51° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia

Annuale viaggio a Venezia

Una mostra che ha portato giudizi contrastanti dimostrando di essere quantomeno viva e interessante. Una Biennale che, nei suoi limiti, ci ha fatto vedere arte.

Maria de Correl nel presentare le sue scelte ha detto: “Questa esposizione non intende essere un discorso chiuso sull’arte dei nostri giorni, ma piuttosto un luogo aperto in cui diventa possibile realizzare il desiderio di scambiare esperienze, idee, riflessioni, così come di provocarle. Mi piacerebbe che il labirintico percorso dell’arte fosse vissuto non come una storia compiuta ma come un processo definito in termini di relazione tra soggetti, forme, spazi diversi, assomigliando esso più a un centro di sperimentazione che a un cumulo di certezze. In tal senso, vorrei che l’esposizione parlasse di intensità, non di categorie.”

Infatti bisogna dire che soprattutto in alcune opere, si avverte l’intensità dei significati e delle espressioni. Finalmente!

Per fortuna questa volta non abbiamo visto di nuovo opere di “rottura”. Per tanti, troppi anni sono state messe in mostra opere inesistenti che non “parlavano”, ma erano utili solo ai curatori per dare loro una sottospecie di notorietà. I quali stessi curatori, poi, proponevano mostre che presentavano con dichiarazioni “forti” come “l’arte è morta”. Ma forse era morta solo per chi aveva bisogno di essere “personalmente” un oggetto di mostra ma anche perché non riuscendo a mettersi in sintonia con il contemporaneo, adoperavano opere e frasi “dirompenti”.

Ecco, la Biennale di quest’anno ha dimostrato, al contrario, una vitalità che non si percepiva da tempo. Ci voleva la sensibilità di due donne.

Rosa Martinez ha pensato all’esposizione come una sorta di viaggio attraverso il mondo dell’arte contemporanea. Lo stesso titolo che lei ha dato “Sempre più lontano” ci porta a capire le sue parole: “Le mostre possono essere concepite come viaggi. Sono piene di ostacoli, sorprese, paradossi.”

Entrando nell’Arsenale si avverte questo senso di percorso attraverso l’arte. Ma soprattutto è molto forte e percepibile l’atmosfera femminista, dovunque, in qualunque opera. Perlomeno in occidente un femminismo antico, ampiamente superato.

Dopo una visita attenta, devo dire che comunque venga vista e interpretata, questa esposizione vale soprattutto per alcune affascinanti installazioni video.

Sono rimasta totalmente coinvolta dall’installazione di Maria Teresa Hincapié de Zuluaga dell’Armenia, Colombia. In una delle sale più grandi, alla fine del cammino nell’Arsenale, una proiezione video, su una parete di mattoni, ci invita ad entrare nella sua cultura. Al centro della sala, su un pavimento interamente coperto di terra, una grande gabbia (senso di chiusura, di costrizione). Tutto accompagnato da un melodioso suono orientale e dalla visone di un’altra donna, sempre in panni orientali che si muove lentamente sfiorando la parete che raccoglie le proiezioni. Tutto intorno ceri illuminati che contribuiscono a creare un’atmosfera particolare. Un insieme di grande, forte suggestione.

Impressiva e densa di contenuti anche l’installazione del cinese Xu Zhen, nell’ex stazione navale di rifornimento di carburante, nel Giardino delle Vergini. Su due file di grandi contenitori grigio scuro poste una di fronte all’altra, una sorta di multivisione di video (invece che di immagini) si alterna ed appaiono da una parte o dall’altra denunciando il consumismo che comincia ad apparire anche in Cina.

E poi la video installazione del brasiliano Valeska Soares, posta fuori dell’arsenale, vicino al piccolo vaporetto che porta ai Giardini. In uno spazio circolare di specchi, una proiezione che si moltiplica all’infinito.

Rientrando nell’Arsenale, dopo aver visto opere che denunciano un “femminismo” ormai in occidente ampiamente superato, troviamo alcune installazioni interessanti, altre “già viste”, qualcuna “divertente”.

Come quella del gruppo russo Blue Noses (Viacheslav Mizin, Alexander Shaburov), che presenta un’installazione quantomeno ironica. Ha posto in circolo una serie di grandi scatole di cartone, dentro le quali ha proiettato video molto “femministi” dove donne… accettano di essere “sottomesse” sessualmente ma poi alla fine adoperano i maschietti come meglio credono.

