“Apocalittici e Integrati” (1964) è il titolo del famoso saggio di Umberto Eco, che si sofferma sull’osservazione degli aspetti positivi e negativi della società industriale, del consumismo e soprattutto sulla “informazione di massa”. Basandosi sul testo del semiologo citato il “MAXXI” di Roma prende lo spunto per rispondere, almeno in parte, a questi interrogativi con l’esposizione intitolata, appunto, Apocalittici e integrati.
“E’ profondamente ingiusto sussumere degli atteggiamenti umani – in tutta la loro varietà, in tutte le loro sfumature – sotto due concetti generici e polemici come quelli di ‘apocalittico’ e ‘integrato’. Certe cose si fanno perché la titolazione di un libro ha le sue esigenze […] e si fanno anche perché, se si vuole impostare un discorso introduttivo ai saggi che seguiranno, occorrerà fatalmente identificare alcune linee metodologiche generali: e per definire ciò che non si vorrebbe fare, risulta comodo tipicizzare all’estremo una serie di scelte culturali, che naturalmente andrebbero analizzate in concreto e con maggiore serenità […] D’altra parte a coloro che definiamo come apocalittici o integrati, rimproveriamo proprio di avere diffuso dei concetti altrettanto generici – dei ‘concetti feticcio’ – e di averli usati come teste di turco per polemiche improduttive o per operazioni mercantili di cui noi stessi quotidianamente ci nutriamo.”
Basandosi sul testo del semiologo citato il “MAXXI” di Roma prende lo spunto per rispondere, almeno in parte, a questi interrogativi con l’esposizione intitolata, appunto, Apocalittici e integrati. Utopia nell’arte italiana di oggi. Il suo curatore Paolo Colombo ha delineato un fattibile percorso di direzione attraverso le opere, proponendo una ricognizione su ventiquattro artisti italiani, provenienti da diciassette città della penisola, che si confrontano sulle chimere dell’arte odierna: è davvero solo un’utopia l’arte contemporanea, oppure è possibile superare l’egocentrismo, lo smarrimento, la mancanza di riferimenti della situazione postmoderna? Dagli anni Ottanta questa generazione di artefici discendenti dalla “Arte Povera” e/o dalla “Transavanguardia” ha ricusato l’ordinamento all’interno di neo-movimenti, così come la conduzione di un unico mentore-critico.
Il processo di globalizzazione è posto al centro della rassegna, che si domanda quale sia la principale causa dello sconcerto dell’uomo. L’improvviso accesso assoluto ad ogni ambito del sapere, se da un lato ha sostenuto una crescente alfabetizzazione di ogni strato sociale, dall’altro ha adeguato il suo standard a discapito della qualità, facendo in modo che i dispositivi dei mass-media si trasformassero in strumenti di conoscenza “governata” dal cosiddetto “Grande fratello” di orwelliana memoria. Nello sforzo di emergere dal disagio personale in cui il disorientamento e la depressione hanno, di fatto, ingabbiato l’uomo del ventesimo secolo, gli artisti sono stati capaci di convertire il modus operandi della società, mettendo a frutto gli stessi mezzi che hanno portato alla disamina dei convincimenti ormai acquisiti. Questa la premessa utile per comprendere l’ambito in cui si svolge il complesso percorso, dove gli “Integrati” sono coloro i quali non hanno ancora percepito ciò che è più in là, ossia la mistificazione e le incoerenze dell’informazione, o che tuttavia vi si adattano, credendo perfino nelle sue virtualità espressive. “Apocalittici” invece sono i dubbiosi, quelli pronti a demolire l’apparato da cui ormai sono totalmente disillusi, e che adoperano gli stessi metodi per demolirlo. In ogni caso l’artista, pro o contro che sia, per il solo fatto di collocarsi sulla stessa linea si può riconoscere nel termine “integrato”.
La mostra è dunque un test basato su ottanta opere, e pur essendo inevitabilmente incompleta per la diversità e la peculiarità di ciascuno degli artisti, invoglia alla riflessione su quali linguaggi, temi e tecniche contraddistinguano la maniera di fare arte in Italia attualmente. Gli artefici – nati fra la metà degli anni ’60 e la fine degli anni ’70 – sono sicuramente cresciuti nel mutamento epocale che ha trasformato l’Italia tra il “boom economico”, il consumismo e la “comunicazione di massa”. In tale ottica le loro opere – realizzate nell’arco temporale tra il 1999 e il 2007 – conducono il visitatore, attraverso dipinti, “installazioni”, sculture, “video”, fotografie, disegni e “tecniche miste”, al modo di lavorare degli artisti -che è molto problematico circoscrivere con la terminologia “generazione” – che palesano uno scenario articolato, non molto affine, ma innegabilmente vivace, in cui emergono talento, creatività, competenza e, soprattutto, perfezionamento. “Il titolo è un’esortazione ad individuare caratteristiche che a volte si sovrappongono o convivono, all’interno di una stessa opera e che possono oscillare dalla più marcata visione apocalittica alla più blanda consapevolezza di una profonda turba psicologica insita nella realtà sociale fino a un desiderio dai tratti solari e positivi di appropriarsi delle nuove opportunità che il caos del presente offre all’individuo”, ha commentato Paolo Colombo.
