Festival Teatri delle mura di Padova

Gli spettacoli uno per uno

Schede, trame e info sugli spettacoli del Festival.

Leggi tutte le informazioni sugli spettacoli che animeranno la Quarta Edizione del Festival Teatri delle Mura.

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– [Questa è un’epoca che non favorisce le arti->#Questa è un’epoca che non favorisce le arti]
– [Tra drammi brevi->#Tra drammi brevi]
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– [Mi chiamo Rachel Corrie->#Mi chiamo Rachel Corrie]

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[Deboli e storti<-]DEBOLI E STORTI
Prima nazionale

Teatro delle Maddalene – sabato 14 giugno 2008, ore 19.00

TAM Teatromusica/Teatri di Carta

regia di Mirko Artuso;
con Andreina Bori, Martina Turio, Miriam Sech, Giorgio Dal Corso, Sandro Andreato;
collaborazione artistica Cinzia Zanellato;
video Raffaella Rivi;
luci e fonica Alessandro Martinello e Paolo Tizianel;
assistente di scena Cinzia Rupp;
evento realizzato con il contributo della Consigliera Provinciale di Parità della Provincia di Padova – Programma Comunitario Gioventù in Azione

Deboli e Storti è un’improvvisazione jazz, suoni liberi, parole sghembe e pronunciate peggio. E’ un progetto letto al contrario, una carta geografica orientata male. Una lunga passeggiata con le scarpe piene di sassi che non si ha il coraggio di togliere e si patisce il dolore in silenzio.
Un momento in cui incontrare Sandro che non smette mai di parlare a voce alta di sé e delle sue idee. Giorgio che quando deve chiedermi qualcosa come: quale sarà il prossimo spettacolo? Mi chiede: Mirko… che teatro faremo? Per lui, credo, “fare teatro” è qualcosa di molto simile a costruire le mura di un edificio. Andreina che è già stata la figlia di Prospero, Gelsomina, se stessa e il primo giorno di primavera senza smettere mai di essere Andreina. Martina che è lenta quanto basta per dire ed essere potente e antica. Miriam che nelle giornate di pioggia porta al pascolo gli ombrelli. Si può incontrare la qualità del loro sguardo. E’ uno sguardo lieve, animale, sulle stupidità dell’uomo e del suo mondo. Lo sguardo che appartiene a queste persone che hanno soltanto il bisogno di comunicare la propria identità per sentirne la presenza nel mondo.
Mirko Artuso

Con Deboli e Storti la compagnia di attori diversamente abili continua un percorso di scrittura scenica che alterna improvvisazione a rigore interpretativo. Il progetto nasce dall’incontro tra l’esperienza maturata da TAM nel teatro in ambiti di diversità e il gruppo Teatri di Carta, formato da attori professionisti diversamente abili, diretto da Mirko Artuso.

TAM Teatromusica

Compagnia nata nel 1980 e riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che si esprime nell’area della ricerca e sperimentazione sui linguaggi visivi e musicali. Realizza produzioni teatrali rivolte sia all’area dell’infanzia che del teatro contemporaneo. Sperimenta la propria poetica anche in ambiti di diversità, tra questi si ricorda Il progetto Teatro Carcere, laboratorio permanente realizzato con un gruppo di detenuti del Carcere Due Palazzi di Padova. Collabora dal 1999 al 2004 con Ente Teatrale Italiano e Ministero di Grazia e Giustizia al progetto di formazione per giovani dell’area del disagio. Nel 2000 crea Atti Minori, nucleo di giovani attori e musicisti di diversa provenienza geografica e sociale con i quali approfondisce il rapporto tra immagine e suono.


Teatri di Carta

Compagnia costituita da attori professionisti diversamente abili, si è riunita nel 2001 dopo diversi anni di attività laboratoriali e incontri importanti con attori e registi del panorama nazionale. Negli anni i loro spettacoli sono stati rappresentati nelle stagioni teatrali ufficiali o dedicate al teatro e disagio.

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[Vasta è la prigione<-]VASTA E’ LA PRIGIONE
Prima regionale

di Assja Djebar;
adattamento e messa in scena di Licia Maglietta;
traduzione di Antonietta Pastore (edizione Bompiani)

Bastione Alicorno – sabato 14 giugno 2008, ore 21.00

Teatri Uniti

Come se una passione scompigliasse, come se al contrario non venisse, senza preamboli, a rimettere in ordine, in qualche modo a fare la pulizia dell’anima, ridare agli impulsi il loro movimento primo, la loro purezza.
Come se l’amore arrivando come un sisma di silenzio o di panico, non riportasse, nel crollo dell’ordine apparente che si sfalda, una geologia originaria.
Assia Djebar

Licia Maglietta ci conduce in una storia appassionata, carica di sentimenti contrastanti, tra le pieghe dei sentimenti e dell’animo di una donna per la quale l’amore diventa un proibito moto di libertà. La protagonista è Isma una giovane donna algerina obbligata al matrimonio con un uomo non amato. Avvilita dall’aridità di questo legame imposto e asfittico, Isma intraprende un intimo viaggio a ritroso nel tempo ‘capace di ridare vita alla passione che, senza preamboli, è capace di ripulire la nostra anima, restituendole, nel crollo dell’ordine apparente, il suo movimento primo, la sua purezza’. In un percorso, in cui nulla viene omesso o edulcorato, la donna cerca nei più riposti meandri della memoria gli indizi del suo malessere. Il suo desiderio di affrancamento giunge a rivelare, ma anche a rimuovere salvificamente, gli antichi e reiterati oltraggi alla sua identità di donna, una tra le tante segregate e soffocate tra le spire di una ‘tradizione’ sconcertante nel suo radicale anacronismo.

Licia Maglietta, attrice e regista

Tra i fondatori di Falso Movimento e di Teatri Uniti. E’ stata protagonista in spettacoli di Mario Martone, Toni Servillo, Elio De Capitani, Carlo Cecchi, interpretando testi di Shakespeare, Moliére, Camus, Buchner, Goldoni, Pirandello, Moscato. Il suo Delirio amoroso (1995), monologo tratto dall’opera di Alda Merini, a dieci anni dal debutto è ancora programmato nei teatri italiani. Dal teatro al cinema: con Mario Martone, Morte di un matematico napoletano (1992), Rasoi (1993), L’amore molesto (1995); con Antonio Capuano, Luna Rossa (2001). Protagonista negli ultimi lavori di Silvio Soldini Le acrobate (1997), Pane e tulipani (2000) e Agata e la tempesta (2004), nonché dell’esordio cinematografico di Susanna Tamaro Nel mio amore (2004). Con Pane e tulipani vince il premio David di Donatello 2000 come miglior attrice protagonista.


Assia Djebar

Nata in Algeria, è stata, nel 1955, la prima donna algerina ammessa all’Ecole Normale Supérieure francese. Sostenitrice dell’emancipazione femminile nel mondo islamico, dopo aver partecipato al Movimento di Liberazione dell’Algeria, si è imposta come narratrice di lingua francese, raccontando i temi propri del suo mondo d’origine. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali tra cui, nel 2000, il prestigioso Premio per la pace. Attualmente insegna alla New York University e vive tra Parigi e gli Stati Uniti.

