“Dal minimo sperimentale simbolico alla nuova territorialità”

Ugo La Pietra 1962-2008

Una raccolta di opere per raccontare cinquant’anni di attività dell’architetto/artista Ugo La Pietra, che utilizza svariate discipline dai differenti mezzi espressivi: dalla pittura al cinema, dalla fotografia alla performance, dall’oggetto all’installazione.

Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino – PE) è una figura poliedrica, che dagli anni Sessanta procede nel proprio percorso artistico fra architettura, arte e design, essendo da sempre un gran sostenitore, nonché sperimentatore, della contaminazione fra le arti. Ora questa bella mostra presso la “Fondazione Mudima” di Milano illustra cosa significhi per lui fare arte a trecentosessanta gradi.
“Disequilibrare”, “decodificare” e riconsiderare la realtà che l’assuefazione agli oggetti, agli spazi e ai luoghi vissuti porta ormai ciascuno di noi a non saper più comprendere. Queste sono solo alcune delle teorie che nella ricerca di La Pietra si ampliano dagli oggetti alle aree urbane, e in cui il “disequilibrare” assume il concetto dell’inquietudine nella percezione dello spazio. Da quello pubblico a quello privato, dalla casa telematica al “genius loci” fino alle textures attraverso la provocazione dell’equilibrio, giungendo così alla ricerca e al dubbio del disequilibrio, appunto. Dall’alto degli archi esageratamente elevati della “Triennale” meneghina, due minuscoli uomini – l’autore nonché l’amico e artista Davide Mosconi – osservano inquieti, sotto i loro piedi, lo scorrere della metropoli. Ovviamente non si tratta della Città che sale di Boccioni, bensì di un agglomerato confuso e scombinato di edifici. Sembra un’anticipazione – la data è 1975 – di ciò che sarebbe accaduto e che, malauguratamente, rischia ancora di avvenire nel prossimo futuro. Rivedendoli oggi, questi lavori anni ‘60/‘70 appaiono quali previsioni lungimiranti e allo stesso tempo clamorosamente attuali.

Ugo La Pietra è un architetto-artista connesso, come detto, all’archetipo del “genius loci” così come del recupero e re-invenzione dello spazio urbano e della commutazione fra interno ed esterno. Contrario ad ogni forma monumentale, presenta la propria attività nelle più svariate branche, usando indifferentemente pittura, cinema, performance, oggetti e installazioni.
Chi scrive queste note ha il piacere di averlo conosciuto quando lui insegnava presso l’Istituto Statale d’Arte di Monza. Durante l’ennesima occupazione studentesca – avvenuta nel 1976 – della Villa Reale, tra gli avvenimenti organizzati di comune accordo fra insegnanti e allievi, fece spicco l’evento clou: la proiezione di alcuni suoi filmati – che appaiono ora in mostra – sul tema della città. Il ricordo più vivo riguarda certamente il cortometraggio in bianco e nero intitolato La riappropriazione della città, relativo ai fili dell’alta tensione e ai tetti della metropoli milanese. Un film in 16 millimetri davvero curioso, un piccolo viaggio surreale fra le vie cittadine viste dal basso in alto.
Reminiscenze a parte, oggi di quell’epoca così violenta, eppure così vivace culturalmente, rimangono solo fotomontaggi, disegni, grafiche, collages, dipinti che indicano possibili ricette contro il consumismo allora imperante, i guasti all’ambiente nonché i loro possibili recuperi.

Dagli ammassi di spazzatura presso la Milano del 1969, degni di suggerire quelli attuali di Napoli, ecco venire alla luce una automobile creata con il riutilizzo dei materiali dispersi. Seguono delle minuscole casette, del 1978, poi i progetti veri e propri: facciate rivestite di mattoni che compongono ora un vaso di fiori, ora una lampada. Inoltre un’installazione in bilico fra il dentro e il fuori: una macchina fotografica con cavalletto – predisposta all’interno – che scatta fotogrammi degli avvenimenti della strada. Riciclaggio e re-invenzione si succedono, anno dopo anno, tanto che La Pietra, edificatore di un solo stabile aperto a Bologna nel 1982, in mattoni e ceramica in seguito distrutta, ha realizzato personali al “Moma” di New York, alla “Fortezza da Basso” di Firenze, al parigino “Beaubourg”.
Ugo La Pietra ha anche vinto numerosi concorsi, come quello dello “Orto Botanico” a Milano negli anni ‘80, ma non gli è mai stato proposto, o consentito, di costruire. La sua, spiega, è sempre stata una “presenza critica”. Di recente ha riassaporato l’interesse per l’ambiente, ma in dipinti – come in La mia territorialità (1980/2000) – sviluppati tramite una pittura “segnica” con acrilici che consente di fare emergere forme o segni architettonici. Compie quindici anni il lungo tavolo dal titolo Casa naturale, disposto al piano terra della galleria in quest’esposizione così interessante e coinvolgente. Suscitano interesse i tre recenti Libri aperti, 2005-2007, in “terracotta ingobbiata” – un po’ alla maniera di Lucio Fontana -, in pratica incisa con foglie, segni, e le proprie esperienze, o per meglio dire conclusioni, sull’Europa unita.

L’unico rammarico della mostra rimane la mancanza dei suoi progetti per l’arredamento balneare, esibiti presso lo spazio espositivo presso il Centro Polivalente di Cattolica, quando La Pietra faceva ancora parte del raggruppamento di “Architetti, designers e artisti radicali”. Un’immagine però offre al visitatore la possibilità di comprendere la visionarietà dell’artista/architetto: l’osservazione dell’ampio tavolo rotondo Europa unita (1980/2007) – un tempo era stata una sua performance -, dove dovrebbero sedere i membri, qui assenti, dei Paesi partecipanti, ebbene ora al loro posto si osservano solo dei piatti rotti.

Ugo La Pietra. “Dal minimo sperimentale simbolico alla nuova territorialità” (1962-2008)
Fondazione Mudima
Via Alessandro Tadino, 26 – Milano
Dal 10 gennaio all’8 febbraio 2008
Orario: lunedì – venerdì dalle ore 11.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19,30, Sabato e festivi, chiuso

Catalogo a cura di Vittorio Fagone, in italiano/inglese delle “Edizioni Mudima”
www.mudima.net