“…Vorrei che prima ancora che un bel film, fosse un film utile”. Disse Ermanno Olmi di Torneranno i prati, suo ultimo film, del 2014. “Utile” è anche l’aggettivo usato da Fredo Valla per il suo documentario che, come il film di Olmi, indaga su retroscena e sulle tragedie umane della prima guerra mondiale, la “Grande Guerra”.
E utile lo è davvero questo documentario di Valla, ma anche bello, artistico, poetico, struggente. Il titolo è tratto da un canto popolare, un canto militare eppure antibellico, il primo dei molti che si intercalano in questa pellicola, nel cui sottotitolo è evidenziata l’importanza sia della musica sia anche, e con forza, della storia: “Film concerto su disertori, ammutinati, rivolte, fucilazioni sommarie, nella Grande Guerra”. Un conflitto cui l’Italia partecipò con oltre 4 milioni di uomini ma dove il “fuoco amico” eseguì anche ben 750 condanne a morte, quasi tutte per diserzione. Un numero che non è fisiologico: in altri eserciti europei i disertori furono molti di meno in alcuni casi vi era il diritto di obiezione.
Il documentario, ricco di spezzoni di filmati storici, documenti, rievocazioni, ricostruzioni e interviste con studiosi e gente comune, ricostruisce il “dietro le quinte” di fatti bellici passati alla storia come atti di valore e di coraggio ma che, purgate della propaganda nazionalista e interventista, furono in realtà orrende carneficine. Il coraggio fu quello di chi scelse di disubbidire, anche se la pena era certa ed era la morte. Come nel caso della “decimazione di Cercivento”, che si concluse con fucilazione di quattro alpini per insubordinazione, il 1° luglio 1916.
Ci furono molti casi di appoggio della popolazione civile verso i disertori, appoggio spesso realmente eroico che si opponeva alla disciplina dell’esercito italiano, assurdamente rigida e con ordini talvolta inaccettabili anche per i nostri soldati, in gran parte contadini e dunque avvezzi all’ubbidienza e al rispetto delle regole anche le più severe. Il documentario rievoca alcuni tragici episodi, che quello del generale Andrea Graziani, che fece fucilare il ventiquattrenne artigliere Alessandro Ruffini solo perché sorpreso con un sigaro in bocca.
La guerra è mitizzata e la morte subita è spesso negata, chi ha patito certe situazioni esita a parlarne apertamente, come sarebbe stato poi inseguito per la Shoah. Dovettero passare dieci anni dalla la fine della Grande Guerra, perché Erich Maria Remarque riuscisse a scrivere il suo romanzo di accusa “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. Sono dovuti passare 99 anni perché fosse riabilitata la memoria dei martiri di Cercivento…
Con questo lavoro, prodotto da Nefertiti Film in associazione con l’Istituto Luce-Cinecittà, il settantenne regista e scrittore delle valli occitane cuneesi Fredo Valla apre a riflessioni sul passato che non possono non esser riportate al presente, per ricordare che il confine tra ideali e fanatismi è fin troppo facile da superare: “…Lo Stato in guerra ritiene per sé lecita ingiustizia e violenza che disonorerebbero l’individuo singolo … e il cittadino è tenuto ad approvare tutto ciò in nome del patriottismo” (Sigmund Freud, in “La guerra disillude”, 1915).