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[Questa è un’epoca che non favorisce le arti<-]QUESTA È UN’EPOCA CHE NON FAVORISCE LE ARTI

Bastione Santa Croce – sabato 14 giugno 2008, ore 22.15

Variazioni per due attori sull’opera di David Mamet

Primo studio

con Giancarlo Previati, Vasco Mirandola e Maurizio Camardi;
drammaturgia e regia di Maria Antonia Pingitore

“E’ il tentativo di guardare con amore a un’istituzione che noi tutti amiamo, il Teatro, e all’unica sua componente: gli uomini e le donne di teatro, le effimere più schiette di questa terra, le persone che scegliamo e a cui diamo l’incarico di esternare i nostri sogni sulla scena”
David Mamet

Un teatro, due attori, qualche pezzo di scenografia, un autore americano, i suoi testi, i suoi film, un pubblico: elementi per la composizione di uno spettacolo.
In sette movimenti, due attori, Vasco Mirandola, Giancarlo Previati, attraversano l’universo di Mamet utilizzando le parole dei suoi testi, dei suoi saggi, dei suoi film, vestendosi dei suoi personaggi, per coinvolgere il pubblico nell’esperienza unica e sempre nuova che è la rappresentazione teatrale, oggi.
Una riflessione sul senso dell’essere qui, del rappresentare, del bisogno di essere stupiti e coinvolti, della necessità di essere amati e della paura che ce lo impedisce. Sul palco e in sala. La Storia si ripete sempre uguale e sempre nuova nel suo bisogno di essere riproposta, nell’urgenza di cercarne il senso, nel Teatro ogni sera in ogni parte del mondo, perché sia ancora possibile l’incontro.
E lo facciamo perché succeda anche questa volta!
Maria Antonia Pingitore

Maria Antonia Pingitore

Si forma presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano dove è tutor dei corsi di Drammaturgia e Regia. Regista e autrice, collabora con T.Salmon, M.Baliani, R.Molinari, A.Arias, con ERT, Tetridithalia e Teatro Verdi. Attenta alla drammaturgia contemporanea italiana e straniera è co-ideatrice del progetto Bancone di Prova-laboratorio permanente per giovani autori, in collaborazione col Teatro i di Milano.

Vasco Mirandola

Vive a Padova. Ha lavorato nel cinema (Mediterraneo, Il Toro, Il Prete Bello, Colpo di Luna), televisione, teatro. Ha pubblicato due libri di poesie, è cantautore, comico, autore televisivo, regista. Ha debuttato con lo spettacolo Avrei tanto bisogno di dire, sui testi di Pino Roveredo e collabora con la Compagnia di danza contemporanea Sosta Palmizi.

Giancarlo Previati

Padovano, ha lavorato con Compagnie teatrali di rilevanza nazionale. Ha partecipato a fiction e serie televisive di grande successo (Orgoglio, Cento Vetrine, L’ultimo volo). Per quanto riguarda il cinema, ha partecipato a Cortesie per gli ospiti, Ravanello pallido, Mi fido di te.


Maurizio Camardi

Musicista, compositore. Ha collaborato in ambito jazzistico con C.Fasoli, P.Fresu, S.Battaglia, F.D’Andrea, E.Rava, Patrizio Fariselli e nel campo della musica d’autore, con Ricky Gianco, Stefano Maria Ricatti, Gualtiero Bertelli e Cooper Terry. Dal 2000 si occupa di musiche per teatro, con Michele Sambin e il TAM Teatro Musica di Padova.

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[Tra drammi brevi<-]TRA DRAMMI BREVI
Prima nazionale

Bastione Santa Croce – domenica 15 giugno 2008, ore 21.30

con Fulvio Falzarano e Vitaliano Trevisan;
regia di Vitaliano Trevisan;
Produzione Dedalofurioso in collaborazione con il Festival Teatri delle Mura

“Con scrittura felicemente aggressiva, in questi testi Trevisan mette a nudo Vicenza.
Si capisce: vivesse in un’altra città, lo scrittore ambienterebbe le sue storie altrove.
Ma d’altronde, vivesse in un’altra città, forse Trevisan non sarebbe più quel che è: cioè, appunto, Trevisan. Uno scrittore capace di raccontare ed aggredire l’universale muovendo dal particolare.”
Jacopo Bulgarini D’Elci – Il Giornale di Vicenza

Fulvio Falzarano non compra nulla ma viene a prendere un caffè con me. Una commedia?
Il nuovo teatro di Vicenza è già una realtà. Il nuovo direttore artistico Fulvio Falzarano, lasciata la direzione dello stabile di Lugano, si reca a Vicenza. Nel corso di una conversazione con l’amico scrittore Trevisan, Falzarano si rende conto che la realtà non è uno scherzo.
La scrittura del territorio: una provocazione.
Lo scrittore Trevisan e l’amico pittore Mitrovich discutono di scrittura e di pittura. Proprio quando tutto, in senso artistico, sembra perduto, un colpo di scena rimette le cose in discussione.
Fulvio Falzarano e Pierluigi Cecchin da “rigetti”.
Il direttore artistico Falzarano e il direttore di produzione Cecchin, discutono sulla programmazione del nuovo teatro, mangiando un piatto di baccalà. Nel corso della conversazione, si rendono conto che, a Vicenza, nemmeno i sogni sono uno scherzo.

Vitaliano Trevisan

Nato nel 1960 a Sandrigo, vive a Vicenza. Artista poliedrico che passa dalla scrittura, alla musica, al cinema e al teatro. Dopo le prime opere, Un mondo meraviglioso (1997) e Trio senza pianoforte/Oscillazioni (1998), ha raggiunto il successo nazionale e la notorietà nel 2002 con il romanzo I quindicimila passi, apprezzato dalla critica, che racchiude i racconti di un uomo, Thomas, dalle mille fobie e dai meccanici comportamenti compulsivo-ossessivi. Il libro, ha ricevuto il premio Lo Straniero. È il protagonista, nonché soggettista e co-sceneggiatore, del film di Matteo Garrone Primo Amore, del 2003, girato a Vicenza, in concorso al 54mo Festival di Berlino. Ha scritto anche la raccolta di racconti Standards vol. I (2002) e i racconti brevissimi Shorts (2004) con cui si è aggiudicato il Premio Chiara.

Fulvio Falzarano

Nato a Trieste nel 1959, ha lavorato in numerose compagnie di prosa nei più importanti teatri italiani. E’ stato diretto da Mario Monicelli, Armando Pugliese, Renato Sarti, Giorgio Pressburger. Con Silvio Orlando, ha preso parte a due atti unici di Peppino de Filippo: Don Raffaele il Trombone e Cupido scherza e spazza con Marina Confalone, Enzo Cannavale. Con il Teatro Stabile del Veneto ha preso parte a Il Trionfo dell’Amore di Marivaux, diretto da Luca De Fusco. Assieme a Roberto Citran ha allestito Due Dialoghi e Bilora, di Ruzante. Ha collaborato con Vitaliano Trevisan, affiancandolo nel reading sonoro Drammi Brevi e con il monologo Oscillazioni, assieme al percussionista Roberto Dani. Per il cinema ha lavorato con Marco Ferreri ed è il sergente Venerato Barzottin nel film di Mario Monicelli Le rose del deserto (2006). Ha preso parte a programmi televisivi con Renzo Arbore, Francesco Paolantoni, Gene Gnocchi e a Mai dire Iene e Mai dire Lunedì, con Fabio de Luigi, Natalino Balasso e la Gialappa’s.

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[Urlo Made in Italy<-]URLO MADE IN ITALY
Prima nazionale

Bastione Alicorno – domenica 15 giugno 2008, ore 22.30

a Carl Salomon;
di Allen Ginsberg;
con Loris Contarini e Alfonso Santimone live electronics;
e l’amichevole incursione di Maurizio Camardi;
musiche originali di Alfonso Santimone;
regia di Stefano Patarino;

in collaborazione con Amistad Associazione Culturale

…Quell’urlo uscito dalla bocca-penna-macchina per scrivere di Allen Ginsberg 50 anni fa, risuona anche oggi. Ri-suona: ci fa sentire la sua eco, rimbalza sulle pareti del presente, e lo riempie. Ancora, ancora, suona (di) nuovo. Suona nuovo.
Risuona l’Urlo… Risuoniamo anche noi. Un Urlo per voce, suoni e immagini.

