stato chiamato a presentare alcune grandi locandine inedite tratte dalla sua ultima animazione King Kong And The End Of The World. Il Gorilla rappresenta l’avvento di un “messia” animalesco e brutale, ma fondamentalmente buono, deciso a spazzare via un mondo le cui pretese di civiltà si scontrano con le ingiustizie, la solitudine e l’egoismo da esso quotidianamente alimentati. In questa versione della storia King Kong comincia prendendosela soprattutto con le grandi istituzioni dell’arte quali il Guggenheim e la Gagosian Gallery di New York. Il racconto ha comunque un lieto fine, a metà strada tra il libro della Genesi e il precedente lavoro dell’artista sul pornodivo Rocco Siffredi.
Composta da più di mille disegni realizzati a mano – con l’aiuto dell’esperto di grafica 3D Russell Lowe- l’animazione è accompagnata da una grande locandina che traduce perfettamente sulla carta, mediante un tratto nevrotico e incisivo, l’aggressività della grande scimmia, protagonista del video.
Le forme volutamente sgraziate dei disegni dell’animazione (composta da più di mille disegni realizzati a mano, con l’aiuto dell’esperto di grafica 3D Russell Lowe) e delle locandine di Solmi, sono ottenute con un contorno formato non da un unico tratto, ma da complessi di linee che si addensano in un tratteggio sincopato, che si armonizza perfettamente con le musiche scelte dalla moglie dell’artista, Jennifer, e con il goffo incedere di Kong.

Anche il titolo del video di Peter Donaldson, artista scozzese da diversi anni trapiantato a Tokio, suona minacciosamente apocalittico. La trilogia The Fall Of Babylon narra l’hybris del re Nabucodonosor II trasformato metaforicamente da Dio in animale selvatico con la punizione della pazzia (durata sette anni) per avere eretto un idolo d’oro a propria immagine.
Donaldson con pochi strumenti e un’estetica “low-fi”, ma attingendo alla ricchezza dei miti d’oriente e d’occidente, alla cultura pop dei video musicali e degli anime giapponesi anni ‘80, mostra come non sia affatto necessario investire grandi budget e rinnegare la cultura di massa per conferire ai propri video lo status di “opera d’arte”.
Accompagnano il video alcuni poster realizzati in digitale e l’anteprima di una nuova serie di lavori a penna, carboncino e acquerello su carta, dal titolo Warriors Of The Wasteland.

Gli acquerelli di Franklin Evans utilizzano la fluidità del mezzo espressivo per rappresentare il carattere instabile del mondo contemporaneo, la sua tensione permutativa, facendo fiorire mondi su mondi attraverso un colore denso e lussureggiante. Le tavole di Evans delineano uno spazio a-cosmico dotato di una pluralità di centri e formato da un viluppo di elementi biomorfi tra l’astratto e il figurativo, da orizzonti psichedelici disegnati con l’evidenziatore contro cui raramente si stagliano i contorni di figure umane “sottratte” alla composizione. Sono lavori il cui gusto labirintico sembra tradire una vocazione neosurrealista e neomanierista, in realtà vanno inquadrati in una dimensione “pre-figurativa” per il loro tentativo di rappresentare il prender-forma di una realtà che non risiede nell’inconscio, ma più precisamente in quel “non-ancora-conscio”, che il filosofo utopista Ernst Bloch identificava con la capacità umana di anticipare ed esprimere attraverso l’arte il destino ultimo dell’uomo e del mondo.

(Testo di Luca Vona)

“MEGHIDDO. OPERE DI PETER DONALDSON, FRANKLIN EVANS, PANAYIOTIS MICHAEL E FEDERICO SOLMI”
a cura di Luca Vona
Opening: 16 marzo 2006 ore 18,30
Dal 17 marzo al 28 aprile 2006
Orari: dal lunedì al venerdì dalle 13 alle 19
Sabato e domenica su appuntamento
NOTgallery – Piazza Trieste e Trento, 48 – 80132 Napoli
Tel. 0810607028, info@notgallery.com
www.notgallery.com