Una semplicità tanto sopraffine da riuscire a stimolare riflessioni più incisive di quanto non conseguano certi lavori d’impronta prettamente concettuale: questo il punto di forza di 21:13, in scena al Teatro Villa dei Leoni di Mira, nella serata di venerdì 9 aprile.
Si tratta dell’ultimo spettacolo della compagnia inglese Dancing Brick, composta da Valentina Ceschi e Thomas Eccleshare, due giovanissimi attori formatisi presso la scuola teatrale Jacques Lecoq di Parigi.
Oggetto della loro indagine è la comunicazione, per la cui analisi hanno scelto il punto di vista più aderente alla reale quotidianità, ossia l’interazione tra individui non aventi un codice linguistico comune.
La scena ha luogo in una stazione, dove due ragazzi, lei italiana, lui inglese, aspettano l’arrivo del treno, delle 21:13 appunto, in ritardo. La lenta attesa suscita in loro il desiderio di comunicare, ma il gap linguistico si frappone in qualità di ostacolo. Le conseguenze sfociano in una serie di buffi, spassosi tentativi d’approccio: dal ricorso a una fantasiosa mimica, alla speranza in una similitudine tra proprie parole e le loro corrispondenti nell’idioma altrui; l’effetto risultante è tanto realistico, da scaturire subito un senso d’immedesimazione negli spettatori, che di certo avranno più volte vissuto una situazione simile.
A rendere ulteriormente veritiera la circostanza, concorre la scelta vocale degli attori: all’accento tipicamente britannico di Thomas, infatti, è affiancata una lieve, musicale cadenza veneta di Valentina che, sostituendosi alla classica dizione teatrale, ben si presta alla desiderata caratterizzazione del personaggio; così facendo, sono sufficienti le poche parole pronunciate l’uno nella lingua dell’altra, per incarnare due stereotipi quanto mai aderenti di accento inglese nel lessico italiano e viceversa (decisione appositamente voluta, dato il bilinguismo di Valentina nella realtà).
Nell’apparente spontaneità e nell’immediata simpatica che evocano, i due attori hanno trovato la chiave per trasmettere un messaggio profondamente esistenziale: un invito alla presa di coscienza del fatto che un codice linguistico comune non è l’unica via possibile alla comunicazione. Spesso, infatti, gestualità, sguardi, singole parole mal pronunciate da un dizionario tascabile, trasmettono molto più di intere, lunghe frasi. A riprova di ciò, la struttura dello spettacolo porta il pubblico a seguire emotivamente la nascita di una tenera amicizia tra i due protagonisti; quindi, più o meno consapevolmente, a convenire con l’attuabilità di un’interazione anche senza la condivisione di una lingua. Addirittura, gli stessi malintesi che vengono a crearsi, possono alle volte essere più avvincenti del messaggio originale, in quanto creativamente stimolanti: lo dimostra un equivoco relativo a un “cerotto impermeabile in gomma vegetale”, la cui traduzione parola per parola da un piccolo dizionario, dà luogo a singole immagini totalmente sconnesse tra loro, su cui Thomas fantastica mentalmente, con aria divertita. La dimensione onirica interviene anche per mezzo di briosi intermezzi, interpretabili probabilmente come pensieri dell’uno o dell’altro personaggio che prendono corpo, per poi tornare nuovamente alla realtà, nell’attesa del treno.
La scenografia è in coerente linea con la semplicità che contraddistingue lo spettacolo: due identiche valigie per evocare la stazione, nere con delle fasce azzurre e rosa, a richiamare i candidi colori d’infanzia della maglietta e dei calzini che rispettivamente vestono lui e lei. E all’età puerile, d’altronde, si può ricollegare la vicenda, a quella fase della vita in cui ancora non si possiede un codice linguistico, eppure, senza distinzioni di razze e senza troppe inibizioni, in qualche modo si riesce comunque a comunicare.
21:13
Testo e regia: Valentina Ceschi e Thomas Eccleshare
Con: Valentina Ceschi e Thomas Eccleshare
Musiche: Ross Blake
Durata: 60 minuti
www.teatrovilladeileoni.it