La musica è quella di oggi, come il jazz era la musica di quell’oggi. Così la colonna sonora possibile ha suoni contemporanei; la poesia di Ginsberg risulta, invece, già spaventosamente attuale. Nessun “aggiornamento”, dunque.
Il prototipo americano di allora somiglia terribilmente a quello contemporaneo. E assomiglia a noi, figli della civiltà post-industriale, ipnotizzati dalla civiltà-Moloch del consumo, al punto di pensare che questo è il migliore dei mondi possibili, fanatici assorti nell’adorazione del denaro.

Le tre anime del progetto Urlo convergono partendo dalle proprie specificità e proponendo ciascuno la propria visione del testo. È un progetto che mette insieme ciò che nasce diviso in un’unità di intenti, dove ognuno porta la propria interpretazione usando il linguaggio che gli appartiene, contaminandolo con gli altri in un ritrovato spirito beat.
Loris Contarini

Loris Contarini

Attore e regista. Il suo percorso teatrale incrocia, fin da subito, quello di altre discipline artistiche e di altri artisti. È, infatti, proprio la ricerca di un incontro e una fusione tra linguaggi differenti uno degli elementi caratterizzanti del suo lavoro e della sua carriera.


Stefano Patarino

Musicista, attore e soprattutto regista, ma anche docente di arte scenica presso il conservatorio di musica “ Francesco Vezzene” di Rovigo. Ama fare spettacolo con i musicisti e musica con gli attori.

Alfonso Santimone

Pianista, compositore e arrangiatore, “organizzatore di suoni” col pianoforte e altri congegni vecchi e moderni, scrive musica per opere teatrali, cinematografiche e multimediali e collabora a vari progetti di musica sperimentale ed elettronica.

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[Made in Italy<-]MADE IN ITALY
Premio Scenario 2007

Bastione Alicorno – lunedì 16 giugno 2008, ore 21.30

Babilonia Teatri

di e con Valeria Raimondi e Enrico Castellani;
scene di Babilonia Teatri/Gianni Volpe;
costumi di Franca Piccoli;
luci e audio di Giovanni Marocco;
movimenti di scena di Luca Scotton;
coproduzione Operaestate Festival Veneto;
con il sostegno di Viva Opera CIrcus/Teatro dell’Angelo.

Il Nord Est italiano ritratto come fabbrica di pregiudizi, volgarità e ipocrisia; straordinario produttore di luoghi comuni sciorinati come litanie, e di modelli famigliari ispirati al presepe ma pervasi da idoli mediatici, intolleranza, fanatismo. Il made in Italy è un prodotto dozzinale e tragicamente umoristico, raccontato in uno spettacolo apprezzabile per compiutezza, in cui la comicità non è ottenuta dal meccanismo televisivo della barzelletta, ma dalla durata dell’elenco e dalle impercettibili ma fortissime variazioni, grazie a una sensibilità per le virtù e le potenzialità della parola che si fa maestria del contrappunto musicale. Strutture verbali semplici ma efficacissime fanno sbottare il riso e la percezione del non senso, in un lavoro che coniuga sapientemente stilizzazione interpretativa e parossismo gestuale. Con un ritratto spietato delle “sacrosante” manifestazioni del tifo calcistico e delle telecronache enfatiche e patriottarde, normalmente rese impercettibili dalla generale assuefazione. Un lavoro dove si infrangono con sagacia e leggerezza tabù e divieti, per rilanciare anche il teatro oltre gli schemi e i conformismi. PREMIO SCENARIO 2007

Made in italy non racconta una storia. Affronta in modo ironico, caustico e dissacrante le contraddizioni del nostro tempo. Lo spettacolo procede per accumulo. Fotografa, condensa e fagocita quello che ci circonda: i continui messaggi che ci arrivano, il bisogno di catalogare, sistemare, ordinare tutto. Procede per accostamenti, intersezioni, spostamenti di senso. Le scene non iniziano e non finiscono. Vengono continuamente interrotte. Morsicate. Le immagini e le parole nascono e muoiono di continuo. Gli attori non recitano. La musica è sempre presente e detta la logica con cui le cose accadono. Come in un video-clip.
Made in italy è un groviglio di parole. E’ un groviglio di tubi luminosi.
E’ un groviglio di icone. Per un teatro pop. Per un teatro rock. Per un teatro punk.
Un teatro carico di input e di immagini: sovrabbondante di suggestioni, ma privo di soluzioni.

Babilonia Teatri

Fondata da Valeria Raimondi e Enrico Castellani.
Il nome della compagnia, Babilonia Teatri, è nato da un progetto del 2005 sulla guerra in Iraq intitolato Cabaret Babilonia. Il primo spettacolo, Panopticon Frankenstein, è il risultato del lavoro svolto all’interno del carcere di Montorio. Lo spettacolo nel 2006 è finalista della prima edizione del Premio Scenario Infanzia e nel 2007 è vincitore di Piattaforma Veneto di Operaestate Festival Veneto. Sempre nel 2007 la compagnia debutta con Underwork-spettacolo precario per tre attori tre vasche da bagno tre galline e vince l’undicesima edizione del Premio Scenario con Made in italy.

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[Passione<-]PASSIONE

concertino al sangue di canzoni d’amore sussurrate –
Prima regionale

Bastione Santa Croce – lunedì 16 giugno 2008, ore 22.30

testi di Canio Loguercio;
e Sara Ventroni, Gabriele Frasca, Enzo Mansueto, Rosaria Lo Russo,
Tommaso Ottonieri, Lello Voce;
musica di Canio Loguercio e Rocco De Rosa;
voci recitanti Sara Ventroni, Gabriele Frasca, Enzo Mansueto, Rosaria Lo Russo,
Tommaso Ottonieri, Lello Voce, Silvana Matarazzo, Peppe Bosone;
voce, chitarre, arrangiamenti Canio Loguercio;
tastiere, programmazione, arrangiamenti, grooves Rocco De Rosa;
voce, grooves Pasquale Trivigno ;
voce Maria Pia De Vito e Peppe Servillo ;
tromba, flicorno Paolo Fresu;
basso Nello Giudice.

Passione è una rudimentale messa in scena di canzoni d’amore, scritte e cantate per lo più in napoletano, la sacra madrelingua delle passioni. Un viaggio a ritroso individuale e condiviso lungo le trame narrative, qui riproposte e riscritte, di Indifferentemente (il manifesto, 2004, www.indifferentemente.net) e di Miserere (Squilibri, 2007, www.miserere.info). È una “cerimonia” di canzoni appassionate come tante ‘stazioni’ di una via Crucis, di una processione, con le sue litanie, i suoi riti. Un racconto di un’improbabile storia d’amore descritta attraverso una sgangherata bio-installazione sonora… Passione è una preghiera, una serenata a più voci… un concertino al sangue di ‘love songs’.

Canio Loguercio

Musicista, performer, architetto. Lucano di nascita, napoletano d’adozione, vive a Roma. Con l’etichetta indipendente Officina ha ideato e realizzato numerosi progetti musicali fra cui – con il manifesto – Kufia-canto per la Palestina, Trasmigrazioni, Prima della pioggia, e Indifferentemente, il suo primo disco da solista (www.indifferentemente.net). Finalista a tre diverse edizioni del Premio Recanati per la canzone d’autore, ha lavorato con vari musicisti ed è stato conduttore, autore e regista di programmi radiofonici. Con Miserere (libro/cd/dvd, edizioni Squilibri – www. miserere.info) ha collaborato con alcuni dei più rappresentativi poeti della nuova scena letteraria contemporanea (Gabriele Frasca, Lello Voce, Sara Ventroni, Rosaria Lo Russo, Tommaso Ottonieri, Enzo Mansueto), con il video-artista Antonello Matarazzo e con i musicisti Rocco Rosa, Maria Pia De Vito e Paolo Fresu.

