BIENNALE ARTE 2007 A VENEZIA

In questo appuntamento, immancabile per chi vuole conoscere l’arte contemporanea, pittura, video, installazioni illustrano con linguaggi diversi lo stato attuale dell’arte. Sono 77 i paesi in mostra, un centinaio gli artisti ma, precisa il curatore Robert Storr, “ Non ho voluto rappresentare le nazioni Unite dell’arte, ma piuttosto ho ascoltato gli artisti con particolare attenzione al Continente africano”.

Ed ecco quindi, nascere Check list rassegna del contemporaneo africano posto accanto al padiglione turco e a quello libanese.Gli spazi occupati variano dall’Arsenale, ai giardini, alla Giudecca e ad alcune sedi minori nel centro storico, ; il Padiglione italiano è affiancato da un padiglione dedicato agli artisti veneti, novità, questa, fortemente voluta dagli amministratori locali ove verrà anche allestito un omaggio ad Emilio Vedova. Artisti di punta del primo sono Giuseppe Penone con le sue “ sculture di linfa” e l’enfant terrible Francesco Vezzoli famoso per un video in cui aveva osato abbinare scene di baccanali al volto del papa.

Quest’anno è riuscito a catalizzare l’attenzione con una provocatoria video-installazione che ha per protagonista Sharon Stone .Sparsi fra le varie sezioni gli artisti italiani non superano la decina. Per il resto giovani artisti, padri nobili, (l’inossidabile Louise Bourgeois fra questi) appaiono accanto ad altri scomparsi da poco e a maestri della contemporaneità ormai consolidati nell’empireo, per lo meno commerciale, dell’arte, come Jaspers Johns, John Cage.

Il titolo della rassegna può apparire a prima vista ermetico ma si precisa poi come manifesto di nobile impegno: capire cosa avviene nell’espressione artistica delle nazioni percorse dalla guerra. Nobile l’intento ma poi all’appuntamento vengono a mancare all’ultimo minuto dopo che la loro presenza era data per certa, proprio due fra i più significativi Paesi provati da conflitti sanguinosi o da sconvolgimenti interni come Afganistan e Iran. Resta quindi un vuoto al posto della installazione avente come sfondo il ciò che resta delle nicchie di Banijan dei Budda polverizzati dai talebani nel 2001, con molta delusione da parte di chi si aspettava un se4gnale di speranza, per quella martoriata nazione.Il tema della guerra civile è invece, presente nell’opera dei cinque artisti libanesi che l’hanno vissuta sulla loro pelle.
Cifra comune alle varie opere continua ad essere la contaminazione dei linguaggi, non solo pittura-fotografia, ma anche happening, new dadà, work in progress, coinvolgendo in certi casi anche la musica.

All’annuncio del programma, mesi fa, erano partite le prime polemiche: si criticava la massiccia presenza di grandi vecchi( quasi un terzo del totale) mentre la funzione fondamentale di una mostra quale la Biennale dovrebbe essere soprattutto quella di fare conoscere giovani talenti sconosciuti. Obiettando a questi rilievi e richiamandosi al sottotitolo della rassegna “ l’arte al presente”, l’americano Storr sottolinea l’inossidabile freschezza dell’opera degli artisti della vecchia generazione per la persistente attualità delle loro proposte viste come matrici innegabili delle succassive evoluzioni dell’arte. In ogni caso la mostra ha come fulcro il futuro e non il passato e un indubbio merito di questa edizione è quello di avere portato alla ribalta le nuove frontiere dell’arte mondiale facendo conoscere i linguaggi artistici in rapida evoluzione specie in quei Paesi che, data la loro marginalità, senza la rassegna veneziana, non avrebbero avuto modo di farsi conoscere.

Accanto alla grande kermesse della biennale è tutto un fiorire di eventi collaterali alcuni di grande rilievo come le esposizioni alla Guggenheim su Mattew Barney e Joseph Beuis, la antologica su Enzo Cucchi al Correr, le opere di Damien Hirst a Palazzo Papafava per non citare che le principali.