Docente alla New York University e collaboratore de La Repubblica, Antonio Monda, con il suo romanzo d’esordio, offre quella che a prima vista può essere valutata come una storia veloce e coinvolgente, ma che in realtà si trasforma in un memento di quello che è la giustizia italiana e di quello che può diventare a causa di certe, deliranti, tendenze sociali.
Andrea Marigliano è un giovane e promettente avvocato presso lo studio del “più grande penalista del Meridione” (e forse d’Italia) il professor Federico Scalia. Alla grande ammirazione che nutre per lui e per quel che rappresenta (il Diritto inteso come ragione di vita e come forma mentis) si aggiunge progressivamente un affetto crescente, dovuto alla possibilità di conoscerlo meglio offertagli da un caso giudiziario, ma anche morale e umano, di cui il professore assume la difesa. Un uomo, in un piccolo paese della Campania, è accusato di molestie sessuali nei confronti di una minorenne e tutti (abitanti, giornalisti, anche Andrea) sono pronti a scommettere sulla sua colpevolezza e su un verdetto di condanna. Solo Scalia non la pensa in questo modo, o meglio il dubbio che è proprio della presunzione di non colpevolezza fino ad una sentenza definitiva non viene affatto scalfito, in lui, dalle certezze del sentire sociale. E così, alla storia di questo caso, si aggiunge quella, professionale e personale, di Scalia, insigne giurista caduto nella polvere a causa di quel tritacarne che, a volte, può essere il sistema giudiziario italiano. Andrea ricaverà più di una lezione dalla conoscenza del professore, ma toccherà a lui scegliere, alla fine, se porle in essere, far vivere davvero quelle parole, o lasciarle cadere nel vuoto.
Sulla base del rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2008, a cura dell’Associazione Italiana Editori, il nostro risulta essere un Paese nel quale si pubblicano moltissimi libri: nel 2006, si è raggiunta la cifra astronomica di 61.440 nuovi titoli (quindi, 168,3 al giorno). Questi dati, che testimoniano della vitalità di un settore toccato (a quel che sembra) marginalmente dalla crisi, destano un po’ di preoccupazione se, da lettori sempre in cerca di qualcosa che valga davvero la pena di essere letto, si considera che dei testi validi e interessanti rischiano di perdersi nel mare magnum dell’editoria, soffocati da best seller o mega seller (in molti casi) senz’anima. Discorso questo che s’attaglia benissimo a Assoluzione di Antonio Monda, una storia scritta con garbo ed eleganza, mettendo il dito su due piaghe del sistema giudiziario italiano del nostro tempo: i processi mediatici e la giustizia fai da te. Ossia, il crescente e quasi morboso interesse mostrato dai mass media (soprattutto la tv, ma non solo) per fatti di sangue sembra portare quasi ad uno spostamento della competenza a giudicare dai giudici e dalle aule di tribunale ai vari ed eventuali salotti televisivi con annessi opinionisti più o meno inesperti. E da questo, ossia dalla consapevolezza che un soggetto sia già colpevole perché la tv, i giornali, l’opinione pubblica lo ritengono tale, deriva il desiderio di vendetta (non giustizia, vendetta) proprio di alcune parti della popolazione, mentre l’amministrazione statale della giustizia viene vista come qualcosa di lento, inefficiente e incline al perdono.
Antonio Monda, Assoluzione, Mondadori, 2008, pp. 205, € 17,00.