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[Sogno in La Minore<-]SOGNO IN LA MINORE – Prima nazionale

Bastione Alicorno – martedì 17 giugno 2008, ore 21.00

Il Gruppo di Teatro Integrato – Associazione Ottavo Giorno

di e con Nicola Coppo, Marina Giacometti,
Federica Lincetto, Rafael Pellegrini, Giulia Pertile,
Giulia Puchetti, Anna Ruzza, Stefania Trentin, Elisa Zampa;
musiche dal vivo Piccola Bottega Baltazar

Lo spettacolo nasce dall’intento di portare sulla scena sogni, paure, incubi, desideri di ciascuno di noi.
L’alternarsi di brevi racconti che attingono dal quotidiano, a momenti coreografici astratti, crea un’atmosfera lievemente surreale, ironica… familiare.

Il gruppo si definisce di Teatro Integrato sia per le abilità differenti presenti, sia per la commistione di diversi linguaggi espressivi che utilizza: danza, teatro di parola, musica.
La composizione eterogenea del gruppo rappresenta la sua forza sul piano creativo ed è il presupposto da cui si parte per ogni nuovo lavoro.
Da alcuni anni si è consolidata la collaborazione con la Piccola Bottega Baltazar che compone ed esegue dal vivo le musiche degli spettacoli.


Associazione Ottavo Giorno

Opera a Padova dal 1997 per realizzare progetti di teatro e danza che favoriscano l’integrazione di artisti diversamente abili sulla scena, attraverso una loro partecipazione diretta all’attività didattica e alla creazione artistica.
Scopo di Ottavo Giorno è dare opportunità di espressione alle potenzialità creative di tutte le persone, nel pieno rispetto delle differenze.
Dal 2005 il Gruppo di Teatro Integrato diretto da Marina Giacometti e Nicola Coppo, è impegnato nella realizzazione di spettacoli e performance. www.ottavogiorno.net

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[Romances<-]ROMANCES
Anteprima nazionale

Bastione Santa Croce – martedì 17 giugno 2008, ore 22.15

Associazione Culturale MARGINeMIGRANTE

regia di Beatrice Sarosiek;
con Anna Manfio, Anna Serlenga, Aurora Diotti, Laura Serena,
Margherita Fantoni, Tommaso Franchin;
Lo spettacolo è finanziato dalla Comunità Europea all’interno del Programma Youth in Action 2007 – 2013

Lo spettacolo proposto dall’Associazione Culturale MARGINeMIGRANTE, è il risultato di un processo di indagine e dialogo con alcune comunità rom del territorio di Venezia e Padova. A partire dai materiali, le sensazioni e le osservazioni raccolte è stata creata una drammaturgia, attraverso il lavoro di improvvisazione ed elaborazione del gruppo di attori dell’associazione.
Il tema del progetto è l’indagine dello stereotipo della figura dello “zingaro”, attraverso uno studio approfondito delle realtà Rom e Sinti presenti in diverse città venete. La necessità è quella di indagare un differente punto di vista sulla società, raccontando storie di persone che non sempre riusciamo a comprendere, ma che ci osservano e commentano.

Il gruppo di attori si appropria delle storie raccolte e, attraverso la sperimentazione di tecniche narrative, restituisce al territorio il lavoro fatto in un discorso che parla alla platea di una realtà il cui l’immaginario tiene alla larga da esplorazioni e scambi.
Il linguaggio utilizzato è composto di immagini poetiche create dal gruppo, testimonianze raccolte nelle interviste e riflessioni più ampie sul modo di concepire l’identità, cercando di stravolgere il punto di vista privilegiato per metterlo in discussione. In scena quindi, non è il rom, ma la sua storia, raccontata da Gage (cioè non Rom), che di questa narrazione si fanno attori.
Beatrice Sarosiek


Associazione Culturale MARGINeMIGRANTE

Nasce nel giugno 2007 dalla necessità di indagare la realtà e le sue contraddizioni a partire da luoghi di margine. MARGINeMIGRANTE interpreta la cultura come un servizio, partendo dall’individuazione di mancanze: sociali, etiche, culturali, poetiche. Si propone, di entrare in forte relazione con la società e col territorio in cui è inserita e nella quale opera, di non chiudere l’attività ai circuiti deputati alla cultura ma di rivolgersi anche al di fuori di quei luoghi aprendo la possibilità a nuove modalità di fruizione.

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[Perchè non ballate<-]PERCHE’ NON BALLATE?
Prima nazionale

Teatro Giardino di Palazzo Zuckermann – mercoledì 18 e giovedì 19 giugno 2008, ore 21.00

Ispirato dai Racconti di Raymond Carver

di Antonio Panzuto e Alessandro Tognon;
con Selene Sanmartin, Sabrina Arteconi, Anna Valandro, Fabio Pizzuti,
Enrico Unterholzner, Giancarlo Arteconi, Serena Zambon, Nicola Coppo
scena, immagini, oggetti, costumi di Antonio Panzuto;
assistente alla scena Alberto Nonnato;
luci di Paolo Pollo Rodighiero;
suoni e regia di Alessandro Tognon;

“Perché voi ragazzi non vi mettete a ballare, decise di dire.
_ E poi lo disse. “Perché non ballate?”
_ Disse: “Voglio solo dirvi un’altra cosa”.
_ Ma poi non riuscì a pensare quale potesse essere.”

Raymond Carver

Una facciata immensa di un palazzo, la vetrina di una pasticceria, l’entrata di un pronto soccorso, squarci di interni domestici, resti di una cucina, di un letto, di un divano immersi e quasi dissolti in un esterno desertico, buio e d’asfalto.
Qui gli oggetti hanno voce misteriosa, indecifrata, come il frigorifero o come i telefoni, che squillano, al di fuori di ogni controllo, e diventano enigma mediatico e creatori di angoscia e instabilità.
In questo paesaggio, distillato fra i mille modelli cinematografici e letterari di un america suburbana, provinciale e tutt’altro che spettacolare, tutto si decontestualizza e si sospendono le emozioni e le azioni di chi lo abita.
Nella strada, un incrocio senza traffico, un semaforo spento, macchine ferme, porte aperte, fari accesi.
L’automobile, simbolo della conquista del West, il grande sogno americano di scoprire il mondo viaggiando, sembra non poter più proseguire, solo contenere l’intimità di un’umanità desolata.
La libertà assoluta di ogni “americano” che può controllare la propria vita e il proprio mondo dal chiuso di un abitacolo climatizzato, si è trasformata in solitudine e vulnerabilità. Ora restano solo una donna o un uomo, in piedi, davanti alla propria auto, in una strada anonima, in posto anonimo, sotto la pioggia. Qualcuno vuole parlare.

Antonio Panzuto e Alessandro Tognon

Antonio Panzuto, pittore scultore e scenografo, e Alessandro Tognon, regista, collaborano da alcuni anni e hanno realizzato numerose opere, caratterizzate da originali ambienti scenici che creano vere e proprie installazioni, spesso arricchite da video animazioni, e dall’invenzione di oggetti realizzati con materiali poveri, come la marionetta che si muove orizzontalmente tramite lunghi fili, o le macchine da guerra dalla natura animale (Balkanika 1994, Odissea 1997, Prima del silenzio 1999, Moby Dick 2001, Notizie straordinarie da un altro pianeta 2003, Mille e una notte 2004, Haiku 2006).

