E’ andato in scena sabato, dopo cinque giorni dalla giornata mondiale contro la violenza sulle donne, e in un Teatro Toniolo gremito, Ferite a morte, spettacolo di Serena Dandini.
Sul palco, quattro attrici, Lella Costa, Orsetta De’ Rossi, Rita Pelusio e Giorgia Cardai, che si sono alternate raccontando storie di donne. Donne diverse, con vite spesso agli antipodi le une dalle altre. Dalla casalinga alla manager, passando per la venditrice di intimo erotico. Ma tutte legate da uno stesso destino: l’essere morte per mano del loro uomo. L’uomo che amavano e che, nemmeno ora, riescono a condannare.
Ma non è solo questo l’elemento ad accomunarle. Lo è anche la dignità di cui permeano i loro racconti, le loro storie. E il loro coraggio. Per difendere se stesse, certo, ma soprattutto la propria vita, la propria integrità, o magari le persone che stavano loro intorno, i figli.
Ma la loro forza non è bastata. O forse è stata proprio questa la causa scatenante. E così queste donne, così coraggiose, non sono riuscite a vincere l’ultima, estrema battaglia. Sopraffatte dai loro uomini, troppo piccoli per tollerare il loro desiderio di libertà, di emancipazione, e che hanno deciso di utilizzare l’unica arma in cui ancora riuscivano a superare le loro compagne: la forza fisica.
Uno dei momenti più toccanti dell’intero spettacolo è probabilmente il racconto della tristemente celebre vicenda di Hina, la ragazza pakistana che aveva deciso di condurre una vita da “occidentale” e di sposare un ragazzo italiano. E che per questo è stata brutalmente uccisa e seppellita nel giardino di casa da alcuni parenti, che già da tempo la avevano promessa a un connazionale.
Nell’aldilà di Ferite a morte non ci sono divisioni. Ma le donne sono tutte insieme, ammassate. Una volta non era così: ci si poteva permettere una suddivisione per nazionalità, religione, età. Adesso no, sarebbe impossibile, perché solo in Italia le vittime di violenza sono due al giorno.
Commovente e dalla pungente ironia, lo spettacolo riesce in tutte le sue sfaccettature, portando sul palco del Teatro Toniolo, a pochi kilometri dal Centro Antiviolenza di Marghera, il primo in Italia, un dramma troppo spesso bistrattato. E in questo è indicativo come, purtroppo, il pubblico maschile presente fosse circa un decimo del totale. Un silenzio pesante.