“Aggiungi un posto a tavola” di Garinei e Giovannini

Un’allegra Arca di Noè

Si può ridere dei mini-accidenti quotidiani, purché si riesca a prenderli nel verso giusto.

Il tutto è costruito su un’Apocalisse grottesca, con la regia di Dio, che finisce su una nota di speranza e di solidarietà, con un arcobaleno.
Ha la capacità di versare fiotti di humour “Aggiungi un posto a tavola”, la leggendaria commedia musicale, scritta da Garinei & Giovannini in collaborazione con Iaia Fiastri, resa immortale dall’interpretazione di Johnny Dorelli e dalle musiche di Armando Trovajoli, tornata sul palcoscenico del Teatro Toniolo nella versione originale degli anni ’70.

Il sipario è già aperto sulle note della deliziosa canzone, intonata da un ensemble di sedici artisti, sorridenti e con la mano tesa. Ci invitano ad aggiungere un posto a tavola, perché ci sarà un amico in più, a un patto: “dividi il companatico, raddoppia l’allegria”.

Lo sfondo di una chiesa in legno, dove sul lato sinistro c’è un banco reception con telefono, e su quello destro un armadio a muro, inserito su un’anta scorrevole. Don Silvestro, parroco di un immaginario paese di montagna, riceve una telefonata da Dio in persona (interpretato da una voce fuori campo), che gli annuncia che arriverà sulla terra il secondo diluvio universale. Come un novello Noè, riceve l’incarico di costruire un’arca di legno, per mettere in salvo tutti gli abitanti e gli animali del paese. I compaesani non gli credono subito, ma saranno convinti da un miracolo che si svolge proprio davanti ai loro occhi, quando Don Silvestro fa suonare la campana con il gesto di un dito. Clementina, figlia di Crispino, il sindaco del paese, è perdutamente innamorata di Don Silvestro. È divertente la scena in cui da una porticina praticabile, un confessionale, la ragazzina in abito da babydoll con un cerchietto rosa in testa, gli confida uno spogliarello. Il padre, avido e miscredente, è ostile al parroco e tenta di ostacolarlo in tutti i modi. Per procurarsi il legname necessario alla costruzione dell’arca, Don Silvestro è costretto a raccontargli una bugia, fingendosi Suor Orsolina, ma scoperto, interviene Dio a suo favore, fulminandolo con un effetto speciale.
E se il primo luogo del teatro medioevale è la chiesa, i scenografi Gabriele Moreschi e Maria Sabato ne contestualizzano l’organizzazione dello spazio scenico. L’architettura teatrale, infatti, si apre componendosi in mansiones medioevali, gli storici “luoghi deputati” che rappresentavano sedi diverse dell’azione. Qui gli abitanti, in piccoli gruppetti, chiacchierano, litigano, tutti impegnati a ingegnarsi nella costruzione dell’arca. Consolazione, una donna di facili costumi, giunge in paese a distrarre dai doveri coniugali gli uomini, proprio nella notte prima del diluvio, destinata dal Signore alla procreazione. Fa il suo ingresso in scena in un sensualissimo abito rosso, si presenta come il viandante che bussa alla porta, si fa strada con la battuta in romanesco “Io te la do”. Con Clementina parlerà della passione, una cavalla che morsica “qui nella pancia”, della sete del cuore, di fare l’amore. Si confideranno sedute l’una accanto all’altra nel balcone, come quello degli edifici adiacenti ai cortili, che costituivano i palchi, i corrales, dai quali i nobili e le dame assistevano alle rappresentazioni del teatro spagnolo. A ristabilire l’ordine e riportare gli uomini del paese tra le braccia delle mogli pensa il Signore, che ridonerà all’impotente Totò, lo scemo del villaggio, la sua virilità per tenere impegnata Consolazione. Don Silvestro non potrà ricambiare l’amore di Clementina per rispettare il vincolo del celibato ecclesiastico, e glielo dichiarerà (a malincuore), dopo che lei ha esibito i poster in cui appare nelle vesti di un torero, un pugile, il calciatore Del Piero. Si baceranno, ma lei se ne andrà con un carabiniere. Alla fine il diluvio viene scongiurato proprio da Don Silvestro, che convince Dio che è meglio lasciar perdere. Nel gran finale si mangia e si brinda attorno a una tavola, sulla quale scende una colomba bianca che va ad occupare un posto rimasto vuoto. È per Lui che si aggiunge un posto a tavola. La colomba tornerà e il sereno arriverà. Nuova terra bacerà. La natura esploderà.

Nell’accostarsi a un capolavoro del teatro italiano, proposto dalla Compagnia dell’Alba in collaborazione con il Teatro Stabile d’Abruzzo, gli attori possiedono una sostanza creativa formidabile, trasmettono emozione vitale. Protagonista dell’opera, nei panni di Don Silvestro, è Gabriele De Guglielmo, che dello spettacolo è anche produttore con il regista e coreografo Fabrizio Angelini, autore di alcuni tra i più importanti spettacoli musicali degli ultimi anni (Bulli e pupe, Rent, Jesus Christ Superstar, Aladin, W Zorro, solo per citarne alcuni), coreografo e performer di numerosi lavori per la Compagnia della Rancia e per Gigi Proietti. Cantato dal vivo anche nelle parti corali, con bellissime canzoni come “Notte da non dormire”, in cui tutti sussurrano “Le stelle siamo noi”, “Aggiungi un posto a tavola” vede in scena un cast d’eccezione, come Jacqueline Ferry (W Zorro, Cats, La strana coppia) nei panni della prorompente Consolazione, Brunella Platania (I Promessi Sposi, Opera Moderna, Tosca amore disperato, Jesus Christ Superstar) come Ortensia, madre di Clementina e moglie del sindaco Crispino, interpretato da Tommaso Bernabeo; il ruolo di Toto è affidato a Gaetano Cespa.
_ L’ensemble, ben armonizzato dalle voci piene di brio e spiritual, esprime un’evidente complicità emozionale, una partitura in movimento che restituisce il ritmo musicale con l’intensità dei volti. Interi pianeti di emozioni vibranti li abitano.
_ Aggiungi un posto a tavola, gli amici servono a stare in compagnia. Sono cose che contano, in tempi di egoismo e ostilità feroci.