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[Il viaggio di Nicola Calipari<-]IL VIAGGIO DI NICOLA CALIPARI
Prima regionale

Bastione Santa Croce – mercoledì 18 giugno 2008, ore 22.15

di Fabrizio Coniglio
diretto e interpretato da Fabrizio Coniglio e Alessia Giuliani

Due attori ripercorrono il viaggio tragico che ha portato all’uccisione di Nicola Calipari.
Si parte con il racconto del rapimento e quindi la prigionia di Giuliana Sgrena (il rapporto con i rapitori, gli aneddoti, la paura, la speranza) per poi arrivare all’”inizio della fine”, con la liberazione di Giuliana, la gioia, l’incontro con Nicola Calipari e il viaggio verso l’aereoporto.
Poi il racconto degli spari, quel “fuoco amico” che arriva all’improvviso, nel buio; la gioia, l’euforia che diventa tragedia, incredulità, senso di impotenza.
Il viaggio si chiude con un’ipotesi di tribunale tratta dai documenti ufficiali della delegazione italiana in Iraq, ovvero la versione americana e quella italiana sui fatti del 4 marzo 2005.
Verranno messe così a confronto le dichiarazioni di Giuliana Sgrena con quelle del mitragliere americano Mario Lozano. Saranno evidenziate le omissioni e le contraddizioni della ricostruzione fornita dall’esercito americano, nel modo più neutrale possibile, con la volontà di condurre lo spettatore a una riflessione e a un desiderio di giustizia e di verità più che a facili e a non obiettivi sentimenti antiamericani.

Il contenuto dello spettacolo è tratto da documenti autentici: il diario di prigionia di Giuliana Sgrena, le frasi e i commenti originali di Nicola Calipari, il rapporto sulle dinamiche dell’incidente del 4 marzo tratto dal documento ufficiale della delegazione Italiana in Iraq composta dal generale Capregher e dall’ambasciatore Ragaglini.

Fabrizio Coniglio

Diplomato nel 1999 alla Scuola Teatro Stabile di Genova, ha lavorato con J. Ferrini, B.Besson, F. Paravidino, M. Scaccia. In ambito cinematografico ha interpretato L’amore imperfetto di G. Maderna (2001) e Il Bianco e Il Nero di C.Comencini (2007). Ha partecipato inoltre a molte fiction televisive, tra cui: I cesaroni 2, Rex, La squadra 6, Vivere, Carabinieri 4.

Alessia Giuliani

Diplomata alla Scuola Teatro Stabile di Genova, ha lavorato con R.Mosca, P.Sepe, P.Zuccari, M.Sciaccaluga. In ambito cinematografico ha interpretato Tu ridi dei fratelli Taviani. Ha partecipato inoltre a molte fiction televisive, tra cui: Distretto di polizia 1, 3 e 4, , La squadra, Il Maresciallo Rocca.

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[Glengarry Glen Ross<-]GLENGARRY GLEN ROSS
Prima nazionale

Bastione Alicorno – giovedì 19 giugno 2008, ore 21.00

‘O ZOO NÔ con il sostegno del SISTEMA TEATRO TORINO / Teatro Piemonte Europa

di David Mamet;
traduzione di Luca Barbareschi;
un progetto di Massimo Giovara;

lettura concertata a cura di Michele Di Mauro;
con Pasquale Buonarota, Benedetta Francardo, Gianluca Gambino,
Massimo Giovara, Riccardo Lombardo, Mariano Pirrello, Sandro Pisci;
luci di Francesco Dell’Elba;
suoni e immagini di Elvis Flanella.

David Mamet, nato nel 1947 da genitori ebrei russi, viene considerato uno dei maggiori drammaturghi americani del ventesimo secolo. Glengarry Glen Ross, ormai quasi un classico del teatro contemporaneo, lo porterà a vincere nel 1984 il premio Pulitzer e il New York Drama Critics Circle Award e verrà portato sullo schermo nel 1992 con un cast d’eccezione comprendente Jack Lemmon, Kevin Spacey, Al Pacino ed Ed Harris. Il dramma racconta il fallimento del sogno americano, descrivendo due giorni della vita di un gruppo di agenti immobiliari che per evitare il licenziamento sono pronti a commettere ogni genere di azione immorale e illegale per poter vendere lotti di terreno di scarso valore a compratori poco interessati.

‘O Zoo Nô

Nasce a Torino nel 1996 per opera di Benedetta Francardo, Massimo Giovara, Paola Rota e Roberto Zibetti. Tutti attori professionisti dal 1990, hanno in comune una lunga esperienza formativa con il Laboratorio Teatro Settimo diretto da Gabriele Vacis. Hanno lavorato con diversi registi tra cui Luca Ronconi, Giampiero Solari, Yuri Alschitz, Massimo Castri, Giorgio Strehler, Elio De Capitani, Klaus Michail Gruber, Ninni Bruschetta in ambiti quali il Teatro di Roma, il Teatro Stabile di Torino, il Teatro dell’Elfo, il Piccolo Teatro di Milano, il Teatro Stabile di Messina e il Teatro Stabile delle Marche. Alternano esperienze teatrali ad esperienze cinematografiche, soprattutto con: Bernardo Bertolucci, Mimmo Calopresti, Dario Argento, Giacomo Battiato, Guido Chiesa, Lucio Pellegrini, Gian Luca Tavarelli, Matteo Garrone, Marina Spada, Carlo Mazzacurati, Nicola Rondolino, Luciano Ligabue, Antonello Grimaldi, Stefano Reali. Tutti hanno occupato negli anni i diversi ruoli necessari alla produzione teatrale di qualità: direzione di progetto, regia, organizzazione, distribuzione, amministrazione, disegno luci.
Uno degli obiettivi prioritari di ‘O Zoo Nô è di essere aperta al contributo creativo esterno e di creare il maggior numero possibile di scambi e contaminazioni con altre realtà e professionisti. ‘O Zoo Nô produce spettacoli a partire principalmente da testi inediti e contemporanei.

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[Undici del mattino<-]UNDICI DEL MATTINO – Prima nazionale

Bastione Santa Croce – giovedì 19 giugno 2008, ore 22,30

Carichi Sospesi

America: luogo della solitudine urbana

con Elisa Calabrese, Lorenzo Maragoni Stefano Skalkotos, Eleonora Piva;
costumi di Anna Cavaliere;
regia di Marco Caldiron;

Uno spettacolo che prende vita dalla luce di questo quadro di Edwar Hopper e dal testo di David Mamet Perversioni sessuali a Chicago.

Quando immagino i pub, i bar, i motel dove parlano e agiscono i personaggi di David Mamet, immagino i luoghi, la luce, le atmosfere sospese, squallide, di Hopper.
I luoghi dove agiscono i personaggi di Mamet si delineano attraverso le luci e i colori di Hopper, luoghi che rimarranno, come una traccia anche quando l’azione si sposta.
Tracce, corpi, respiri che continuano a vivere nello spazio, modificandolo in una lettura che corre parallela alle parole di Mamet.
Ci interessa dove si spezza il fiato, dove finiscono gli sguardi, quando il caffè si fredda, quando è troppo tardi per parlare.
Uno spettacolo che accompagna il pubblico nell’America di Hopper, nella solitudine spoglia e banale degli oggetti e di quella esistenziale degli esseri umani.

Associazione culturale Carichi Sospesi

Nasce a Padova nel 1998 con l’intento di promuovere laboratori di animazione teatrale nel disagio psichico e fisico, produrre spettacoli teatrali, sperimentare nuovi linguaggi e nuove tecniche.
Nel 2003 viene aperto il circolo culturale, un luogo di incontro e di confronto che nasce dal bisogno di creare un teatro aperto che possa accogliere oltre agli spettacoli ed ai corsi anche una forma di socialità, di scambio, di contaminazione in cui le idee siano circolari e non debbano trovare terreno di confronto solo attraverso momenti di spettacolarità.
Un luogo teatrale in cui diverse forme di espressione si incontrano, si contaminano, un luogo in cui si può continuare a parlare, a discutere, ad ascoltare. Uno spazio in cui imparare, approfondire tecniche, accrescere le nostre conoscenze, uno spazio in cui accogliere corsi, stage, laboratori, dimostrazioni di lavoro.
Da allora la programmazione teatrale e musicale invernale delle ultime quattro stagioni ha ospitato oltre 200 compagnie e gruppi.