Il percorso inizia in ordine temporale con Giuseppe Gabellone, che espone una spettacolare “istallazione” in legno, di cui resta solo il ricordo fotografico. Sempre la reminiscenza è il tema di Diego Perrone e dei suoi Pensatori di buchi, fotografati sul margine dei baratri prodotti nel suo giardino. Procedendo si osservano le raffinate rielaborazioni grafiche di Pietro Ruffo, che trasmuta alcune carte geografiche in bandiere, ma in cui i colori sono stati sostituiti con teschi di animali, le “biciclette-sculture” di Patrick Tuttofuoco, le friabili trine di porcellana di Elisabetta di Maggio che conversano con gli “pseudo-tessuti” in bianco e nero di Sabrina Mezzaqui. Quattro gli interpreti presenti con opere in “video”: Giovanni Kronenberg, Carlo Zanni, Francesco Vezzosi e Sarah Ciracì, che si addentrano nel mondo delle “soap opera” per mostrarne le immagini tragicomiche. La Ciracì, in particolare, compone una serie di opere attorno all’avvento preannunciato e accaduto, dilazionando la “visione” al 2012, del sopraggiungere degli extraterrestri. Carlo Zanni espone The Possibile Ties Between Illness and Success, un piccolo capolavoro d’ingegno cinematografico, che sfrutta al meglio Internet come strumento di creazione artistica. Un “IPOD-scultura” in cui, nel corso di due minuti, si presenzia alla storia di una indisposizione causata dal successo. Ovvero tanto più il pubblico della rete osserva il “corto-online”, tante più perfide macchie si manifestano sul volto del protagonista. L’artista inoltre espone una sequenza di dipinti tratti dallo storico film in bianco e nero di Pier Paolo Pasolini, il Vangelo secondo Matteo. Il percorso espositivo si snoda poi con due esempi rappresentativi del ciclo Small Town di Botto&Bruno che danno l’impressione di colloquiare con la città, dalla fragilità utopistica, di Alice Cattaneo, fatta completamente in cartone, legno e scotch.
La pittura è l’elemento che accosta molti degli artisti presenti: Ostia e Il soggetto antagonista di Salvino, le tempere di Chiasera, il Personal Pantheon, che invoca la fantascienza di Francesco De Grandi e le conturbanti quanto metafisiche “similsculture” dipinte di Pierpaolo Campanili. Ed ancora i visi misteriosi di Roccasalva, gli “omaggi” alla pittura di Fungai e Beccafumi nei “lightbox” fotografici di Elisa Sighicelli. Vi sono inoltre la composizione “pittura-video” di Sarah Ciracì, e la “pittura-scultura” espressa dalle Farfalle di Simone Berti e dal Paesaggio dormiente di Luisa Rabbia. Pura fotografia, si potrebbe definire, quella imperniata sugli scatti di Monica Carocci, che afferma di rincorrere le sue immagini come se fossero pensieri. Concetto in parte rovesciato per Andrea Mastrovito con i suoi Disastri della guerra: un’acuta ed appassionante “istallazione” – appositamente creata – posta in un incavo del muro, in cui la luce al neon dello sfondo fa affiorare, dai tagli di una tela nera, le immagini ingrandite delle celebri incisioni di Goya, facendo dialogare lo “spazialista” Lucio Fontana con il glorioso spagnolo. Infine Nico Vascellari – vincitore del “Premio della Giovane Arte 2006-2007” – preannuncia, con la sua “istallazione” a tecnica mista, ciò che si potrà vedere alla prossima “Biennale” veneziana.
Un panorama multiforme, folto, ricco e a più livelli è dunque quello che emerge dall’esposizione. “Questo titolo non ha la leggerezza di un gioco e invito il pubblico a non attribuire in modo assoluto l’una o l’altra qualifica ai vari partecipanti. Piuttosto, è un’esortazione a individuare caratteristiche, che a volte si sovrappongono o convivono, all’interno di una stessa opera e che possono oscillare dalla più marcata visione apocalittica alla più blanda consapevolezza di una profonda turba psicologica insita nella realtà sociale fino a un desiderio dai tratti solari e positivi di appropriarsi delle nuove opportunità che il caos del presente offre all’individuo”, conferma giustamente Paolo Colombo.
Il catalogo – a cura di Anna Mattirolo – contiene testi di Pio Baldi, Anna Mattirolo, Paolo Colombo, Stefano Chiodi, Laura Cherubini, Carlo Antonelli, Alessandro Dal Lago.
APOCALITTICI E INTEGRATI. UTOPIA NELL’ARTE ITALIANA DI OGGI
“MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo”
Via Guido Reni, 2
Roma
Tel. 06 58434819 – 06 32101826
darc@darc.beniculturali.it
www.darc.beniculturali.it
Orari: dal martedì alla domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.30
Dal 30 marzo fino all’1 luglio 2007