Difficile dire che film sia questo “Beneath the Cogon”: un horror? Un poliziesco? Una storia romantica in una casa disabitata? Una pellicola a basso budget senza tante pretese realizzata per il circuito commerciale filippino? All’uscita della sala il dubbio rimane.
La trama del film è presto detta: Sam, Pepito e un loro complice che verrà ben presto eliminato, rapinano una fabbrica per conto di un boss della mala locale, fuggono, Sam uccide il compare che voleva tenere per sè il malloppo e si rifugia in una villa disabitata in mezzo a sterminati campi d’erba cogon; ovviamente il boss inizia a dargli la caccia. Nei pressi della casa si aggirano strane presenze: una ragazza, di cui Sam si innamora, una belva demoniaca in cerca di carne umana, risultato di non ben precisati esperimenti del dottore padrone della villa, fuggito ormai da tempo. Tutto abbastanza scontato, come anche l’happy ending.
I vari registri del film (sentimentale, horror, d’azione) si amalgamano bene fra loro ma purtroppo risultano “un tentativo di”: le sparatorie e le altre scene d’azione sono girate in maniera puerile, il montaggio fa quello che può ma il risultato è più ridicolo che altro; stessa storia per le rarissime apparizioni del mostro di gomma. Funziona invece la parte più “umana” della pellicola: all’inizio del film vediamo Sam disteso sull’erba, ferito, che si chiede come abbia fatto a finire lì e man mano che la trama prende forma questo emerge, seppur a tratti. Lui costretto all’illegalità perché ex combattente rifiutato dalla società e dalla moglie, Pepito perché tradito dalla propria donna e in cerca di denaro per portare a termine la sua vendetta; la ragazza, isolata dal mondo civile, abbandonata dal padre dottore a custodia di quella strana creatura, vive aspettando che un principe azzurro arrivi a svegliarla e la porti via con sé.
Dei buoni spunti ci sono, il problema più grosso è che non sono sviluppati a dovere e il regista rovina tutto cercando la tensione, la suspance, avventurandosi in territori palesemente non suoi e non adatti alle “proprie tasche”, probabilmente costretto da esigenze di produzione. E’ un vero peccato perché con l’aiuto di una buona fotografia, seppur girando in digitale, di dialoghi semplici ma significativi e un buon gusto per l’inquadratura il giovane regista è riuscito a creare alcuni momenti sommessi e atmosfere malinconico-sentimentali che catturano ma che, ripensando al disastro generale sugli altri fronti, sono tra le poche cose riuscite di questo strampalato film. Speriamo che nelle Filippine qualcuno se ne sia accorto e gli dia un consiglio: lascia perdere i mostri e le pistole che gli uomini sono molto meglio.
Regia: Rico Maria ILARDE
Anno: 2005
Durata: 81′ min