“APRITI SESAMO” DI FRANCO BATTIATO

Un’essenzialità radicale

A cinque anni da “Il vuoto” Franco Battiato torna con un nuovo album di inediti. Dieci canzoni che in modi del tutto diversi nutrono gli ascoltatori con suoni, intrecci musicali e testi essenziali e radicali.

La prima impressione ascoltando Apriti sesamo è di essere davanti a un concept, anche se questa non era l’intenzione di Battiato probabilmente. Le dieci tracce che compongono questo lavoro risultano omogenee negli arrangiamenti, nelle sonorità scelte e nelle tematiche.

Un’ omogeneità che è coerenza e filo conduttore di un discorso sull’esistenza, sulla vita e sulla morte. Citazioni musicali dai compositori Stefano Landi in Passacaglia (primo singolo) e C. W. Gluck in Caliti Junku si mescolano all’assolo progressive dell’organo hammond in Quando ero giovane. Frasi e concetti tratti dalla mistica cristiana Teresa D’Avila e dal maestro buddhista Tulku Urgyen fanno da eco alle parole del poeta arabo-siciliano Ibn Hamdis.

Nonostante i riferimenti colti, Apriti sesamo è un album facile all’ascolto. Siamo più vicino Fisiognomica o Caffè de la Paix che all’Ombrello e la macchina da cucire. I concetti sono alti, profondi e anche radicali (“Ciò che deve accadere, accadrà, qualunque cosa facciamo per evitarlo, ciò che deve accadere, accadrà, perché è già accaduto! canta in Eri con me, “Noi non siamo mai morti, e non siamo mai nati” in Testamento), ma il linguaggio rimane semplice e accessibile. Certo, gli appassionati sentiranno risuonare altre canzoni di Battiato in queste dieci tracce, ma il modo in cui il musicista tesse le melodie e i testi, in questi ultimi aiutato dal filosofo Manlio Sgalambro, proseguono nella direzione degli ultimi album (Dieci stratagemmi, Il vuoto) in cui alto e basso sono due facce della stessa medaglia, dove la critica sociale e l’ineffabile sono compresenti.

Dal punto di vista musicale le canzoni sono impreziosite dal contributo dei collaboratori come Gavin Harrison, Faso, Simon Tong e Carlo Guaitoli, per citarne alcuni, che regalano una spinta viscerale alle stratificazioni elettroniche tipiche del Battiato degli ultimi anni.

I testi a volte sembrano haiku lasciati in sospensione nella musica (“Appese a rami spogli, gocce di pioggia si staccano con lentezza, mentre una gazza, in cima ad un cipresso, guarda” da Testamento) o pensieri spontanei arrivati quasi per caso (“Quand’ero giovane andavo a letto tardi, sempre, vedevo l’alba” in Quando ero giovane). Battiato sembra aver misurato le parole basandosi su un’essenzialità che lascia spazio all’apertura e alla consapevolezza e proprio per questo emerge con forza la radicalità di un certo modo di fare musica e dei concetti espressi.

Apriti sesamo potrebbe essere quasi la conclusione di un ideale trittico iniziato con Dieci stratagemmi e Il vuoto. L’impressione è che Battiato stia raccogliendo i frutti di ciò che ha seminato in passato, ripercorrendo il suo percorso fatto di esperienze umane, incontri, sperimentazioni musicali, mistiche e meditative.

Con Apriti Sesamo Franco Battiato ci riporta concettualmente e temporalmente dalle parti de La porta dello spavento supremo. Vita e morte si intrecciano attraverso visioni, sensazioni e ricordi come in un sogno. Passata quella soglia, si può tornare a casa.

Tracklist:
Un irresistibile richiamo

Testamento

Quand’ero giovane

Eri con me

Passacaglia

La polvere del branco

Caliti Junku

Aurora

Il serpente

Apriti sesamo