I meccanismi che muovono l’intelletto umano sono tanto impenetrabili da poter essere paragonati a quella misteriosa materia oscura che governa l’universo: da questa riflessione dell’affermata coreografa e danzatrice canadese Crystal Pite nasce Dark Matters, per la compagnia Kidd Pivot Frankfurt RM, in scena presso il Teatro Piccolo Arsenale nelle serate del 30 e 31 maggio, nel contesto del 7. Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia.
Lo spettacolo ha inizio in un’abitazione, dove il protagonista (Peter Chu) è intento a costruire una marionetta. Il filo narrativo della vicenda si snoda per segni d’interpunzione tipicamente cinematografici, in cui ogni inquadratura è separata dalla successiva mediante rapide dissolvenze in nero, create dallo spegnimento delle luci di scena. Una volta ultimato il trasferimento dell’impulso creativo in realtà tangibile, un fenomeno imprevisto sbigottisce l’artefice: la membrana cerebrale non ha partorito solamente la marionetta, ma anche principi dell’intelletto stesso, che assumono la forma di quattro oscure ombre arcane, alle redini del pupazzo di legno.
In questo frangente si riscontra sul palco il massimo grado di spettacolarità, in una lotta alla sopravvivenza tra il creatore e il frutto del suo ingegno, che erompe in un impeto parricida, quindi autodistruttivo. Il gioco di riverberi e tenebre, sincronicamente giustapposto alle feline movenze combattive, dà luogo a un emozionante climax, che deflagra nell’assassinio del protagonista, allegoricamente insanguinato da un rosso fascio di luce. Il corpo muore, ma le ombre della sua anima-intelletto rimangono in vita, in uno scontro che porta alla totale distruzione dell’abitazione, ultima realtà tangibile rimasta dell’uomo: in un inatteso fragore, l’intera scenografia crolla e il sipario si chiude per un intervallo che prepara il pubblico alla seconda parte dello spettacolo.
La ripresa abbandona la prevalente teatralità iniziale, per focalizzarsi sulle pure armonie dei corpi nell’atto della danza, in un perpetuo intrecciarsi e districarsi di catene umane. La primaria parvenza è quella di un ritorno verso una rassicurante quiete, dove i ballerini, avvolti in un’evanescente foschia azzurrognola, sfoggiano colorati abiti sportivi. Ma ben presto la presenza delle ombre, riflesso di quegli irrisolti misteri che gremiscono il nostro universo cosmico e intellettuale, torna a incombere sulla scena: alle volte con impercettibile passo felpato, tra i bui angoli del palco, altre volte palesandosi nell’atto di soggiogare i danzatori nelle loro movenze, quasi fossero anch’essi delle marionette. Il pubblico si scopre avvinto in un inquieto sentore, che si concretizza nell’incessante, temuta, attesa di una rinnovata comparsa di tali spettri, tanto insolenti da manovrare celatamente alcune luci sulla scena, così da farle parere dotate di movimento proprio.
La parte sonora dello spettacolo aderisce alla minacciosa ed enigmatica atmosfera protagonista dello spettacolo, combaciando pienamente con le vicende nella prima parte, sostenendo il clima minaccioso di sfondo nella seconda: le note incombono gravi, incalzanti, alternate a stridori e cigolii industriali di ferraglie e piatti in distruzione. Tre interventi di una voce fuori campo fungono da collante alle due metà dello spettacolo, considerazioni sulla mente e il pensiero filosofico citate dal Poema sul disastro di Lisbona di Voltaire.
Il lirico finale vede inscenata la lenta metamorfosi di un’ombra in sensuale figura umana femminile; segue un duetto danzato tra la ragazza e il suo ballerino che sfocia in un delicato bacio, per poi avviarsi verso un raccoglimento degli arabeschi tracciati dai corpi, in preparazione dei fragorosi applausi finali.
Dark Matters (2009,120’) [prima italiana]
coreografia Crystal Pite – musica originale Owen Belton – musica Eric Withacre, Sleep, eseguita da Polyphony & Stephen Layton (courtesy Hyperion Records)
voce Christopher Gaze – disegno luci Rob Sondergaard – scene Jay Gower Taylor – costumi ed elementi di scena Linda Chow – oggetti di scena Robert Lewis – testo tratto da Poema sul disastro di Lisbona di Voltaire
con Eric Beauchesne, Peter Chu, Yannick Matthon Crystal Pite, Sindy Salgado, Jermaine Spivey
produzione Dance Victoria, the National Arts Centre Ottawa, L‘Agora de la danse Montréal e Arts Partners in Creative Development