Fra i volti dell’ottocento messi in mostra a palazzo Zabarella a Padova (fino al 27 febbraio), nell’interessante rassegna dedicata alla ritrattistica italiana del XIX sec. spiccano due pensosi volti di fanciulla, malinconici ed austeri, assorti in misteriosi pensieri
Si tratta di Lo scialle bianco e Il ritratto di Paola Baldini due opere poco note di Silvestro Lega che svelano nella scioltezza, della composizione, nella perfezione del tratto, nell’armonia dei toni sfumati, la mano del grande artista romagnolo. Da notare nel ritratto di Paola Baldini lo squarcio di paesaggio dal gusto e dall’evocazione di scuola senese.
Un’altra bella sorpresa ci viene dalla mostra sul Giorgioine a Padova. Si sa che l’artista di Castelfranco è morto di peste e che San Sebastiano è il santo protettore contro questa malattia. Ecco quindi l’opera del Palmezzano che lo rappresenta, e compete in modo egregio con le tavole dell’artista veneto. La figura del santo è rappresentata come un Apollo cristiano secondo la tradizione umanistica mentre il braccio alzato mostra la sparizione dei bubboni quindi la avvenuta guarigione. Il corpo efebico è appoggiato ad una colonna mentre sullo sfondo le dolci colline (romagnole ?) sono la cifra inconfondibile del forlivese.
Continuando a prediligere mostre monografiche su grandi artisti da tempo trascurati, Ferrara arte coglie di nuovo il segno allestendo a palazzo dei Diamanti la mostra Chardin e la luce. La mostra si avvale di oltre un centinaio di opere prestate con generosità da vari musei internazionali, il Louvre in primis.
Jean Baptiste Chardin nasce a Parigi nel 1699 e muore nel 1779. Si ritiene che per tutta la sua vita non si sia mai allontanato oltre la cerchia di Versailles e di Fontainbleau. Niente tour iniziatico in Italia, quindi, ma evidentemente questo viatico non gli era necessario per sviluppare al meglio il suo talento ed esprimere in modo compiuto la sua poetica, assicurandosi un posto preminente nel cammino dell’arte. Pittore della vita intima il suo campo è la natura morta, storia di cose con cui riesce a riflettere i sentimenti, i pensieri di chi li ha poeticamente concepiti. Per dimostrare che la sua abilità non si limitava alla natura morta come malignavano alcuni contemporanei, passa alla pittura di figure.
Debutta in questo genere con una grande insegna per un chirurgo dove i numerosi figuranti vennero riconosciuti come persone della sua cerchia parenti e amici che si prestavano a fargli da modelli. Bastò questa raffigurazione per farlo apprezzare e meritargli l’ingresso all’Accademia. Il suo mestiere deriva dal metodo dei fiamminghi, minuzioso, misurato, attento alle piccole cose elevate alla dignità di opere d’arte. Piccolo borghese di Parigi, rispecchia nella sua arte l’amore per la moglie e la figlia morte prematuramente, dipingendole in scene di struggente tenerezza materna.
Le sue rappresentazioni semplici ed ingenue, i quadretti familiari così ammirati da Diderot (che tuttavia non ne colse in pieno la profondità e la novità), fanno di lui il pittore principe della vita intima.
Molto esigente verso la sua opera lavora ad un solo quadro alla volta, senza fare lavori preparatori, ma sempre usando una tecnica raffinata e originale che verrà molto imitata in seguito. Ossessionato dalla luce e dai chiaroscuri, per ottenere gli effetti desiderati, combina fra loro i colori quasi anticipando quegli studi sulla luce e sui riflessi che appassioneranno nei secoli venturi scienziati e artisti. Per riuscire a rendere nel modo desiderato i riflessi, si obbliga a dipingere mazzi di fiori tutti bianchi per osservare come la luce, giocando su di essi, fa variare le sfumature. Mago del bianco ha, però, particolare talento per il colore e con la sua tecnica tenace, riesce a sfumarlo spesso nella magia del chiaroscuro.
Conquistò il favore di Luigi XV e di importanti committenti europei affascinati dai suoi personaggi senza storia e rilievo sociali, ma capaci di esprimere pur nella semplicità della rappresentazione la loro essenza intima. Caduto un po’ nell’oblio, l’attenzione per Chardin si risveglia nella seconda metà dell’800, con prezzi sempre crescenti per le sue opere ancora presenti sul mercato. Il carattere aneddotico di scene con soggetti toccanti o divertenti lo avvicinano a Vermeer nell’esprimere la poesia della vita domestica e tutto ciò senza alcun virtuosismo ma sempre con rara sapienza.
Orario: aperto tutti i giorni, feriali e festivi, lunedì incluso, dalle 9.00 alle 19.00
Aperto anche 1 novembre, 8, 25 e 26 dicembre, 1 e 6 gennaio
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