I nostri eroi, reduci dal successo del Dopofestival, si presentano sul palco con pantaloni neri e giacca elegante, dai risvolti dorati. «Siamo eleganti perché è un posto elegante – spiega beffardo Elio -, un ex bingo. Sicuramente siamo più eleganti dei Baustelle». Inizia così l’esibizione del simpatico complessino che sta promuovendo in giro per le sale (bingo?) d’Italia l’ultima fatica discografica intitolata Studentessi.
Scaletta che attinge in maggior parte proprio da Studentessi, con la bravissima Paola Folli sostituta delle cantanti ospiti in studio (Antonella Ruggiero, Giorgia, Irene Grandi) e l’altrettanto bravo Davide Ghidoni alla tromba che non fa rimpiangere Demo Morselli. Si inizia con Plafone, prog-rock con la nostalgia dei primi anni Settanta, per poi proseguire con Ignudi tra i nudisti (l’eterno dilemma estivo: mare o montagna?), Gargaroz e Parco Sempione, pezzo a metà tra umorismo e denuncia dal sapore afro.
Non mancano ovviamente i ripescaggi DOC: TVUMDB, Fossi figo, Supergiovane (badate che il super-eroe non è Mangoni, una palese falsità, «come quelli che dicono che Paperinik è Paperino» commenta con intelligente ironia Rocco Tanica, anzi, Rocco Taniche (si sente una persona cambiata, anche se di poco).
Stranamente si sceglie di collocare Tapparella a metà, ma il coro da stadio “Forza Panino” non viene meno, anzi si ingigantisce, pensando al mitico Feiez scomparso dieci anni fa. Il clima si mantiene comunque leggero con una spettacolare versione di Largo al factotum tratto dal Barbiere di Siviglia (“Figaro” viene pronunciato allegramente senza l’ultima sillaba).
Per il bis si torna al Dopofestival, con l’interpretazione alla Paolo Conte di Il mio amico, brano portato in gara da Anna Tatangelo, e si chiude con Il congresso delle parti molli (forse per via della campagna elettorale).
Un’ora e cinquanta di musica intensa, divertente e mai banale, suonata con la solita, annichilente qualità. Rarissimi gli errori: Elio canna le ultime note col flauto traverso nell’introduzione de El Pube e, causa nervosismo, sbaglia pure l’ingresso della strofa. Per il resto è pura goduria, anche se le voci non spiccano granché nel mixaggio rispetto agli strumenti. Come al solito per Elio e le Storie Tese. Christian Meyer picchia sulla batteria come un selvaggio, Cesareo troneggia dall’alto del suo ampli come un capo famiglia, Jantoman e Rocco Tanica si scambiano occhiate d’intesa dietro al loro muro di tastiere. Elio e Faso se la ridono di gusto, soprattutto quando Mangoni rischia di distruggere il palco durante le sue performance. E se si divertono loro, figurarsi il pubblico.