“STRAWBERRY FIELDS” DI MARINA LEWYCKA

Fuga dal sogno

Marina Lewycka, dopo “Breve storia dei trattori in lingua ucraina” (2006), regala ai suoi lettori un romanzo dalle tante facce, i volti di un gruppo di emigrati che, per sopravvivere, cercano lavoro e la speranza di una dignitosa quotidianità in territorio britannico.

Irina, giovane ucraina, lascia il suo Paese per andare a migliorare il suo inglese e per incontrare l’uomo della sua vita, quell’amore con la “A” maiuscola che le faccia dimenticare il passato per un sereno futuro nel Regno Unito. Appena scende dal pullman che da Kiev l’ha accompagnata conosce subito quella che sarà la sua Inghilterra. Un campo di fragole da raccogliere, senza passaporto e soldi, un caravan da condividere con altre ragazze straniere; un lungo “soggiorno” dal quale sembra non poter far più ritorno, un sogno inquietante, la corsa per fuggire da un grosso e viscido uomo, Mister Vulk, suo padrone, boschi che la nascondono da quell’Orco che la insegue, la vuole, la minaccia con una piccola e luccicante arma e poi il risveglio, l’Addio all’idea di una storia romantica e l’inizio della sua realtà, l’inizio di una Vita voluta da lei.

C’è anche Andrij, ombroso connazionale della bella Irina, dopo la morte del padre per un incidente nella miniera in cui lavoravano insieme che decide di darsi una possibilità in occidente e dopo mille disavventure, tra cui il lungo viaggio sul vecchio e maleodorante pulmino rock e dei suoi cani, raggiungerà la tanto agognata Sheffield per iniziare con Irina una nuova avventura.
Yola e Marta, polacche e rispettivamente zia e nipote, due ragazze asiatiche chiamate per semplicità Cinese Numero Uno, Song Ying, e Cinese Numero Due, in realtà malese il cui vero nome è Soo Lai Bee, condividono il caravan con Irina e con lei la fuga dal campo di fragole e la ricerca della propria dignità.
Oltre ad Andrij, il gruppo degli uomini è composto da Tomasz, il polacco che accompagna con la sua chitarra i momenti di pausa e proprietario delle scarpe che conferiscono al caravan un odore tanto caratteristico; Vitalij così giovane e così già tanto addentro ai giochi spietati della globalizzazione e infine, Emanuel, pacifico e candido malawaiano alla ricerca della sorella.
Tomasz, in una delle sue riflessioni, descrive perfettamente la loro situazione, leit-motiv del romanzo, facendo capire i sentimenti di un emigrato-persona: un uomo lontano dal suo Paese e non accettato da un Paese che doveva offrirgli semplicemente la dignità: «in preda a uno sconforto così intenso da essere quasi piacevole, ha tirato fuori la chitarra. La sua situazione era quella. Che cos’era diventato, se non un frammento di umanità spezzata e schiacciata, trascinato dalla corrente su una remota costa sconosciuta? Ecco dove lo aveva portato il suo viaggio».
Poi c’è Cane, il fedele amico che aiuterà Andrij e Irina e che con le sue pulsazioni e bisogni darà al lettore, di capitolo in capitolo, il brutale e veritiero bollettino della fuga dei suoi amici uomini.

Le pagine scorrono velocemente, gli intrecci delle vite dei protagonisti catturano l’attenzione, il linguaggio aiuta a capire le diverse personalità, Yola, Irina, Cane e le lettere di Emauel sono i principali affabulatori. L’emigrata ucraina Marina Lewycka, ormai insegnate alla Sheffield Hallam University, descrive le conseguenze dell’apertura dei confini territoriali, la speranza di chi sogna una vita libera e la ricerca di districarsi dalle briglie della troppo decantata globalizzazione. La storia personale della scrittrice, la sua esperienza da profuga in Germania e la nuova vita inglese animano ogni parola del suo libro.

Marina Lewycka, Strawberry fields, Mondadori, 2008, pp.374, € 16.50.