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[Mio padre<-]MIO PADRE – Primo studio

omaggio teatrale all’opera di John Fante e Philip Roth

Bastione Santa Croce – venerdì 20 giugno 2008, ore 21.00

Teatro Popolare di Ricerca – Centro Universitario Teatrale

testo a cura di Pierantonio Rizzato e Giancarlo Biancotto;
scena e costumi di Silvia Collazuol;
musiche in scena a cura di Marco Pezzano;
regia di Silvia Collazuol e Pierantonio Rizzato.

“….mio nonno aveva una bella voce. Tenore irlandese.
Bella. Un tipo troppo duro e militaresco per occuparsi del
suo talento e di quello del figlio. Vorrei che fosse andata
diversamente. Vi amo stronzi bastardi….
Con un padre come quello, non sorprende che Tim
avesse paura di tornare da me. Paura di essere mio padre…”
Jeff Buckley, dal diario, 9 agosto 1995

A questo progetto teatrale, che nasce anche dal desiderio di ricordare due tra i più grandi scrittori della letteratura moderna americana, non è essenziale la rappresentazione dei “personaggi” che evoca, ma piuttosto il lavoro sullo sguardo, sulla prospettiva.
Citando Emilio Trevi, l’avvicinamento di Fante e Roth al “mondo” dei loro padri avviene attraverso dei veri e propri “romanzi dei figli”, spacciati per “romanzi dei padri”.
Roth e Fante al di là della modalità di indagine introspettiva e rielaborativa, trattano il confronto con la figura paterna in modi completamente diversi: più amorevole e comprensivo il primo, più ironico e critico il secondo.
Ma è stato anche attraverso un “terzo occhio”, musicale, che si è concretizzata la drammaturgia dello spettacolo: la storia dei due grandi cantanti e musicisti Tim e Jeff Buckley. Un rapporto mancato, inconsistente, che aveva segnato indelebilmente la vita di Jeff, tanto da farlo “….soffrire per gli errori commessi dal padre…”.
Non solo un omaggio a due grandi scrittori, quindi, ma un tentativo di raccontare una fase della nostra vita che ci mette a diretto confronto con noi stessi, la nostra famiglia, i nostri padri, i nostri figli.
Un confronto lucido, distaccato, che suscita sentimenti e suggerisce nuove prospettive, che ci offre l’opportunità di una rielaborazione della “memoria familiare”, di confrontarci con noi stessi, con quello che siamo e forse con quello che saremo.
Tre drammaturgie, tre esperimenti di linguaggio che si intrecciano e si fondono per raccontare, in fondo, un’unica storia: quella di un figlio e del proprio padre.
Pierantonio Rizzato


Il Teatro Popolare di Ricerca

Nasce a Padova nel 1971 come Centro Universitario Teatrale (T.P.R. – C.U.T.), con la veste di rappresentante dell’Università di Padova ai festival universitari e ai convegni culturali nazionali ed internazionali. L’elemento qualificante, era ed è “l’elevazione culturale degli studenti nel campo del teatro”. Il T.P.R. – C.U.T. ha cercato di integrare i risultati della propria ricerca con le forme di spettacolo più vicine alla sensibilità popolare come il teatro comico-grottesco, l’avanspettacolo, il circo e il melodramma. E’ riconosciuto dalla Regione Veneto e dal Comune di Padova, ed è socio affiliato all’associazione internazionale AITU (Association Internationale du Théâtre à l’Université). Il T.P.R. – C.U.T. è saldamente presente nel territorio padovano, anche grazie ai numerosi laboratori teatrali che lo vedono impegnato. www.teatropopolare.org

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[Il Tao di Bruce Lee<-]IL TAO DI BRUCE LEE (Un drago in giardino)
Prima nazionale

Bastione Alicorno – venerdì 20 giugno 2008, ore 22.15

Andrea Pennacchi

“Il Tao di cui si può parlare non è il vero Tao”
_ Lao Tzu

“Why are you a boxer, Irish featherweight champion Barry McGuigan was asked. He said: “I can’t be a poet. I can’t tell stories…”
_ Joyce Carol Oates, On Boxing

Bruce Lee è morto nel ’73, all’età di 33 anni. E sulla tomba ci hanno scritto: “la tua ispirazione continua a guidarci verso la nostra liberazione personale”. […] Dai suoi film parte un’intera corrente di cinema, non solo trash, che arriva a La tigre e il dragone e Kill Bill; con le sue idee sul combattimento nasce l’Ultimate Fighting Championship […] che per popolarità sta superando la boxe negli U.S.A., e che tra poco sbarcherà anche in Italia; i suoi film hanno causato l’apertura di una miriade di palestre di kung fu – alcune delle quali predicano lo stile di Bruce Lee come una fede.
Il fatto è che Bruce era anche un filosofo: un anarchista epistemologo. Il cinema non è posto per la filosofia ma violenza e sesso sono i linguaggi più antichi e universali. E i produttori cinematografici lo sanno bene.
Nei film di Bruce, sesso non ce n’è, ma violenza a fiumi sì. In mezzo al fiume di sangue: perle di saggezza pop. Questo non è un pugno. Questo non è un racconto per uomini alla ricerca del macho interiore, non è maschilista, è il percorso di un uomo in una strada che potrebbe essere anche delle donne.

Questo non è un racconto sulle arti marziali, o sulla vita di Bruce Lee, come racconti la vita di un mito? Questa è una storia di storie. Ed è una storia sulla lotta tra le storie, su come le storie cavalchino la gente. Perché hanno bisogno di noi umani per vivere, riprodursi, crescere. E alcune storie sono buone, e si prendono cura di noi, ci fanno crescere, ci allungano la vita in un rapporto di simbiosi, come il paguro l’eremita e l’attinia, il mocio velenoso che gli cresce sulla guscia. Altre storie sono cattive, virus, parassiti che si mangiano il portatore, li possiedono come djin, demoni del deserto, incubi e succubi, ti danno visioni inconsistenti e intanto ti ciucciano fino a lasciare solo l’involucro vuoto. Questo è un racconto in cui non una parola, di quelle che vi toccano, non una, non è passata per la carne, il cuore e – anche – la testa. Niente, che non sia passato per ecchimosi, abrasioni, tendinite, slogature, acido lattico, rotture, tagli… esperienza.
Esperienza anche di quello che non sono, perché anche a questo servono le storie. A sperimentare quello che non sei e – forse – non sarai mai.
Volevo raccontare un po’ di Bruce Lee. Glielo devo, del resto mi ha salvato la vita.
Andrea Pennacchi


Andrea Pennacchi

padovano da varie generazioni nonostante il nome sospetto. Teatrante con la sindrome di Odisseo, innamorato di tutte le storie, ha raccontato l’Iliade in “Omero non piange mai”, lo scontro tra due pesi massimi della cultura in “Gozzi vs Goldoni” e ora gira l’Italia cercando di convincere tutti che Shakespeare era veneto. Alla domanda: “perché fai teatro?”, risponde: “non so tirare pugni, non sono un pugile, così racconto storie”.

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[Pittura su legno<-]PITTURA SU LEGNO

Primo studio

Bastione Santa Croce – sabato 21 giugno 2008, ore 20.00

Teatrino dei Fondi / for performing art

Centro internazionale di scrittura drammaturgica La Loggia

di Ingmar Bergman;
dal testo edito da Einaudi, a cura di Luca Scarlini,
traduzione Luciano Marrucci collezione di teatro, Torino 2001;
con Roberta Geri;
drammaturgia e regia di Andrea Mancini.

