Dopo l’apprezzamento ottenuto al Busan International Film Festival dal suo End of Winter (2014), l’emergente Kim Dae-hwan approda a Locarno nella sezione Cineasti del Presente con Cho-haeng titolo internazionale The first lap –, che adottando la prospettiva di una giovane coppia questiona sull’istituzione della famiglia e del matrimonio.

Ji-youngKim Sae-byuk – convive col fidanzato Su-hyeonCho Hyun-chul – da ormai sette anni eppure entrambi esitano a compiere il grande passo. A cambiare le carte in tavola è l’inaspettata gravidanza di Ji-young, che porta i due a riavvicinarsi alle rispettive famiglie in previsione della nascita del figlio. Ma la rimpatriata non sarà delle più piacevoli.cho-haeng

Il film presenta una struttura bipartita e simmetrica: si parte contestualizzando la coppia nella propria abitazione, per poi passare al viaggio in macchina – con l’esasperante ma azzeccata scelta dell’angolo di ripresa, posto alle spalle dei sedili – verso la casa dei genitori prima di lei e poi di lui, al pasto in loro compagnia – caratterizzato da profondità di campo e mdp ad altezza d’uomo, quasi si fosse seduti a capotavola con gli interpreti – e quindi al viaggio di ritorno.

Lo spaccato è estremamente realistico, la cinepresa sembra farsi da parte come se gli eventi  stessero semplicemente accadendo davanti all’obiettivo ma allo stesso tempo non nasconde la sua presenza, come si evince dalla combinazione di inquadrature statiche ma girate con macchina a spalla, di cui si percepisce l’appena accennato tremolio. In tal modo Kim consegue il doppio scopo di affabulare il fruitore con il mito del cinema come “occhio della verità” manifestando però la sua presenza in veste di autore che tira le fila di una serie di eventi che hanno in tutto e per tutto il sapore della vita quotidiana.cho-haengLa recitazione è pertanto sobria, asciutta, improntata al formalismo tipico della classe cui i personaggi appartengono, ma si adegua perfettamente alla climax della sceneggiatura che attraverso un brillante scambio di battute porta la tensione a esplodere: la madre di Ji-young si dichiara delusa dalla figlia perché inferiore alle sue coetanee, mentre Su-hyeon è deriso dal padre che lo ritiene un artista buono a nulla. Ne traspare una visione decisamente poco lusinghiera del matrimonio, come avrà a dire senza giri di parole la madre del protagonista: non c’è nulla di cui vantarsi nel fatto di essere rimasti sempre con la stessa persona, perché tutto si riduce al ripetere le stesse tre azioni fondamentali – svegliarsi, mangiare, andare a letto insieme – con colui o colei che diventa col tempo una sorta di carceriere. Eppure tale è il condizionamento sociale della vecchia generazione che quest’ultima, benché conscia dei limiti di tale istituzione, non fa che biasimare i due ragazzi rimproverandoli per non essere convolati a nozze passata la soglia dei trenta.cho-haengKim non riesce tuttavia a essere incisivo, lasciando i caratteri dei protagonisti appena abbozzati – nonostante un discreto tempo dedicato alla loro intimità – e abbastanza anonimi. Il montaggio inoltre spezza inspiegabilmente la simmetria con l’inserimento di una sequenza in cui vediamo Ji-young e Su-hyeon mangiare in una nuova casa mentre il pianto di una bambina fa accorrere costei come se fosse proprio sua figlia; a confondere ulteriormente le acque ci sarà la scena in cui la giovane esamina preoccupata un test di gravidanza, anche se in teoria avrebbe dovuto già esserne al corrente. Questo sfasamento diegetico risulta insolito se si considera il realismo cui è improntata la pellicola e la linearità della narrazione.

Nel complesso un film sicuramente godibile e in grado in certi frangenti di strappare qualche sorriso, ma che da un’idea di non finito – anche se forse potrebbe trattarsi dell’ennesima frecciatina del regista al conformismo.