In anni recenti Michael Frayn si è dedicato a testi di carattere drammatico (Copenaghen, Democracy), ma i suoi primi lavori – tra cui Rumori fuori scena, il più noto e rappresentato tra i suoi titoli, irresistibile gioco metateatrale sui meccanismi della farsa e sui rapporti tra palcoscenico e backstage – erano sono stati all’insegna della commedia.
Due di noi (The two of us), del 1970 è il suo testo d’esordio. L’edizione originaria era fatta di quattro atti unici che erano altrettante esplorazioni comiche dei legami di coppia. Questa messa in scena, diretta da Leo Muscato e interpretata da due beniamini del pubblico televisivo, ne elimina uno e ne conserva tre (in tal modo, il formato assomiglia un po’ a Plaza suite di Neil Simon, altra collezione di tre atti unici sui rapporti di coppia).
Nel primo segmento (il più debole) vediamo una coppia che, tentando di rivivere i momenti della luna di miele, torna nello stesso albergo veneziano di quel viaggio, senza però tener conto che, con un pupo appresso, non può essere la stessa cosa: i suoi pianti impediscono sia il sonno che gli slanci amorosi. Nel secondo i protagonisti sono una coppia più matura: lui aspira a un posto di dirigente, lei è una casalinga disperata, che annega la disperazione in abbondanti bevute di gin che la portano a confessarsi senza remore davanti a un immaginario ispettore aziendale (mentre il marito, trincerato dietro un libro, si limita perlopiù a muovere nervosamente la gamba, che diventa personaggio a sé, con una sua alienata autonomia – la moglie si riferisce alla gamba chiamandola “dottor Zampetta”).
Il terzo segmento è quello comicamente più efficace e si basa sui classici meccanismi della farsa: i due protagonisti hanno organizzato una cena per altre due coppie di amici, ma il marito, per distrazione, ha esteso l’invito anche all’ex di una delle ospiti. Scoperto l’errore, si tratta di evitare che i due si incontrino. Se, in diversi modi, tutti e tre gli atti unici trattano il motivo dell’esaurirsi dell’amore e dell’emergere della routine, in questo terzo atto il motivo viene esplicitato in modo più evidente quando il padrone di casa si rende conto che le diverse coppie dei suoi amici sono ormai diventate indistinguibili le une dalle altre: anche lui e la moglie, per quanto si illudano, non sono diversi dagli altri. I meccanismi della farsa (il continuo andirivieni, le porte che si aprono e si chiudono) diventano così il gioco del mascheramento della realtà dietro la finzione delle apparenze, per illudere se stessi e gli altri di essere “unici” e diversi.
La messa in scena di Leo Muscato non approfondisce questo risvolto, legato al tema della spersonalizzazione, che ci sembra di poter leggere dietro lo spunto del terzo atto (ma anche negli sdoppiamenti del secondo: tra il marito e il “dottor Zampetta” e tra la moglie condannata a recitare una parte e il suo vero sé). Utilizza inoltre in modo un po’ superficiale l’ambientazione fine anni ’60 del testo originale: sfumando i riferimenti sociologici che si intravedono nel secondo e nel terzo atto, la relega in buona sostanza a occasione per sfoggiare improbabili parrucconi. Grazie alla simpatia di Lunetta Savino e di Emilio Solfrizzi (chiamati nel terzo atto a un impegnativo gioco trasformistico) e alla brillante orchestrazione dei tempi comici di Frayn, imbastisce comunque uno spettacolo leggero e gradevole che il pubblico del Teatro Manzoni dimostra di apprezzare molto.
DUE DI NOI
di Michael Frayn
Regia Leo Muscato – Scene: Antonio Panzuto – Costumi: Barbara Bessi – Musiche originali: Alessandro Sironi – Luci: Alessandro Verazzi
Interpreti: Lunetta Savino e Emilio Solfrizzi
Al Teatro Manzoni di Milano dal 10 al 29 gennaio 2012