“Due anni dopo la morte di mia madre, papà si innamorò di una splendida bionda ucraina divorziata. Lui aveva 84 anni, lei 36. Esplose nella nostra vita come una soffice granata rosa, smuovendo le acque scure, facendo venire a galla una morchia di ricordi incrostati, dando ai fantasmi di famiglia un bel calcio nel sedere.”
Così inizia il primo romanzo di Marina Lewycka, scrittrice e docente universitaria inglese, nata nel 1946 in un campo profughi tedesco da genitori ucraini.
Con l’obiettivo di ottenere il passaporto, Valentina, una soffice granata rosa, tutta lustrini e curve, esplode nella vita del vecchio Nikolaj Mayevsky, ingegnere appassionato di trattori, emigrato in Inghilterra nel 1943. Quando Nikolaj annuncia la propria risoluta decisione di sposare la ragazza, per amore e per il dovere morale di liberarla dalla povera vita che conduce in Ucraina, la reazione delle due figlie, così diverse ma così in sintonia in questa circostanza, è facile da immaginare. Ha inizio una scoppiettante guerriglia contro la biondissima e rosa-vestita Valentina che, noncurante delle rappresaglie, si trasferisce con figlio e bagagli a casa dell’ idealista eccitato ottantenne e ne svuota il conto in banca per acquistare tutti i simboli dell’agognato capitalismo. Il matrimonio si fa e la battaglia legale diventa sempre più difficile, viste anche le appassionate lettere d’amore che l’ingenuo ottuagenario semina per casa. L’idillio del povero Nikolaj dura poco e l’hollywoodiana Valentina passa agli insulti e al disprezzo per quel marito che, nemmeno tanto ricco, arriva a definire una “reliquia di merda secca di una vecchia capra”, per non citare i più coloriti epiteti sessuali. Ad aggiungere spasso concorre una divertente storpiatura dell’inglese-ucraino, per chi avesse voglia di leggere la versione originale. La vicenda precipita, ma Nikolaj “moscio floscio” non si lascia scoraggiare e pensa addirittura di essere il padre del nascituro figlio della disinvolta Valentina. A raccontarci le ingarbugliate vicende che si svolgono tra la casa del padre, studi di avvocati divorzisti e ufficio immigrazione, è Nadia, la figlia idealista di sinistra che, per l’occasione, ricorre ai consigli della più scaltra sorella Vera, esperta di divorzi e di borsette Gucci. Le due riusciranno proprio grazie alla comune battaglia a sopire antichi rancori e riavvicinarsi.
La storia ha molto di autobiografico: il padre della Lewycka non solo ha realmente scritto un saggio sui trattori, ma ha anche sposato in seconde nozze e in età avanzata una giovane immigrata. La leggera vena comica prevale indubbiamente, ma il lettore si troverà anche a riflettere su immigrazione e fragilità della vecchiaia. Da notare il tono molto critico nel confronto degli immigrati da parte delle due sorelle, che pur essendo loro stesse immigrate, non esitano a denunciare Valentina nel tentativo di liberarsene. I temi sono scomodi, il mezzo con cui vengono affrontati è la commedia, il fondo è piuttosto amaro.
La storia dei trattori in lingua ucraina che dà il titolo al romanzo è l’opera a cui lavora Nikolaj ed è il pretesto con cui l’autrice inglese racconta il proprio paese d’origine prima e dopo il Comunismo. Una curiosità: il romanzo, che era stato rifiutato 36 volte dalle case editrici, quando finalmente venne pubblicato con questo coraggioso titolo venne erroneamente catalogato da Amazon nella sezione “Testi di agricoltura” e le prime recensioni furono disastrose in quanto i lettori si imbattevano inaspettatamente in un libro comico anziché tecnico. Alla fine però il successo è arrivato: 800 mila copie vendute in Gran Bretagna, traduzione in 29 lingue, premio Bollinger e premio per comic fiction al Festival letterario di Hay.
Della stessa autrice è stato pubblicato nel 2008 da Mondadori il romanzo, sempre incentrato sui temi dell’immigrazione, Strawberry fields.
Marina Lewycka, Breve storia dei trattori in lingua ucraina, Mondadori, Collana Omnibus Stranieri, 2005, pp.320, € 17,50.