Il testo da cui nasce il nostro spettacolo è anche all’origine di un capolavoro, cioè uno dei più bei film di Bergman, Il settimo sigillo. Fu composto dal regista svedese nel 1954, per un saggio degli allievi dell’accademia di Malmo, e ottenne entusiastici consensi. Bergman vi descrive le paure dell’uomo dinanzi alla morte, l’angoscioso senso del limite che ci caratterizza, l’incombere della fine. Non a caso la vicenda è ambientata nel Medieovo, epoca di ansie millenaristiche e terrori apocalittici, dove si espressero tutte le precarie risposte che l’uomo tentò di trovare: l’arte, la fede, l’indifferenza, la scelta del male e quella del dolore fisico. Il terrore atomico degli anni in cui fu scritto il testo, ma anche il terrore della guerra, purtroppo sempre presente, non è estraneo alla relativa cupezza della scrittura, e si riverbera anche nel film, di cui la pièce rappresenta un disegno, la traccia originale.

Lo spettacolo, presentato per la prima volta in italiano, nell’intensa traduzione del poeta Luciano Marrucci, si consuma tutto intorno a Roberta Geri, attrice di grande spessore drammatico e interpretativo. L’attrice è la guida di un viaggio nei territori dominati dalla morte, un po’ come succedeva al cavaliere del Settimo sigillo, che poteva giocare la sua partita a scacchi con la Morte, riuscendo anche a scherzarci, addirittura a prenderla in giro, e alla fine, anche a ballarci insieme.
Non indugeremo dunque sul macabro, tenteremo semmai di sdrammatizzarlo, con riferimenti a Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni, da cui Fellini trasse la parte più poetica e certo la più riuscita del suo La voce della luna, con Roberto Benigni e Paolo Villaggio.
Andrea Mancini

Teatrino dei Fondi

La sua attività si basa, oltre che in un lavoro attivo di realizzazione di spettacoli per adulti e per ragazzi, in una serie di Centri che hanno trovato una sede presso il Quranthana / Teatro Comunale di San Miniato. I centri, sono: la Titivillus Mostre Editoria, casa editrice legata allo spettacolo, ma anche centro di produzione di grandi mostre a livello internazionale. Il Centro per la Fotografia dello Spettacolo che promuove ricerche e attività diverse per la valorizzazione della fotografia dello spettacolo nelle sue molteplici manifestazioni. Il Centro Internazionale di Scrittura Drammaturgica ‘La Loggia’, con un patrimonio di oltre cinquemila testi, che dal 2005 sono a tutti gli effetti utilizzabili, sta già producendo spettacoli o mise en espace legati alla nuova drammaturgia e giornate di studio dedicate a giovani scrittori. Il Centro Cinema Paolo e Vittorio Taviani che lavora su un progetto di valorizzazione del lavoro dei due registi sanminiatesi, ma soprattutto è impegnato in un omaggio a tutto il lavoro che sta dietro alla “macchina cinema”, tentando di studiarne l’impegno di équipe.

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[Vita mia<-]VITA MIA

Bastione Alicorno – sabato 21 giugno 2008, ore 21.00

Sud Costa Occidentale

di Emma Dante;
con Ersilia Lombardo, Enzo Di Michele, Giacomo Guarneri, Alessio Piazza;
direzione organizzativa Fanny Bouquerel;
luci di Christian Zucaro;
regia di Emma Dante;

“Ma chi ci ha rigirati così
_ che qualsia quel che facciamo
_ è sempre come fossimo nell’atto di partire?
_ Come colui che sull’ultimo colle
_ che gli prospetta per una volta ancora
_ tutta la sua valle, si volta, si ferma, indugia così
_ viviamo per dir sempre addio.”

Rainer Maria Rilke, Ottava elegia

Entriamo in una stanza vuota con un letto al centro. Cos’è quel letto ci chiediamo: un riparo? Una pace pigra? Un termine?
C’è un viaggio nel tempo e nello spazio attorno a quel catafalco e ciò che muove tutto è qualcosa che non possiamo comprendere. La stanza dove entriamo è un buco sul nulla. È il posto dove l’anima per un attimo si sospende nell’aria prima di strapparsi dal corpo.
Una madre guarda con occhi dolci e tristi i tre figli che ha di fronte e gli insegna che la vita è la cosa più preziosa, è qualcosa che fugge, passa. La vita è una corsa attorno a quel letto.
Vita mia è il tentativo folle e disperato di ritardare fino allo stremo delle forze quest’ultimo giro prima della morte.
Chi è il prescelto? A chi tocca? Al più grande o al più piccolo? Al più buono o al più cattivo? E soprattutto perché toccherà a chi ancora non è pronto, a chi non si è fermato, a chi mantiene fermi gli impulsi della vita, le idee, le scoperte, i progetti, le piccole cariche d’energia? Tra Gaspare, Uccio e Chicco c’è un morto che deve occupare quel letto, ma la madre non vuole saperne, vacilla, si mette a sedere, piega la testa di lato e se li guarda a uno a uno i suoi maschi di casa: il grande, il mezzano, il piccolo… Come fa a sentirlo “suo” quel figlio morto? Con quale coraggio lo porterà fra le braccia sul letto “conzato di lutto”, dopo averlo vestito e avergli bisbigliato nell’orecchio parole d’amore? Come faranno le sue gambe a non cederle inaspettatamente?
Tutto è immobile: i gesti, i ricordi, le parole di conforto, i rimorsi, quell’ultimo ritmo di pulsazione del cuore che si ripete all’infinito.
Vita mia è una veglia. Quel letto è una nave di pietra e quella stanza è il mare che ci risucchia e sparisce.

Emma Dante
A mio fratello Dario

Sud Costa Occidentale

Nata a Palermo nel 1999, e diretta da Emma Dante, la compagnia è composta da Manuela Lo Sicco, Sabino Civilleri, Gaetano Bruno, Enzo Di Michele, tutti attori con esperienze diverse. Ogni progetto affrontato non è mai fermo. È un teatro che si allarga e si restringe a seconda dei casi, sempre aperto a quei contagi diretti che danno un senso di libertà intellettuale.

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[Angelo<-]ANGELO
Anteprima nazionale

Bastione Santa Croce – sabato 21 giugno 2008, ore 22.15

L’angelo ragazzino

scritto, diretto e interpretato da Roberta Sferzi;
assistente alla regia Guido Feruglio;
con l’amichevole consulenza artistica di Gigi dall’Aglio;
musiche di Beethoven, Bertè, Pierpont, Dowland;
il brano “If my complaints could passions move” è eseguito da Maurizio Rippa;
Primo premio concorso drammaturgico “Per voce sola” 2007;
Premio Tuttoteatro.com alle Arti Sceniche Dante Cappelletti 2007.

