La sera del 15 marzo, nel suggestivo Auditorium Santa Margherita, si è aperto il concorso internazionale del Ca’ Foscari Short Film Festival, giunto quest’anno alla sua settima edizione. Tra i primi sei cortometraggi presentati durante la serata d’apertura, uno dei più originali è sicuramente il noir storico Nocebo, opera prima del fotografo cieco di origini indiane Faraz Alam.
Ambientato in un ospedale militare nella Germania nazista dei primi anni quaranta, il corto segue, attraverso il flashback di un ex-soldato, la storia di un’infermiera che, stanca degli stupri e delle violenze dei militari ospiti dell’ospedale, decide di vendicarsi in un modo tanto originale quanto spietato: diffondendo a tutti i suoi amanti il virus della sifilide.
Valorizzato da un bianco e nero che avrebbe molto da insegnare a diverse produzioni hollywoodiane, Nocebo riesce a concentrare nei suoi soli 10 minuti di durata tutti gli elementi necessari per raccontare in modo incisivo una storia di stupro e vendetta (sia dal punto di vista narrativo che da quello visivo) senza però attingere troppo da quella tradizione di cinema di serie b che ha fatto del connubio tra rape & revange e nazismo il suo marchio di fabbrica (Ilsa la belva delle SS, Liebes Lager, Casa privata per le SS e altri classici della cosiddetta nazisploitation).
Nocebo inventa invece un linguaggio che attinge più dal noir che dall’exploitation, il tutto impreziosito da una fotografia curatissima che si sforza di restituire una differenza tra le scene della prima linea temporale e quelle del flashback, caratterizzate da un effetto pellicola invecchiata più che credibile e per niente dozzinale.