Conferenza stampa di “Still Life” di Filippo Cipriano

Still Life, il mèlo e il cinema italiano contemporaneo

Dicono molti critici che il cinema italiano contemporaneo sia ammalato di minimalismi, di storie quotidiane e di capacità stilistico-narrative ridotte all’osso, ponendo nella lontananza dalla tradizione uno dei baluardi in cui segnare avamposti di tante conclusioni.

Quando Tornatore ha vinto l’Oscar con Nuovo cinema paradiso ci siamo domandati se era per quella sua capacità sentimentale in un film misurato ( più che altro, molto asciugato nella seconda versione), dove si incastrano diversi strati narrativi, di farci emozionare mentre il protagonista di mezza età, rivede un inatteso montaggio dei baci del cinema classico censurati nella sala, in un incontenibile bilancio finale del tempo della propria esistenza.
Ma in realtà, del film è stato apprezzato soprattutto dalla critica, quello che riesce a dire del cinema, in un momento come era l’inizio degli anni 90, massimamente difficile e transitorio per il cosiddetto Nuovo cinema italiano.

Riflessione sociale e di costume; in fondo negli stessi anni Brunetta, grande storico del cinema, ha pubblicato Buio in sala, (Marsilio 1991), storia delle passioni e delle vicende che sono gravitate intorno al cinema per quello che era nelle città.
La Regione Veneto ha sostenuto la realizzazione di alcune monografie che intrecciano le vicissitudini storiche delle città del Veneto con aspetti di costume legati allo sviluppo e alle alterne vicende delle sale cinematografiche nel disegnarsi dell’identità delle città attraverso tutto il secolo. Marsilio ha già realizzato il volume su Verona, su Padova e Treviso, tutte città imprescindibilmente legate alla storia del cinema veneto.

L’ultima fatica di Gianpiero Brunetta è invece una riflessione storico-estetica su grandi figure di intellettuali, scrittori e sul loro rapporto con il cinema, una continua avventurosa propensione fin dai tempi di D’Annunzio, quando appariva chiaro che questa macchina di sogni poteva fornire riconoscimenti, economici e non, molto più consistenti.
Il cinema italiano degli anni 90 ha sicuramente riscoperto la sceneggiatura e il gusto del racconto, e dunque, inevitabilmente, con o senza rapporti riconosciuti con la tradizione, il rapporto tra scrittori e sceneggiature è a doppio filo in moltissimi casi: penso a Tutti giù per terra di Ferrario, a Brucio nel vento di Soldini, a Il partigiano Johnny di Chiesa (ma Chiesa aveva dedicato altri suoi lavori a Fenoglio), a Il pianista sull’oceano di Tornatore , a Almost Blue di Infascelli…. Ma quando la mente dello scrittore lavora direttamente alla sceneggiatura avviene quell’operazione quasi alchimistica per cui nella mente dello scrittore le immagini si traducono in altre immagini, “vede” un soggetto, e non un tessuto narrativo di parole. Quando ho letto il soggetto di Still life, scritto da Vitaliano Trevisan ho pensato che le microcellule degli scarti narrativi capaci di esfoliare il più banale istinto di auto-conservazione, con cui Vitaliano mette a nudo svariati ventagli di situazioni esistenziali, erano sotto i miei occhi già belle formate.

Difficilmente si prova quest’emozione fin dal soggetto, e forse in quei pochi casi il cinema tocca i confini della poesia.
Così questa “natura morta” avanza sul territorio dei sentimenti, ma sembra farci presagire che cercherà di afferrare le chiavi dell’esistenza (per questo la tematizzazione dell’incontro che si svolge dall’infanzia e il contrappunto narrativo delle dimensioni temporali che si intrecciano) per scuoterle come un albero e farne cadere frutti e foglie.. Dice infatti Vitaliano Trevisan che questa è “la cosa più dura che ha scritto”.

Quel che siamo o che non siamo, la sintesi crudele dell’istinto mortale o generativo, la linfa che passa per l’ amour fou ma è in realtà, nella pulsione totalizzante verso l’essere amato, la lama che ci portiamo dentro che si affila nel desiderio di toccare tutte le contraddizioni dell’esistenza, o di annullarle nell’istinto mortale… Bhè, queste sono le mie “insinuazioni” su Still Life, film che si girerà quest’estate tra Vicenza e Asiago (luoghi di bellezza e di inquietudine) e di cui vi potrò raccontare ulteriormente dopo la realizzazione. Volevo soltanto rivelare questa sorta di dossier sulla nascita del film che, nel suo tessuto narrativo, nella situazione esistenziale del cinema italiano in cui si inserisce, può rappresentare l’impronta incisiva di un modo di fare cinema.

