ADDIO DEBORAH

Scompare la diva in tono minore

Se ne va ad 86 anni Deborah Kerr, grande attrice americana di origini scozzesi, da sempre considerata, fra le dive, una delle meno appariscenti e “mondane”, ma non per questo priva di una carica sensuale magnetica ed esplosiva. Viveva in Svizzera, e li ci ha abbandonato, a causa del morbo di Parkinson che la affliggeva da anni.

Gli indimenticabili capelli rossi, quegli occhi verdi e quelle labbra volitive, unite ad uno stile recitativo ampiamente sopra la media, non sono mai riusciti a valergli un premio Oscar nonostante le sei nomination. Ma siccome l’Academy sembra riconoscere, come spesso accade, i propri errori dopo decenni, gli venne assegnato il premio alla carriera nel ’94. Forse un po’ poco per un’attrice fantastica, eccezionale nelle interpretazioni dei film degli “Archers” Powell (del quale è stata compagna) e Pressburger, Duello a Berlino e Narciso Nero, dove faceva valere quella che sembrava la sua marca attoriale preminente, una sorta di sensualità tanto strabordante quanto repressa.

La repressione della sua sensualità appare ancora più palese nel secondo capolavoro sopracitato, dove ricopre il ruolo di una suora, parte ripetuta, fra l’altro, ne L’anima e la carne di Huston. Fra i film interpretati non possiamo dimenticare Quo Vadis di Mervyn Le Roy ed il Giulio Cesare di Mankiewicz. Ma il ruolo per la quale la ricorda grande pubblico, oltre ai film di Powell e Pressburger, è senza dubbio quello in Da qui all’eternità di Zinnemann, soprattutto nella scena dove esplode la sensualità repressa nelle prime opere, quando scambia con Burt Lancaster quello che è stato definito “il bacio più intrigante della storia del cinema”.

Molto poco diva, e molto poco sfruttata da Hollywood, Deborah Kerr è riuscita a ricavarsi un pezzo di storia del cinema grazie alla sua recitazione multiforme e versatile, spaziando dal dramma più nero alla commedia frizzante (come nel caso della collaborazione con Vincente Minnelli in L’erba del vicino è sempre più verde), e lavorando con alcuni dei più grandi autori di sempre, come Preminger, Kazan, Cukor.
In questi casi è sempre un bene lasciar da parte le critiche, come quella che si potrebbe muovere all’impostazione di uno star system troppo rigido ed indirizzato, o ad una certa cecità dei produttori e dei “padroni” del cinema d’oltreoceano, e cercare di dare un ricordo il più disinteressato possibile; e così ricorderemo Deborah Kerr, non come una diva da copertina, ma come una signora attrice, una vera e propria “signora” della recitazione.