ROMA – Rolando Ravello prende il microfono in mano e con un sincero trasporto inizia a raccontare la lunga gestazione che ha avuto la sua prima esperienza registica di Tutti Contro Tutti:
“Ormai sono passati circa sette anni da quel giorno in cui mi trovavo in macchina nel traffico e ricevetti una telefonata: il vero Agostino (protagonista del film) era in lacrime perchè gli avevano appena rubato casa, un buco di trenta metri quadri al quartiere popolare romano di Tor Bella Monaca dove due mesi prima era andato a vivere con tutta la sua famiglia. Dopo alcuni giorni Agostino si è riappropriato dell’appartamento, ma insieme a Massimiliano Bruno abbiamo cominciato a ragionare su che cosa sarebbe successo se il “nostro” Agostino non ce l’avesse fatta. La genesi è stata molto lunga: prima abbiamo scritto il soggetto, poi lo ha letto Serena Dandini che ci ha consigliato di farne un monologo e con questo mi sono presentato a teatro interpretando io stesso tutti i personaggi. Dopodichè ci è stato chiesto di farne una sceneggiatura e in questo modo è tornato ad essere quello per cui era stato concepito.”
Massimiliano Bruno, sceneggiatore e co-autore del film insieme a Ravello, mette in campo la sua simpatia per provocarlo bonariamente:
“È piuttosto complicato fare film del genere e infatti ci abbiamo messo sei anni, perchè nel momento della stesura del soggetto arriva sempre qualcuno a dirti “mi raccomando, non facciamo cose che si piange, facciamo che alla fine c’è un bel bacio…”, perchè in un momento del genere un produttore può essere spaventato dalla reazione che il pubblico può avere di fronte ad una commedia che tratti temi tanto drammatici, ma per fortuna Domenico Procacci (della Fandango) ha creduto fermamente nella storia come tutti noi. Un altro motivo della lunga gestazione è stato il fatto che lavorare al fianco di Ravello è piuttosto complicato visto che lui è definito “Er l’insicurezza”: quando abbiamo scritto il soggetto nel 2007 ogni due giorni mi chiamava dicendomi Oh, ma alla gente piacerà? Ma la gente avrà voglia di parlare di questi argomenti?
Ancora Ravello aggiunge:
“Sono rimasto sorpreso dal cuore e dalla passione con cui la Fandango e la Warner Bros. si sono dedicate e hanno sostenuto tutto il progetto. Questa era la mia prima esperienza da regista, non avevo mai fatto nemmeno un cortometraggio e la loro fiducia è stata commovente: ci stavo riflettendo proprio ieri sera e mi sono addirittura scese le lacrime…”
Bruno lo interrompe:
“Quindi Ravello vuole dirci che far pena funziona!”
Kasia Smutniak interpreta il ruolo della moglie di Agostino, quel personaggio che in qualche modo più degli altri incarna il drammatico disagio di ritrovarsi da un giorno all’altro senza un tetto sopra la testa nel quale accudire dei figli:
“Spesso si recita abbandonandosi alla sceneggiatura, perchè questa se fatta bene ti permette di immedesimarti vivendo sulla tua pelle le vicende che si stanno rappresentando, ma di fronte alla stampa poi ti viene chiesto il senso di ciò che hai fatto e a quel punto è quasi impossibile saperlo spiegare in modo razionale. Ho letto la sceneggiatura, l’ho trovata subito divertente e il mio personaggio faceva parte di una visione fiabesca, anche se molto realistica, che mi ha immediatamente coinvolto, fin dall’inizio quando abbiamo fatto la scelta dei costumi. Recitare poi al fianco di attori bravi facilita non poco il lavoro e permette di perdere in modo del tutto naturale se stessi entrando in tutto e per tutto nei panni del proprio personaggio.”
