Gli anni vissuti da Anna Negri, figlia di Toni, leader storico di Autonomia Operaia, nel periodo compreso tra infanzia e adolescenza. Gli anni più incerti per chiunque, ancor più per chi porta addosso il peso di un genitore che finisce per perdere il ruolo di padre (forse mai davvero avuto) per ricoprire solo quello di militante politico.
Ci sono dei libri che carichiamo di aspettative, da cui pretendiamo molto, contenutisticamente e stilisticamente. Libri verso i quali siamo inaspettatamente esigenti. Il libro di Anna Negri, Con un piede impigliato nella storia è uno di questi. E’ un racconto personale e intimo che si vorrebbe denso e intenso e che invece tradisce le aspettative, delude e lascia con la sensazione di aver semplicemente letto qualcosa e non vissuto una storia.
Il libro racconta l’infanzia e l’adolescenza di una figlia, Anna, e ne fotografa la famiglia, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, forse i più complessi della storia politica e sociale italiana contemporanea.
Ma Anna non è una figlia qualunque: il suo cognome pesa sulla sua identità, sulla sua storia personale e su quella della madre e del fratello come una sentenza inappellabile ed insieme come un segno indelebile, aprioristico, che non permette possibilità di replica. Si chiama Negri. Suo padre è Toni Negri, teorico e filosofo marxista, nonché fondatore di Potere operaio e leader di Autonomia operaia. Ecco allora che, immediatamente ed in modo drammatico, l’adolescenza di Anna acquista il sapore di una vita anormale, eccezionale nel senso più puro del termine. Costretta a cambiare spesso città, scuola e amici, spettatrice di perquisizioni notturne da parte dei carabinieri e di riunioni interminabili e magmatiche in una casa aperta a militanti e intellettuali, scrittori e docenti universitari, Anna sogna la normalità di una famiglia in cui i ruoli siano definiti, chiari, semplici.
E invece, nel tentativo di superare il periodo forse più complesso dell’esistenza di ognuno, quello adolescenziale, in cui l’incertezza sembra essere l’unica nota su cui si scrive l’intera partitura, Anna è costretta a dover fare i conti con un padre assente, sfuggente, che lei chiama significativamente “Toni”, senza il beneficio di altre qualifiche, e con una madre, ostinatamente impegnata nel vano tentativo di tenere unita una famiglia all’interno della quale ogni componente sembra essere semplicemente un’unità separata dalle altre.
Cercando di trovare il suo passo, Anna attraversa gli anni settanta e ottanta e restituisce l’idea che la sua sia stata una doppia vita, una doppia storia: quella di una ragazza insicura e quella della “figlia di” un leader politico controverso.
Inestricabilmente intrecciata con la sua, si capisce allora come la Storia in cui è rimasto impigliato il piede di Anna, non sia semplicemente un sottofondo, né una cornice, ma una parte fondamentale del quadro.
Una storia, però non è solo una successione di eventi o una mera narrazione, per quanto complessa, drammatica e densa possa essere. Ed è questa l’impressione che lascia il libro di Anna Negri. Uno stile poco curato, una confusione nella cronologia che rende difficoltosa la lettura, una sorta di infantilismo descrittivo che propone spesso delle semplici immagini in successione, fanno dire che il libro è incompiuto e sospeso. Nonostante la Storia insomma – quella storia maiuscola – il libro di Anna Negri è un’occasione mancata.
Anna Negri, Con un piede impigliato nella storia, Feltrinelli, 2009, pp. 269, € 17,00.