Sul palco del Palaverde un efficace impatto sonoro. La brit band più famosa del mondo tiene incollato il pubblico alle loro canzoni per circa due ore. Non fermandosi soltanto al loro marchio di fabbrica, dal suono ruvido e rozzo, i fratelli Gallagher costruiscono un concerto che punta anche all’immagine: schermi e luci comunicano forza visiva di grande impatto e di grande spettacolo. Si percepisce che il gruppo è profondamente convinto di quello che sta facendo e portando avanti nella scena musicale mondiale. Apprezzo la loro coerenza e allo stesso tempo il loro inconfondibile stile, ma…
Mentre urlo a squarciagola ogni singola canzone proposta, dalla puntualissima apertura (il gruppo è sul palco alle ore 21.00) con Fuckin’ In The Bushes e le strepitose Rock’N’Roll Star e Lyla, inizio a riflettere su quel “muro del suono” che mi trovo davanti: spettacolare, devastante, ma…
A freddo cerco di capire cos’è il “muro del suono”. Un’enciclopedia on line mi aiuta: il muro del suono è quella barriera ideale che un corpo in moto in un mezzo incontra quando raggiunge la velocità di propagazione del suono in quel mezzo. Tale barriera viene sperimentata dal corpo come un improvviso aumento della resistenza opposta al suo moto dal mezzo. A velocità superiori a quella del suono, la resistenza diminuisce sensibilmente e si genera un’onda d’urto percepibile da un osservatore sotto forma di un rumore chiamato “bang supersonico”. È quello che mi è arrivato, forse. Quel bang supersonico che solo un gruppo con una determinata carriera alle spalle può creare. Vanno maledettamente fortissimi questi Oasis!
Eppure qualcosa non mi convince. C’è sempre un ‘ma’. Inizio a vedere quel muro del suono da un altro punto di vista. Lo vedo come un muro che, nonostante l’affascinante Slide Away, l’esplosione di Wonderwall, la stilosa e martellatne The Shock Of The Lightning, si pone tra me, spettatore/pubblico, e la band. Un’invisibile barriera, un muro appunto, che a volte difficilmente riesce a far passare l’emozioni di alcuni brani. Non mi sento abbracciato, avvolto, dal loro prodotto musicale, ma bensì trascinato dal delirio che solo i loro fans riescono a dare e che difficilmente ho riscontrato in altri live.
Lo scanzonato atteggiamento di Liam viene messo da parte nelle sue eccellenti To Be Where There’s Life e Waiting For The Rapture, entrambi brani del loro ultimo lavoro discografico Dig Out Your Soul. Noel è impeccabile in Don’t Look Back In Anger, e generoso nel lasciare il ritornello alle migliaia di voci di un Palaverde sold out. Si susseguono Falling Down, ultimo singolo estratto dal cd, e la sempreverde Champagne Supernova. Si chiude con I Am The Walrus.
Dopo tredici anni di carriera gli Oasis brillano ancora, anche oltre quel famoso e fastidiosissimo muro…e un motivo c’è, ben evidente: la rivoluzione musicale e d’immagine che travolse gli anni novanta e che li vide unici protagonisti.
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Setlist del concerto di Treviso – 21 febbraio 2009:
_ Fuckin’ In The Bushes
_ Rock ‘N’ Roll Star
_ Lyla
_ The Shock Of The Lightning
_ Cigarettes & Alcohol
_ The Meaning Of Soul
_ To Be Where There’s Life
_ Waiting For The Rapture
_ The Masterplan
_ Songbird
_ Slide Away
_ Morning Glory
_ Ain’t Got Nothin’
_ The Importance Of Being Idle
_ I’m Outta Time
_ Wonderwall
_ Supersonic
_ Don’t Look Back In Anger
_ Falling Down
_ Champagne Supernova
_ I Am The Walrus