“Occidente Solitario” in scena al Toniolo

Il teatro mestrino ospita la commedia irlandese

Una prima da applausi, quella di “Occidente solitario”, in scena il 9 e 10 gennaio al Teatro Toniolo di Mestre. Alle 21 in punto, la platea semipiena è lì ad ammirare la commedia nera scritta dall’inglese Martin McDonagh e interpreta da Claudio Santamaria (Coleman), Filippo Nigro (Valene), Massimo De Santis (Padre Welsh) e Nicole Murgia (Ragazzina), per la regia di Juan Diego Puerta Lopez.

Al centro della pièce due fratelli, Valene e Coleman, che vivono, a causa della recente perdita del padre, in un’atmosfera quotidiana fatta di futili litigi e continue vendette: Coleman pensa esclusivamente a scroccare cibo e whiskey a Valene, mentre quest’ultimo sigla con la propria iniziale tutto quello che c’è in casa per rimarcare al fratello le sue proprietà, a partire dalla sterminata collezione di madonnine.

La coppia vive in un piccolo paese imprecisato dove, a sentir i racconti di Padre Welsh, domina crudeltà e disperazione. I rapporti fra i personaggi sono minacciosamente ironici, deliranti e cinici. Padre Welsh è l’unico che tenta di risolvere i problemi della comunità e l’odio tra i due fratelli, ma depresso e dotato di scarsa autostima, si suicida lasciando a Ragazzina una lettera da consegnare ai fratelli dove li prega di amarsi e di andare d’accordo. Dopo aver ricevuto la lettera i fratelli tentano di placare le tensioni in ricordo del prete, ma ne usciranno ancora lotte e antagonismi.

Il pesante e perpetuo clima d’astio tra i fratelli è basato su una comicità grottesca. La voce di Filippo Nigro, con tono da ubriacone instabile, è già di per sé motivo di risate, mentre Claudio Santamaria risulta comico in virtù della sua violenza e scelleratezza. Per quanto riguarda Massimo De Santis, ben tratteggia la figura del prete ma senza guizzi particolari. Lo stesso vale per Nicole Murgia.

La commedia termina com’è iniziata: con i due fratelli che si odiano. Tutto quello che succede in mezzo è un percorso che non porta a nulla. Un percorso a volte monotono, altre patetico (monologo di Padre Welsh). L’interpretazione dei protagonisti è molto buona, ma non si capisce l’uso saltuario del romanesco. Alcune, apparentemente ingenue, battute celebrano alla grande l’humour britannico: “L’unica cosa che volevano sentirsi dire era “Nostro figlio non è morto”, ma non poteva funzionare con lui sgocciolante in salotto”.