Il teatro sociale bergamasco di Città Alta ospiterà per tre settimane le ottanta immagini realizzate dal fotografo Gianfranco Rota a partire dallo scorso Dicembre: i soggetti raffigurati sono uomini, donne e ragazzi appartenenti alle più svariate nazionalità e residenti nel territorio bergamasco. Ma lo scopo di tale iniziativa, promossa dall’Assessorato alla Cultura e dal Teatro Donizzetti, esula dalla mera volontà di manifestare la perfetta integrazione degli stranieri all’interno del nostro territorio: si nasconde un messaggio molto più profondo ed universale dietro a questa interessante progetto.
E’ stato scelto il suggestivo Teatro sociale di Città Alta per realizzare questa mostra dall’alto contenuto sia sociale che umano, dove le ottanta foto esposte non sono solo finestre affacciate ad un mondo diverso o un intento pedagogico di proporre colori e forme alieni alla nostra realtà; non si tratta nemmeno di un tentativo di dimostrare come culture diverse siano riuscite ad integrarsi alle regole e ai costumi dettati dal nostro Paese.
Attraverso queste immagini, Rota vuole ricreare visivamente un concetto che era già stato espresso da Platone nel IV secolo a.C., secondo il quale la libertà di ognuno vale solo se armonizzata a quella di tutti. Siamo di fronte al mosaico di una grande e globale famiglia, alla rappresentazione di identità nazionali come se fossero tutte figlie di una stessa radice: l’appartenenza al genere umano. Rota vuole spingere gli osservatori a riflettere sui cambiamenti che sono avvenuti nel nostro territorio dal punto di vista umano, cercando di eludere il più possibile i pregiudizi sociali e le discussioni religiose e politiche, mostrando la nostra realtà multietnica con occhi diversi, occhi più umani.
Di fronte agli spettatori vi sono solo uomini e donne, null’altro: scompare lo straniero, l’intruso, il nemico, il diverso, la minaccia. Rota concentra la sua abilità nel sottolineare la freschezza genuina dei suoi soggetti, la dignità e la fierezza dei loro sguardi, spesso delicati e riservati, rendendo visibile in maniera trasparente anche il profondo ed umano attaccamento dei protagonisti a ciò che li rappresenta, alle persone amate, all’occupazione svolta dignitosamente: al centro del Teatro sociale, infatti, siamo accolti dall’immagine di Valentina, studentessa cinese dallo sguardo intenso concentrato sulla lezione in svolgimento, e Dessy, una giovane bulgara che esibisce con soddisfazione il suo amato violino ed un incantevole sorriso. Già da una prima occhiata è quindi percepibile come l’artista non abbia bisogno di abbandonarsi al sensazionale o alla ricerca di segni eclatanti per trasmettere in maniera diretta il suo messaggio di uguaglianza, dimostrando con chiarezza e semplicità che uomini e donne stranieri, osservati con uno sguardo limpido e senza malizia, sono simili a coloro che consideriamo vicini o fratelli. Viene affrontato anche il tema dell’integrazione, sottolineato con tenerezza da alcune immagini raffiguranti giovani coppie provenienti da paesi diversi: significativa quella raffigurante l’uscita da palazzo Frizzoni dei neosposi Elena e Buba, lei italiana e lui senegalese, dimostrando come il colore della pelle possa essere ben poca cosa rispetto ad un sentimento profondo come l’amore. Rota sceglie di immortalare i due innamorati, e anche i protagonisti di altre fotografie, come se li stesse spiando dal buco della serratura, con lo sguardo curioso di chi si accosta ad un qualcosa che, a prima vista, appare sconosciuto, forse con l’intento di studiarlo in un suo momento di intima spontaneità: l’osservatore si troverà, però, di fronte ad una persona così simile a sé ma, allo stesso tempo, con colori più variopinti e vivi. Questo concetto è esemplificato dall’immagine raffigurante la piccola Patricia, che sfoggia il suo bel vestito rosa originario della Bolivia: il vivace colore dell’abito contrasta fortemente con il grigiore di un porticato bergamasco che fa da sfondo alla bimba, uno scenario spento che sembra rianimarsi grazie alla deliziosa presenza di Patricia e dalle tonalità brillanti del suo indumento. Questa fotografia si ricollega alle parole del poeta marocchino Abdelkader Daghmoumi, la cui poesia è esposta, assieme a molte altre, affianco alle opere di Rota: <…noi dalla chioma color pece/ siamo venuti a ballare per i vostri occhi/ stanchi e immobili come specchi…>.
Le fotografie sono disposte su pannelli in ordine casuale, senza suddivisioni in categorie, luogo di origine dei soggetti o temi; le gerarchiche sono state totalmente abolite e ciascuna immagine è sorella di tutte le altre: una scelta organizzativa che dimostra una sorta di continuità con il messaggio che Rota vuole proporre attraverso le sue creazioni.
“Cittadini globali stranieri locali” di Gianfranco Rota
7 Aprile – 30 Aprile 2006;
Teatro Sociale di Città Alta (Bg);
via Bartolomeo Colleoni- 24129 Bergamo
Orari: da martedì a venerdì 10:00/13:00 e 15:00/19:30 sabato, domenica e festività 10:00/19:30;
Ingresso gratuito
E-mail: rotagf@libero.it