Bibi (Adèle Exarchopoulos) è una pilota di macchine da corsa; Gigi (Matthias Schoenaerts) è un importatore di macchine che però in segreto rapina banche insieme a un gruppo di amici. I due s’incontrano, nasce l’amore, ma c’è sempre un “ma”. Bibi non sa dell’attività extracurriculare di Gigi, il quale decide di mettere a segno un ultimo colpo prima di accasarsi felicemente e metter su famiglia con 2,5 bambini, la staccionata bianca e la casa in campagna. Che cosa potrà mai andare storto?
Chiaramente una domanda retorica, ma non come credete voi. Perché leggendo la sinossi uno s’immagina un film di genere che ovviamente esce dai binari durante il famigerato “ultimo” colpo e in cui comincia a esplodere tutto, inseguimenti, corse e chi più ne ha più ne metta, giusto? Invece quello che va storto è proprio il film in toto. Sì, perché Roskam non vuole fare un film di genere, ma un film d’autore. Quindi se qualcuno si aspetta che a un certo punto l’insieme “pilota di macchine veloci” e l’insieme “rapinatore di banche” si fondano a diventare un unico mega–insieme (o sottoinsieme?) “film di rapine e macchine veloci” sul genere di Italian Job, bè ecco, si metta l’animo in pace perché non succederà.
Secondo capitolo di una sedicente trilogia il cui primo film, Bullhead, sempre con Matthias Schoenaerts protagonista, non ho avuto il piacere di vedere, Le Fidéle è un lungo, lunghissimo mélo pieno zeppo di colpi di scena che sono sicuramente inaspettati ma che non vanno mai dove vorresti che il film andasse (per intenderci: la mafia albanese sì, il cancro no, i problemi di fertilità no, le fobie dei cani legate al passato traumatico no).
Non aiuta a portare a casa la storia il fatto che se mai due protagonisti hanno avuto poca chimica sullo schermo sono proprio Matthias e Adéle. Il loro amore e legame, sottolineato dal titolo, è il filo conduttore che dovrebbe far passare sopra a un sacco di incongruenze e noiosità, mentre invece tutto ciò che ottiene è di appesantire inutilmente la storia. E no, non basta mettere un paio di scene di sesso per far credere che i nostri protagonisti siano anime gemelle (peraltro in uno stacco che finisce sul podio degli stacchi improbabili, quasi come quello di Marra ne L’ora di punta). Sono fondamentalmente due estranei in una relazione faticosissima da portare avanti e che nessuno dei due vuole chiudere, per motivi che risultano incomprensibili ai più.
Vedi anche: Matthias Schoenaerts e Adèle Exarchopoulos sul Red Carpet di Venezia
Aggiungiamo pure che se Gigi, quando è sullo schermo da solo e specialmente nelle scene drammatiche, riesce a tenere la scena, Bibi è assolutamente inesistente a livello attoriale. Exarchopoulos mantiene costantemente lo sguardo fisso e la bocca semi socchiusa, l’unico tratto definito della sua personalità è “essere follemente innamorata di Gigi” cosa che, mi consentirete, è un po’ limitata come caratterizzazione del personaggio. Al di fuori di Gigi lei non esiste, tutto ciò che fa lo fa per lui, annullandosi completamente sia come personaggio sia come attrice.
Si consideri poi che il film, che avrebbe potuto essere sopportabile per 90 minuti, ne dura invece 130. Si aggiunge costantemente acqua al brodo, situazione assurda dopo situazione assurda – come se Roskam, anche sceneggiatore, avesse paura a scrivere la parola “fine” – e si capisce quindi il perché dell’acrimonia di questa recensione. Annoiare per un’ora e mezza è tollerabile. Annoiare per due ore e dieci è inaccettabile.