Dalla campagna, a 5 ore di macchina da San Paolo, il diciottenne Mateus (Christian Malheiros, già protagonista di Socrate, primo film di Moratto), che sogna di studiare per diventare Ingegnere, accetta un lavoro in una discarica, per essere indipendente e potersi mantenere. Un uomo è passato a reclutare lui e altri ragazzi per portarli in città, promettendo un contratto di lavoro.

Finora Mateus, come i suoi nuovi colleghi, ha lavorato solo in campagna, ma a differenza di loro, sua madre lo ha fatto studiare.
Quando arrivano a destinazione, si rendono conto che sono finiti in un traffico pericoloso di sfruttamento, umano e lavorativo. Sono prigionieri con una pistola puntata alla tempia. Ore di lavoro non pagate (devono scalare il debito inconsapevole che hanno, perché è stato dato un anticipo alle loro famiglie), e condizioni umane al limite della miseria.

La preparazione e il carattere di Mateus gli permettono di rischiare, tanto che Luca (Rodrigo Santoro), il capo, ne coglie il potenziale, un po’ lo teme anche, e inizia a prenderlo sotto la sua ala protettiva. In un mondo senza scrupoli, Mateus deve scegliere che tipo di prigioniero vuole essere: passivo o attivo. Perché la libertà, quella vera, sembra comunque impossibile da raggiungere. Lo stesso Luca non è che un semplice ingranaggio del sistema malavitoso, non colui che lo muove.

Il regista brasiliano Alexandre Moratto scrive con Thayná Mantesso un film efficace, spietato e compatto sulla sopravvivenza.

7 Prisioneiros è un dramma sociale sulla schiavitù moderna che diventa anche racconto morale.
Prodotto da Netflix, vanta una regia semplice dallo sguardo snello eppure caparbia e tesa nel voler, e riuscire, a trasmettere emozioni forti.