Napoli: o la si ama o la si odia. La città delle contraddizioni e dei contrasti, dei binomi e delle dicotomie, delle opposizioni che convivono. Ed è proprio questa costante dualità la protagonista assoluta di “Napoli. Interno. Giorno. Visioni oltre… ed altre di una città”, spettacolo itinerante ideato e diretto dal giovane regista Marco Luciano, di scena nel programma del quinto Napoli Teatro Festival.
Napoli. Interno. Giorno. Sembra l’intestazione di una sceneggiatura per il cinema o per la televisione, e invece indica esattamente dove ci troviamo: nel capoluogo campano, in un appartamento (ogni volta diverso), in pieno mattino. Non ci sarà alcuna telecamera a restituirci immagini in differita e, a dirla tutta, non ci saranno nemmeno palco e poltroncine a separare gli attori dagli spettatori. Siamo tutti dentro la scena: osservatori delle storie, ma a pieno titolo inglobati dalla rappresentazione. E non ci sono sipari, quinte e fondali: Napoli è il teatro. Le case, le strade, i vicoli, i sacchetti dell’immondizia e le vetrine con le sfogliatelle, sono gli elementi che compongono la scenografia.
Il viaggio ha inizio a Palazzo Carafa, in Via San Biagio dei Librai. Il dottor Carmine Marino, medico di base, è pronto a partire per un mese di ferie. È intento a sbrigare le ultime faccende: qualche firma, le direttive alla segretaria, la posta. Con un giorno di anticipo, si presenta alla porta di Marino il sostituto: il dottore Biagio Spedalieri, che ha lavorato tanti anni a Milano e adesso torna a fare il suo mestiere a “casa”. Appena i due si stringono la mano, si dà ufficialmente il via alle prime opposizioni: la visione del mestiere, e quella di come vada affrontata la vita in città. Marino è un cinico e disilluso approfittatore, che vede il suo come un semplice “lavoro da scrivania” e, per questo, cerca di lucrare (e a nero) su qualsiasi cosa: certificati, analisi dirottate in studi “amici”, prescrizioni di visite specialistiche da medici che “ripagano il favore” e di farmaci di ditte che versano buone percentuali. D’altronde, stamm’ a Napoli, e s’adda campa’, dice sempre Marino, scatenando le ire di Spedalieri. Biagio, infatti, vive la professione come una missione, è onesto, intransigente, e non sopporta le persone come Carmine, vere cause dell’idea che il mondo, e Napoli stessa, hanno dei napoletani.
-Questi due opposti modi di vivere e di considerare il mestiere di medico, si incontreranno qualche volta sul terreno dei ricordi, nel pensare alla Napoli degli studi universitari o dei riti del passato, ma più spesso si scontreranno chiedendo a chi li segue nel loro giro, di schierarsi con l’uno o con l’altro. Facile infatti condannare Marino, ma quante verità vengono fuori da suoi discorsi, e quanto risuona tristemente autentica la sua filosofia di vita, metafora della medicina: non possiamo salvare il mondo, perciò “non dobbiamo guarire dalla malattia, ma vivere con essa”.
Ogni famiglia “visitata” dai due dottori, ha con sé una storia, tratta da vicende reali: inutile ricordare che a Napoli spesso la realtà supera la fantasia. Tra tutto il possibile materiale, Beatrice Baino e Carmine Borrino, rispettivamente autori di soggetto e drammaturgia, hanno scelto tre situazioni ricche di significato e portatrici di altrettante opposizioni: a casa Castaldo, dove il patriarca è appena morto, mamma cantante di jazz e figlio con ambizioni da neomelodico mettono una di fronte all’altra due culture, due aspirazioni, due generazioni; Lucia agli arresti domiciliari che intrattiene una relazione con un poliziotto ci chiede un’altra scelta: dalla parte dell’amore o della legalità?; l’anziana Titina, che cucina tutti i giorni anche per i figli e i nipoti che non andranno mai a trovarla, ritroverà il sorriso con la nascita della piccola figlia della sua badante straniera, e vi inviterà pure a pranzo.
-La rappresentazione mette a confronto una serie di personaggi, se vogliamo, stereotipati, ma conosciuti e vissuti, e offre allo spettatore continui spunti di riflessione, di accettazione e di immediata rimessa in discussione. Passo dopo passo, entriamo in una sorta di “altra” dimensione nella quale facciamo fatica a distinguere gli attori dai semplici passanti e viceversa. Il merito è soprattutto della regia, e dunque di Marco Luciano: quando una messa in scena sembra scorrere via naturalmente, vuol dire che il lavoro registico alla base è stato minuzioso e curatissimo. Per mostrare che tutto sia stato lasciato al caso, in realtà niente lo è stato mai.
Bravi gli attori. Il migliore, se dovessimo assegnare una sorta di riconoscimento, sarebbe sicuramente Roberto Cardone, il “sostituto”: oltre alla buona recitazione in sé, impagabili davvero sono le reazioni di corpo e viso. Qualcosa in più deve venir fuori da Emilio Massa, il “cattivo” dottor Marino: un po’ fiacco nella prima parte, deve “carburare” per tirare fuori il meglio. Nel complesso, un’ottima prova anche da parte dei meno esperti (che non sempre combaciano con i più giovani).
Notte e giorno, estate e inverno, buio e luce, vita e morte: sono gli opposti che si alternano e che mandano avanti il mondo, e Napoli. Interno. Giorno. lo conferma ancora una volta. Tanti sono i piccoli, grandi, colpi di scena che tentano di perseguire un nobile scopo: niente è come sembra ad una prima occhiata, e non dovremmo mai giudicare prima di avere a disposizione tutti gli elementi.
-Soggetto Beatrice Baino
-Drammaturgia Carmine Borrino
-Produzione Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia
-Produzione esecutiva CRASC – Centro di Ricerca sull’Attore e -Sperimentazione Culturale
-www.napoliteatrofestival.it