Anche Marco Giallini, sferzante cognato di Agostino, ragiona, a modo suo, sul proprio personaggio che nel film ha il ruolo delicato di sdrammatizzare una vicenda drammatica attraverso la comicità senza tuttavia impoverirla:
“Il punto di forza del mio personaggio è la sua capacità di pitturare le finestre, perchè avendo fatto per due anni l’imbianchino mi trovavo nel mio spazio. Poi con un attore come… come Rolando Ravello, avevo dimenticato il nome… avendo un attore come lui a fianco diventa tutto molto più semplice. Il film ci racconta una vita difficile, una realtà che da adolescente ho vissuto: non ho mai rubato casa a nessuno, anche se stavo per farlo, ma è successo a qualcuno che conosco abbastanza bene. D’altronde un film dove i due domestici filippini si chiamano Salvatore e Alfio, come fai a non farlo?”
Stefano Altieri, nel ruolo esilarante del nonno, è la sorpresa del film che scatena la curiosità del pubblico su un attore fino ad ora esclusivo del palcoscenico teatrale che si muove davanti alla cinepresa con la naturalezza del caratterista consumato, cosa che nella sua carriera non è mai stato:
“La figura del nonno che vive con la famiglia adesso non è più molto comune come poteva esserlo un tempo, perchè al giorno d’oggi l’anziano viene spesso relegato in un ospizio. È un nonno un po’ un rompiscatole perchè pretende di entrare in tutte le decisioni della famiglia, ma è a suo modo decisivo in quanto si dimostra molto più pragmatico di suo figlio e di tutti gli altri personaggi che gravitano intorno a questo pianerottolo dove per la maggior parte è girato il film.”
Rolando Ravello spiega poi l’atmosfera che ha cercato di creare per il film chiamando in causa anche Alessandro Mannarino, autore delle musiche insieme a Tony Brundo:
“Ho chiesto ad Alessandro di mantenerci su un confine tra una favola urbana e un neorelaismo di periferia. A lui in particolrae ho chiesto di fare in modo dare l’impressione che tutta la vicenda fosse ambientata sotto il grande tendone di un circo nel quale far convergere etnie e culture differenti in uno spazio quanto mai cosmopolita, com’è in ogni perfiferia italiana.”
Mannarino aggiunge:
“Rolando è stato molto presente e questo mi ha dato una sicurezza fondamentale visto che era la mia prima colonna sonora. Mi sono lasciato giudare da lui che aveva il film in testa ancora prima di girarlo e ho acquisito un’esperienza straordinaria nel linguaggio cinematografico che è molto diverso da quello musicale. Il mio percorso con Agostino è nato già con il teatro dove accompagnavo Ravello nel suo monologo e poi ho chiamato ad aiutarmi tre esodati provenienti dall’accademia di Santa Cecilia e un amico mio che fa pianobar a Fiumicino: così la colonna sonora ha preso lentamente forma.”
Rolando Ravello conclude sottolineando l’importanza della location nel quale il film è stato messo in scena:
“Abbiamo cercato un luogo che non si identificasse esclusivamente con la periferia romana, ma che potesse rappresentare ogni periferia italiana perchè la storia che abbiamo raccontato è una storia comune a tutta la nazione, dal nord al sud, un dramma che può colpire, e forse colpisce, ogni grande città della penisola. Volevo che avesse un aspetto il più possibile realistico, ma al tempo stesso volevo raccontare questa storia quasi con i colori di una favola cercando di mantenere la commedia senza tuttavia perdere il realismo e l’umanità che cercavo dai personaggi. Volevo dimostrare come Agostino e la sua famiglia siano dei piccoli eroi invisibili, persone che ci incrociano per strada e che ormai non guardiamo più, siamo noi, lasciati a combattere in solitudine la battaglia quotidiana per una vita dignitosa. Volevo farlo sorridendoci su perchè credo che la vita sia davvero un bel regalo.”
Nella foto Kasia Smutniak
Foto a cura di Romina Greggio Copyright © NonSoloCinema.com – Romina Greggio