Non vi è un limite alla tendenza da tempo dominante, di rinunciare alla purezza selettiva di ogni singola espressione artistica, per privilegiare, invece, la commistione dei generi, portandola, a volte, all’eccesso.
Luogo di elezione di queste nuove sperimentazioni, sono le Biennali che da tempo hanno abituato i visitatori a visioni choc, a partire dalla stanza di De Dominicis, cubo vuoto abitato da un “diversamente abile” inconsapevole strumento dell’estro morboso dell’artista.
Appare ormai classica la celebre Venere degli stracci di Pistoletto che al momento della sua installazione aveva suscitato perplessità e ammirazione.
La musica si presta a questi processi innovativi , trovando legami e nessi nei fenomeni naturali che ci circondano, nell’ecologia e infine, nell’informatica. A ben pensare musica e informatica hanno alla loro origine la stessa matrice: il monaco del monastero di Pomposa che rivendica a sé l’invenzione delle sette note già da lui indicate con i nomi attuali ad eccezione del do chiamato in origine ut, era un matematico.
E’ infatti la matematica questa matrice , la stessa che regola le leggi fisiche, il cammino degli astri, l’armonia dei mondi infiniti che ci sovrastano. La 56° edizione della Biennale Musica contemporanea risponde a queste esigenze.
Che nell’ambito di essa si parli di minimalismo o massimalismo, i suoni sono creati sempre sulla base di formule ritmiche , melodiche con variazioni talmente impercettibili da apparire ripetitive. Sono le musiche degli emergenti Philip Glass, John Adams e soprattutto Tristan Perich che scrive usando solo “ bit”. .
Non mancano gli eccessi di un Kirill Shirokov giovanissimo compositore russo che compone su un solo accordo affidando la peculiarità del singolo pezzo a varie combinazioni di timbri
La linea del Festival è la ricerca infatti di una dialettica fra minimalismo e massimalismo , non una generica e conciliante sintesi degli estremi, ma occasione per fare convivere la sviluppo della musica d’arte accettando il nuovo e il vecchio da cui dovrebbe scaturire poi l’opera immortale.
Dobbiamo a Claudio Ambrosini il portabandiera nazionale, celebrità ormai affermata a livello internazionale, l’estro di . riuscire a combinare in modo mirabile tradizione e innovazione.