Biennale: Inaugurazione Padiglione Italia – Vice Versa

Il sodalizio tra Pietromarchi, Baratta e Bray

Maddalena Ragni, commissario del Padiglione Italia, introduce l’incontro con la stampa riferendosi a una breve annotazione del Presidente della Biennale in merito alla “vitalità” dell’arte contemporanea. Per il commissario la Biennale è il momento ideale per tentare di individuare le linee di ricerca della produzione artistica-culturale, in questo caso del nostro paese.

Dato che “l’arte è rappresentativa del mondo in cui si sviluppa”, se si parla di arte non si può ignorare il mondo, per cui Ragni nel suo intervento ringrazia coloro che hanno partecipato al progetto di crowdfunding attivato dal Padiglione Italia. Questo metodo, già utilizzato da istituzioni internazionali, rappresenta un sostegno diretto della collettività per la realizzazione di eventi culturali e dunque un segnale positivo in questo momento delicato.

L’interazione tra i protagonisti di un evento artistico è un fattore indispensabile per l’opera d’arte. Bartolomeo Pietromarchi, curatore del Padiglione Italia, è ben consapevole di questa affermazione quando nel suo intervento manifesta l’intenzione di “innestare dialoghi e relazioni” all’interno del padiglione. Pietromarchi fa riferimento alla figura dell’arcipelago per immaginare questa rete di connessioni tra artisti, opere e pubblico. L’esposizione “Vice Versa” è suddivisa in 6 isole/sezioni diverse (ognuna delle quali ospita 2 artisti), ma ogni ambiente fa parte di un insieme concepito per rappresentare i diversi aspetti dell’arte italiana.
Recuperando, forse inconsapevolmente, una frase di Harald Szeemann che in un’intervista del 1997 descriveva la Biennale d’Arte come “una piacevole passeggiata di sorpresa in sorpresa”, Pietromarchi definisce “ogni stanza una sorpresa” e invita il pubblico a fruire di queste opere che sono state tutte create appositamente per la 55. Esposizione Internazionale d’Arte.

Massimo Bray, Ministro dei Beni Culturali, si occupa dell’intervento conclusivo.
Il ministro ammette di essersi avvicinato con crescente curiosità a questa edizione della Biennale d’Arte, attratto da una tematica a lui cara quale il concetto di enciclopedia; Bray ha elogiato il sapere enciclopedico poiché “tiene insieme le differenti forme in cui la cultura si esprime”. Questa Biennale, secondo il ministro, individua un problema fondamentale dell’uomo moderno: “la difficoltà di guardare il presente”, motivo per cui l’essere umano inventa costantemente spazi utopici. Bray cita a proposito Le città invisibili del maestro Italo Calvino, un racconto che rispecchia il bisogno costante di immaginare città ideali. La 55. Biennale d’Arte può essere considerata una parziale mappatura di questi non-luoghi.

Bray prosegue il discorso individuando l’esposizione Internazionale d’Arte come luogo ideale per esprimere un preciso giudizio riguardo cultura e politica in Italia: “Noi siamo un paese che ha pochissima speranza. Gli errori fatti sono stati moltissimi perché quello che è mancato è stato l’ascolto e il tentativo di trovare insieme delle soluzioni.” Affondando il coltello nella piaga il ministro dichiara: “il budget che noi dedichiamo all’arte contemporanea è una vergogna… C’è qualcosa che non funziona nel modo in cui lo Stato crede nella cultura.” Si percepisce una volontà da parte delle istituzioni di ristabilire un dialogo per rinsaldare i rapporti e “rimarginare le ferite”. Infine il ministro accenna alla “passione dei singoli”(termine che nel caso italiano si potrebbe tradurre nel suo duplice significato di dedizione e sofferenza), cioè coloro che, nonostante tutto, continuano a lavorare per produrre cultura nel nostro Paese e dunque meritano di ricevere un aiuto da parte di quelle istituzioni che della cultura dovrebbero essere i garanti.

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Nella foto, da sinistra, il ministro Massimo Bray, il vicesindaco di Venezia Simionato, il presidente de la Biennale Paolo Baratta e il direttore del Padiglione Italia Bartolomeo Pietromarchi.
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