Da ricordare il video/pavimento/tappeto di Samuel Beckett, che scorre molto velocemente sotto i piedi degli spettatori che passano. Si prova disorientamento e attrazione nello stesso tempo.

In ogni caso, per quanto riguarda gli altri video presentati, bisogna dire che tutti sono fatti bene. In particolare quello del giapponese Jun Nguyen-Hatsushiba (forse il video più bello proposto in questa Biennale) interamente girato sotto il mare.

Mentre ai Giardini, è valso la pena entrare nel Padiglione Italia per tre video. Quello della finlandese Eija-Liisa Ahtila, che presenta un lavoro snodato su sei schermi non allineati. Le scene si alternano diverse su più schermi oppure prendono i sei schermi per la stessa scena. Una storia patetica ma con immagini molto molto belle. O quelli di William Kentridge di Johannesburg, in bianco e nero. Video intensi e struggenti. Ma anche per l’installazione con due serie di sei video, di Candice Breitz anche lei nata a Jhoannesburg e vive a Berlino. Ha presentato in due sale contigue, da una parte sei video dal titolo “Padre” e nell’altra sei video dal titolo “Madre”. La caratteristica è nel fatto che da ogni video appaiono una serie di attori famosi (in una sala uomini e nell’altra donne) che parlano tra loro secondo il montaggio di spezzoni di film con un risultato esilarante.

Infine c’è la timida comparsa dell’arte digitale. Rachel Whiteread, Gran Bretagna, ha presentato grandi fotografie rivisitate con il computer in maniera estremamente banale. Per farle apparire sfocate e “digitali” le ha ingrandite al punto da mettere in evidenza dei grandi pixel.

Ma possibile che i critici ancora non abbiano capito che cosa significa lavorare con il computer?

Un veloce discorso a parte. La pittura esposta al Padiglione Italia è veramente brutta e inadeguata. Oggi sembra che nessun artista riesca a dipingere senza peraltro sentirsi “in colpa” per non essere contemporaneo e poi, per essere in qualche modo innovativo, arriva solo a realizzare cose brutte.

Le uniche opere di pittura interessanti le ho viste nella chiesa di S. Maria della Pietà, dove esponevano tre artisti del Marocco. Molto corpose realizzate con un tratto pieno, forte, deciso quelle di Mohamed Bennani Moa.

Infine al padiglione Giappone, ai Giardini, l’opera piena di significati e sottintesi della fotografa Ishiuchi Miyako, “Mother’s 2000-2005 – traces of the future”, che segue l’ultima sua tematica: le cicatrici, come traccia vivente. Lei dice che le cicatrici sono le nostre storie di dolore nascoste e, grazie alla luce e alla sua esposizione, sono liberate dall’oscurità e dal pentimento.

Mentre al padiglione Francia, l’artista Annette Messager, propone un’installazione pensando a Collodi e a Pinocchio. La sua opera, ben pubblicizzata e molto visitata, è solo caotica. Interessante come idea, ma realizzata male.

Non voglio dimenticare la partecipazione di Hong Kong, al suo terzo anno a Venezia. Gli artisti Anothermountainman e Chan Yuk-keung propongono due opere che appaiono suggestive e attraenti. Spingono a guardare oltre i confini del nostro pensiero e consentono di esaminare la realtà da prospettive diverse. Il primo fa conoscere una casa da te rivestita di tessuto plastificato rosso, bianco e blu, un materiale usato quotidianamente dagli abitanti di Hong Kong, per dichiarare l’importanza della comunicazione interpersonale nella società. Mentre Chan fa percorrere una via, un viaggio verso l’occidente. Sembra di percepire una sorta di “paesaggio rovesciato”.

In conclusione, nonostante le inevitabili banalità che tutte queste esposizioni raccolgono, la Biennale 2005, curata da “due donne”, è efficace e incuriosente.

Vale la pena fare una gita per vederla. Qualcosa di buono c’è!

51. Esposizione Internazionale d’Arte – Direttori: María de Corral – Rosa Martínez; Apertura al pubblico: 12 giugno – 6 novembre 2005; Sedi espositive: Giardini (chiuso il lunedì – escluso lunedì 13 giugno 2005); Arsenale (chiuso il martedì – escluso martedì 14 giugno 2005; Intero € 15; Ridotto € 12; Studenti/giovani € 8 (under 26 – studenti con tessera o libretto universitario) Formula Family € 34 (2 adulti + 2 under 14); Ufficio Stampa Arti visive Tel. 041 5218846; Fax 041 2411407; info www.labiennale.org