Dall’Argentinos, al Boca Juniors, al Barcellona e al Napoli: sullo sfondo dei successi una biografia non autorizzata dell’autodistruzione di Diego Armando Maradona.
Al cinema, del calcio piace il cupio dissolvi. Quella tendenza di chi è sull’altare ad andare nella polvere, quella inclinazione all’autodistruzione, quella strana sensazione che porta all’entropia e al caos. Due grandi calciatori hanno avuto l’onore del biopic: Diegoarmandomaradona (da pronunciare tutto d’un fiato come si fa con le preghiere) e George Best (nomen omen). L’argentino e l’inglese. E per entrambi il trattamento (cinematografico) è stato lo stesso. Sia l’argentino che l’inglese sono stati legati a filo doppio alla sregolatezza fuori e dentro il campo. Best arrivava agli allenamenti in pelliccia, e Diego la usava nei miti inverni napoletani. Guidano macchine sportive, pigiano l’acceleratore più che possono e con la palla fanno quello che vogliono. La mano di Dio dà e toglie e Diegoarmando lo sa bene.
“Per le Malvinas!” urla negli spogliatoi ai suoi compagni prima di affrontare gli odiati inglesi, incitando i suoi come un divino condottiero. E così farà. Segnerà il gol più amato/odiato da folle di giocatori/appassionati/avversari contraddicendo in pieno quelli che dicono che il calcio non è politica vincendo la battaglia più importante della guerra delle Falklands.
Purtroppo con il calcio deludere è molto facile. È veramente difficile accontentare i malati cronici, far loro rivivere, anche solo la metà delle emozioni che si provano durante una partita vera. È un’operazione di demistificazione quella messa in atto da Marco Risi che fa sua la lezione del padre e ci consegna un “mostro” infarcito di cocaina e camicie Versace, che ingrassa con la facilità con cui fa gol, che si distrugge con la leggerezza con cui dribbla gli avversari mentre fa felice l’Argentina. Come Evita, si prende sulle spalle un popolo e lo fa sognare, scalzando, nella sua permanenza italiana, anche l’intoccabile e napoletanissimo San Gennaro.
Ma nel film si avverte il brivido solo nelle scene di repertorio, ci si emoziona solo vedendo Maradona bambino che fa drizzare i capelli ai primi osservatori del Boca Juniors.
Un film che si nutre di metafore visive premonitrici; tutti gli amici di vecchia data hanno una gamba rotta, una poliomielite azzoppante che prefigura il suo “Mi hanno tagliato le gambe” (dopo esser risultato positivo al doping a Usa ’94) e un pozzo nero che sta per inghiottirlo da bambino appare come memento in vari momenti del film.
Kitsch, sanguigno, amaro e triste che perde la poesia dei campi polverosi e poveri del grande scrittore Osvaldo Soriano. Non basta la sorprendente somiglianza di Marco Leonardi a far riempire le sale come fossero la Bombonera o il San Paolo e alla fine i colpi giusti sono quelli che il vero Diego indirizza nel fondo della rete, sempre sapendo che Diego non ha mai sbagliato un gol e se una volta ha preso una traversa è perché aveva proprio in mente quello…
Titolo originale: Maradona, la mano di Dio
Nazione: Italia, Argentina
Anno: 2007
Genere: Drammatico
Durata: 113′
Regia: Marco RisiCast: Marco Leonardi, Abel Ayala, Javier De la Vega, Julieta Díaz, Lucas Escariz, Rafael Ferro, Pietro Taricone
Produzione: Pol-Ka Producciones
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 30 Marzo 2007 (cinema)