Cinema 2007
“Il mistero del legno non è che brucia, ma che galleggia: le cose hanno sempre due lati, uno bello e uno brutto, si può vedere ciò che le distrugge o ciò che le salva”.
È uno dei “proverbi per ogni cosa” che il piccolo Jacob ascolta attento da Athos, l’archeologo greco che lo ha preso con sé durante la guerra.
Figlio di ebrei polacchi, appena undicenne vede massacrare i suoi genitori e deportare la sorella Bella, nascosto dietro una tenda; corre via dall’orrore e vaga per la foresta dove lo ritrova Athos, semi sepolto tra le foglie umide, e lo trae in salvo nella sua isola greca.
Ma Jacob non dimentica: seduto al tavolo con il tè tra le mani, capita che perda il contatto con la realtà e riveda le dita di Bella che scorrono sul pianoforte, sentendo la musica e ritrovandosi all’improvviso nella sua cucina in Polonia con la madre che impasta la farina.
All’archeologo è offerto un posto di insegnante in Canada. Si trasferiscono e Jacob, divenuto adulto, intraprende la carriera di scrittore. Conosce la bella Alex, ma non ce la fa ad ammetterla nel suo mondo interiore; lei così vitale e dagli abiti sgargianti in fondo non accetta i suoi incubi e vorrebbe solo che scomparissero, mentre Jacob continua ad accudire come bambini i fantasmi che ha in sé.
Lo salverà un nuovo amore, grazie al quale riuscirà finalmente a lasciare andare i suoi morti.
“Vorrei non avere ricordi” è lo sfogo muto che Jacob scrive tra i suoi appunti, e riassume tutta una vita passata a rivivere il dolore, che non se ne va in dissolvenza come in un film, ma non dà tregua e riappare vivido non appena un odore o un suono lo rinnovano, come nella vita vera.
Toccante e poetica, l’opera del canadese Jeremy Podeswa, è presentata in anteprima mondiale al festival di Toronto, dopodiché approda alla Festa internazionale di Roma, in concorso.
Nella conferenza che segue la proiezione romana, il bravissimo Rade Serbedzija (Athos) ironicamente preferisce non rispondere sul suo coinvolgimento con i temi trattati “vista l’ora tarda”, ma il film lascia comunque attonito lo spettatore, e lo porta a vagare tra i misteri della mente umana.
Ne esce una lettura non convenzionale dell’Olocausto, in cui le atrocità dei fatti restano sullo sfondo, e in primo piano la sfida a liberarsi del peso dei ricordi.
Si parla poco durante il film, il piccolo Jacob recita quasi sempre con lo sguardo denso di lacrime o di perché, mentre il Jacob adulto e Athos comunicano con dialoghi fatti di pura poesia.
Ci si chiede se Robbie Kay, che interpreta il bambino, abbia fatto il mestiere in una vita precedente, tanto è stupefacente il suo lavoro da attore consumato, come intensa è la prova di tutto il cast, a cominciare da Rade Serbedzija e dalla ex Bond girl Rosamund Pike (Alex).
Strepitosa la fotografia, ad opera di quel Gregory Middleton che già aveva lavorato in team con il regista per I cinque sensi: prima fredda e buia come la foresta in cui scappa Jacob, predominanti i grigi e i blu. Assumerà toni caldi solo alla fine in cui ritorna la speranza.
Fugitive Pieces
Nazione: Canada, Grecia
Anno:2007
Durata: 104’
Colore, 35 mm
Regia: Jeremy Podeswa
Interpreti: Stephen Dillane, Rade Sherbedgia, Rosamund Pike.