Un mondo straniante ed incantato dove il sale, ‘l’oro bianco’, domina assoluto: il paesaggio, la vita dell’uomo, della fauna e della flora.
Un microsistema dalle radici talmente antiche da risalire a miliardi di anni prima che l’uomo popolasse la Terra e così ricco di storia da stupire come un lembo tanto microscopico abbia attratto popoli, per noi mitici.
I Fenici, i misteriosi Fenici, attraversano il Mediterraneo e fondano la colonia di Mozia: « Era situata su un’isola che dista sei stadi dalla Sicilia ed era abbellita artisticamente in sommo grado con numerose belle case, grazie alla prosperità degli abitanti. » scrive Diodoro Siculo.
Dalle saline i Fenici ricavavano ‘l’oro bianco’, che per secoli è stato davvero merce preziosissima, e pescavano murici – tutti le abbiamo viste quelle conchiglie che terminano in una lunga coda – dalle quali ricavavano la porpora per tingere il lino.
E poi i Normanni, Federico II di Svevia menziona le saline nelle Costituzioni di Menfi, rendendole monopolio della corona, non a caso per la ricchezza che producevano.
Il sale si ‘coltiva’ tra vasche, canali, argini e mare. Una scacchiera di specchi d’acqua dai tenui colori cangianti e dal rosso cupo delle alghe impercettibili.
Bianco, celeste, arancione, rosa, ocra e acque e sale e lembi di terra creano un paesaggio di forme e sfumati cromatismi. Sulla superficie dell’acqua, a volte, si rapprende un sottile strato di cristalli come di neve, è il ‘fiore di sale’. Il profumo è di salmastro e violetta. La musica è quella del vento e delle onde e del canto degli uccelli.
Immaginiamo lo stupore di Beatriz Franco di fronte ad un mondo così diverso da qualsiasi sua esperienza.
E non si è lasciata incantare dalla visione di tutti quegli elementi che compongono l’ambiente, che è pure affascinante ed incantato: vecchi mulini a vento, case coloniche, abbaglianti coni di sale, aironi e fenicotteri.
Ha isolato da quel suggestivo contesto l’essenza, il messaggio ultimo e determinante che non si ritrova nel’osservazione dello scenario nel suo complesso, ma nei dettagli là dove il mare rilascia il suo prezioso dono, cogliendo ‘il sapore’ di un luogo che nessuna ripresa descrittiva può comunicare.
Immagini astratte che trascendono il mero dato oggettuale, ma come metafore narrano i moti dell’intimo. Rappresentano degli archetipi di sensazioni e sensibilità, sfuggevoli alla percezione del reale pur rimanendo agganciate inevitabilmente alla realtà.
E tale è la fotografia: ripresa della realtà.
Solo alcuni, Beatriz Franco, sanno filtrare l’universo oggettuale attraverso un misterioso processo concettuale e costruire immagini che aderiscono alle illusioni.
Le linee, i ritmi, i colori registrano delle onde musicali che vibrano morbide in una sorta di ricordo ancestrale. ‘Il mare che resta’ dentro di noi.
Libreria della Galleria Carla Sozzani
in mostra dal 30 gennaio al 20 febbraio 2011
Martedì, Venerdì, Sabato e Domenica 10.30 – 19.30
Mercoledì, Giovedì 10.30 – 21.00
Lunedì 15.30 – 19.30