Siamo abituati ad Almodovar , al cinema francese, ma il melò in Italia oggi è nel cosiddetto filone minimalista , che secondo me, minimalismo non è. E comunque non trattasi propriamente di mèlo.
Il film è nato quasi come una scommessa tra Filippo Cipriano, tra i fondatori di Fishbone Creek, giovane società realizzatrice di contenuti per cinema e tv, attuale regista di Still Life, e Ulisse Lendaro, creativo e ispirato produttore esecutivo nonché attore di questo film, co-autore del famoso film-caso Medley ( suo partner Gionata Zarantonello); era la possibilità di realizzare un film in 365 giorni , e una sorta di velata dimostrazione che l’ultima generazione di cineasti parla il linguaggio di un cinema indipendente, non solo laboratorio di idee e linguaggi. Still Life è inteso come frammento, ma la poetica del frammento, che si colloca in questo insieme di piani narrativi che attraversano tempi diversi della vita, ma dalla matrice dell’infanzia, lo stato non crudele delle cose, è sradicamento e bisogno di radici . L’attraversare un ‘intera vita per trovare solo la soluzione dell ‘amour fou, anche questa è una tessera esistenzialista che gioca il peso narrativo di questa storia su un filo solido e tuttavia scivoloso, che intende la poetica “del frammento” come vitalismo a fronte dell’incomprensibilità del destino . Molto importanti saranno le cifre stilistiche scelte dagli autori nello sviluppo del film.

Il 30 giugno, a Vicenza, presso la sala degli stucchi nel municipio, si è svolta la conferenza stampa di presentazione del film.
Il regista Filippo Cipriano ha sottolineato l’importanza di porre Vicenza al centro di un film “così a tinte forti”, e Ulisse Lendaro ha sottolineato che l’idea del film era ormai così forte e radicata che il film (che ha un budget abbastanza ridotto), si sarebbe fatto comunque, anche senza i contributi del comune (che ci sono stati, anche se il progetto film è stato presentato alle istituzioni quando il suo iter generativo era ormai sbocciato verso le riprese, che peraltro si svolgeranno in tempi rapidi, quasi esclusivamente nel mese di luglio.

Lendaro, Cipriano e Trevisan si sono incontrati attorno al progetto di questo film nei modi più imprevisti, perché così è anche la quotidianità del “ nuovo” cinema: vitalismo legato al caso. Vitaliano e Ulisse si sono incontrati casualmente davanti al teatro olimpico, e “l’idea di realizzare un ‘idea” è stata ancor più veloce della valutazione delle difficoltà , e in una serie di incontri a casa di Ulisse l’idea è diventata il soggetto che Vitaliano ci ha letto e che, forse, trattandosi di un ‘idea cinematografica gli ha dato la possibilità di andare più a fondo nel suo sondare trame esistenziali. Ho chiesto a Vitaliano qualche anticipazione sulla struttura del film, se saranno impiegati dei flashback, se si seguirà uno sviluppo lineare. Lendaro scherzando ha detto che si useranno dei “flash”, e in realtà, pare che lo strumento del flashback, i nostri lo vedano “superato”, e nell’incantesimo di una trama che si incastra su più dimensioni temporali, dice Vitaliano, si partirà dal presente andando verso un presente meno recente…ma lo sviluppo dovrebbe essere lineare. In realtà più venivano date precisazioni e più i giornalisti erano intrigati dal bisogno di capire di più di questa macchina narrativa che sta per mettersi in moto. A una ragazza che ha chiesto se in qualche modo verranno costruite atmosfere orrorifiche, o se prevarrà lo scavo psicologico, Cipriano ha risposto con deciso diniego nei confronti del versante horror a favore di quello psicologico. L’aspetto inquietante delle atmosfere però, si riesce respirare fin da questa conferenza stampa pre-film; qualcuno ha chiesto perché nell’aprire il sito c’è un sottofondo musicale che evoca dei bisbiglìì. Si riferisce all’aspetto misterioso della vicenda, evoca il gioco dei bambini del bosco, è stato risposto.

In realtà , appunto, più ne sappiamo e più appare velato immaginare lo sviluppo di questo film. Perciò, per chi fosse curioso, rimando al sito del film (possibile però che il compositore abbia sostituito i bisbiglii introduttivi), che è www.stilllifeilfilm.it. La sera del 7 luglio, con una lettura di brani di Vitaliano Trevisan, alle ex prigioni di Asiago, rappresenta un festeggiamento iniziatico per l’inizio delle riprese.
Noi ci auguriamo che l’inquietudine del mèlo di inizio secolo a cui Vitaliano Trevisan ha prestato faccia (con Garrone) o testi (con Still Life) lasci la profonda impronta umanistica che il cinema italiano del dopoguerra ha lasciato alle generazioni successive.