Un horror di composizione frammentaria e dai molteplici punti di vista questo nuovo prodotto coreano che sembra ipnotizzare attraverso la storia delle due sorelle del titolo, Sun Yi e Su Yon, densa di ispirazioni psicoanalitiche.
Il film andrebbe diviso almeno in tre parti: la versione di Su Yon, quella del padre, quella della matrigna. Lo spettatore si trova di fronte un dramma dalle tinte drammaticamente oscure: una famiglia con un padre vedovo risposato, due bambine in accesa tensione con la nuova moglie del padre, una madre morta per cause misteriose. L’infanzia delle bambine, specialmente della prima, ovvero Su Yon, che nella scena d’entrata del film si trova di fronte uno psichiatra che le domanda chi è lei in quel momento, presentando subito una personalità schizoide e multipla.
Il percorso verso il diramarsi della storia è nondimeno lastricato di puzzle: di ritorni perversi come quando la bambina trova nel suo scrittoio una copia identica dei suoi quaderni di scuola e una serie di vestiti uguali nell’armadio. Per circa un’ora seguiamo ininterrottamente le fila dei ricordi di Su Yon che rievoca il proprio passato prima dell’ospedale psichiatrico. Il giro di boa avviene tramite il padre appena le comunica che Sun Yi è morta ed è inutile che lei finga che viva ancora con loro.
A questo punto in colui che guarda sovviene un certo sperdimento: il sopra le righe di Su Yon non si spiega più con l’amore per la sorella e la difesa della madre morta per esser stata spodestata dalla nuova moglie. La rotazione della telecamera mostra una nuova prospettiva: la matrigna non ha ucciso Sun Yi ed il sacco grondante di sangue viene ora trasportato dalla sorella.
Il film ancora non ci riserva la soluzione finale perché le virate psicoanalitiche divergono incrostando di sensi di colpa sia la matrigna, rea di aver lasciato morire la figliastra sotto un armadio mentre chiedeva aiuto; sia la sorella Su Yon, che sebbene il rumore e l’avvertimento ambiguo della matrigna non è corsa a salvarla. Ora le grida dei fantasmi disseminati per tutto il film risuonano con motivazione nelle loro teste: in queste due donne la cui femminilità non si è scorsa neanche per un attimo, i cui silenzi insieme all’assenza del padre hanno creato un dramma dai contorni cupi e marmorei come le loro labbra, insensatamente chiuse sul loro passato.
Un fiaba nera della rimozione dove la dissociazione gioca un ruolo primario perché nelle tre versioni sono tutte colpevoli, più o meno confessate, e motivate soltanto dalla paura dell’intervento, dal muovere un passo, dallo scardinare uno status quo che trova nel silenzio e nell’incomunicabilità la sua vera matrice.
Regia di Kim Jee-Woon
Sceneggiatura KIM Jee-Woon
Fotografia LEE Mogae
Montaggio GO Im-pyo
Scenogafia. CHO Geun-hyun
Costumi OK Soo-kyungCorea, 2003 – 115’