”Romanzo di formazione di un adolescente cresciuto a forza di Nutella e televisione commerciale, Angelo racconta una provincia veneta concreta e degradata nelle relazioni affettive e umane. Alla sua prima prova di scrittura Roberta Sferzi intercetta le pieghe dolorose e tuttavia esiliaranti di una tragedia famigliare costellata da mitologie, abbandoni, smarrimenti emotivi, disinformazione internet, leggende metropolitane, stereotipi correnti.
Con pari sensibilità, l’autrice-attrice mette a punto un’interpretazione matura, sfaccettata su personaggi e registri espressivi diversi”. PREMIO TUTTOTEATRO.COM ALLE ARTI SCENICHE DANTE CAPPELLETTI 2007

Angelo è un monologo che prende il titolo dal nome del protagonista, un ragazzino, interpretato dall’attrice-autrice. E’ il racconto in prima persona di una vicenda familiare, tragica e a suo modo banale, ambientata in un non bene identificato paese del litorale veneto.
Dal racconto del protagonista, discontinuo, e pieno di divagazioni, apprendiamo dell’abbandono del padre, della morte della madre e del suo stesso – vero o presunto – suicidio. E’ un fiume di parole, un campionario di luoghi comuni, leggende metropolitane, notizie pescate da internet o apprese dalla televisione, che Angelo frappone tra sé e il contenuto doloroso della propria storia personale.
_ Permane, comunque, una vitale allegria, un senso del gioco e un gusto della mistificazione – la narrazione è intercalata da filastrocche e canzonette – e raggiunge l’apice nel finale.
Angelo è portavoce inconsapevole di una comunità in via di disgregazione, dove il videopoker sta sostituendo la briscola, le ballerine di lap-dance popolano l’immaginario erotico maschile e il gossip televisivo si confonde con i pettegolezzi sul vicinato, e il suo racconto è un’alternanza continua di luoghi comuni e disarmanti verità, momenti in cui la disperazione, giunta a un grado paradossale, assume risvolti vagamente comici.

Roberta Sferzi

Diplomata in recitazione alla Scuola Regionale di Teatro del Veneto e laureata in filosofia all’Università di Padova. Ha studiato con Ariane Mnouchkine, Thierry Salmon, Carmelo Bene, Arthur Penn, Bruce Myers, Sotigui Koyatè e con Hideo Kanze, Kazuo Ohno e Suzuki Tadashi.
Ha lavorato con il CSS di Udine, il Tag Teatro di Venezia, la Compagnia Piera Degli Esposti, il Teatro dell’Elfo. E’ stata diretta da Michele Placido, Gigi Dall’Aglio, Walter Le Moli. In ambito cinematografico ha lavorato con Giovanni Veronesi, Renato De Maria e Pietro Reggiani. Nel 2007 ha vinto il concorso drammaturgico Per voce sola e il Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche Dante Cappelletti con Angelo, al cui debutto è legata la creazione della compagnia L’angelo ragazzino.

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[Prendi «un piccolo fatto vero» o Come si diventa materialisti storici<-]PRENDI «UN PICCOLO FATTO VERO» O COME SI DIVENTA MATERIALISTI STORICI
Prima regionale

Bastione Alicorno – domenica 22 giugno 2008, ore 21.30

Mimesis

un montaggio da Edoardo Sanguineti;
con Lino Guanciale;
regia di Claudio Longhi;

Figura di punta del Gruppo 63, compagno di strada di Luciano Berio, Enrico Bai o Luca Ronconi, poeta, saggista, giornalista, romanziere e drammaturgo, docente universitario, attore e deputato, Edoardo Sanguineti (Genova 1930) è da oltre quarant’anni uno degli indiscussi protagonisti della vita culturale e politica italiana.

In un serrato montaggio dalla sua biblioteca babelica – o pantagruelica – di scritti letterari e prosa militante, di canzoni e letture, amate o odiate – in cui il filo suggestivo del ricordo autobiografico si intreccia a quello della memoria collettiva di un paese che viaggia ‘all’italiana’, in Accelerato ed Eurostar, dalla Resistenza alla Seconda Repubblica, tra battaglie del PCI e crollo delle ideologie –, il monologo Prendi «un piccolo fatto vero», alternando squarci di cronaca ad accensioni visionarie, si offre come un gustoso cabaret ‘verificabile’ à la manière d’Artusi in forma di sapida ‘satura’ dei nostri dissestati mores nazionali e ad un tempo come acre ed impietoso lehrstücke sempre pronto a convertire la diagnosi dei mali di un sistema in un crudele viatico politico per reagire alla disperante apatia del nostro immemore presente.
Al fondo un bruciante interrogativo: quanto resta della complessa – per quanto scomposta e a tratti contraddittoria – eredità storica e ideologica degli ultimi decenni alle nuove generazioni?

Claudio Longhi

Insegna all’Università IUAV di Venezia e alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano. Ha pubblicato diversi testi critici tra cui: la monografia “L’«Orlando furioso» di Ariosto-Sanguineti per Luca Ronconi” (2006). Per la Rizzoli, ha curato la silloge di traduzioni teatrali da lingue classiche di Sanguineti “Teatro antico. Traduzioni e ricordi” (2006). Al lavoro di ricerca, dedicato allo studio della drammaturgia ‘moderna’, affianca l’impegno teatrale attivo: tra il 1993 e il 1995 è stato assistente di Pier Luigi Pizzi e Graham Vick; tra il 1995 e il 2002 ha collaborato con Ronconi come assistente prima e regista assistente poi. Dal 1999, ha firmato la regia di vari spettacoli tra cui: Democrazia, con Marisa Fabbri e Moscheta, Cos’è l’amore, Caligola, con Franco Branciaroli. Ha diretto, per il Piccolo Teatro di Milano, Ite missa est di Luca Doninelli (2002); La peste di Albert Camus e Edipo e la Sfinge (2004) e nel 2005 la prima rappresentazione italiana di Storie naturali di Sanguineti. Ha collaborato con Eimuntas Nekrošius per la messa in scena di Anna Karenina (2008).

Lino Guanciale

Nato nel 1979 ad Avezzano (Aq), si è diplomato all’Accademia “Silvio D’Amico”, dove ha studiato con Pino Passalacqua, Marisa Fabbri, Mario Ferrero e Lorenzo Salveti. Ha lavorato con alcuni tra i più importanti registi e attori del panorama teatrale nazionale, come Gigi Proietti, Luca Ronconi, Franco Branciaroli, Umberto Orsini, Franca Nuti e collabora stabilmente con Claudio Longhi, che ha affiancato in numerosi progetti teatrali e pedagogici. Tra gli spettacoli in cui ha recitato: Caligola e La Peste di Camus, Edipo e la Sfinge di Von Hofmannsthal, Lo Zio di Branciaroli, per la regia di Longhi. Dal 2005 collabora con Sanguineti, in seguito alla messinscena del suo Storie Naturali per la regia di Longhi. Ottiene nel 2004 il “Premio Gassman”, assegnato dall’Accademia “Silvio D’Amico” al miglior allievo degli ultimi dieci anni.

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[Una madre<-]UNA MADRE
Prima nazionale

Spazio Libeskind – domenica 22 giugno 2008, ore 22.15

Frantic Produzioni

con Michela Ottolini;
scritto e diretto da Giancarlo Marinelli.

Una madre è la storia di un dubbio. O forse, ancor di più, è la storia di un dubbio che diventa bestemmia.
La protagonista è Colei che dà alla luce il mondo, Colei che dà al mondo la luce: Maria, madre di Gesù di Nazareth.
Lo spettatore la sorprende nel tempo seguente alla crocifissione del Figlio; Maria è divenuta una sorta di operaia del legno, passa il suo tempo a piallare, segare, scomporre e ricomporre strani oggetti lignei. Parla di sé come parlerebbe durante una catena di montaggio qualunque operaia che intenda staccare per un po’ dall’ossessione del lavoro; conversa con l’altro sé, (il pubblico, per l’appunto, che diviene con il passare del tempo l’immagine impietosa, lontana, misteriosa di Dio), dando conto del suo sacrificio obbligato; del suo essere madre predestinata, donna travolta e schiacciata dal dolore e dai lutti per ordine divino; un ordine che sembra provenire più che dal Dio misericordioso dei cristiani, da un Padrone il cui arbitrio, tanto incondizionato, quanto feroce, tutto può e muove senza alcun dovere di interlocuzione, né di spiegazione con i suoi “fedeli- dipendenti”, costretti ad una cieca, quanto pronta e risoluta obbedienza.

Una madre è anche la storia di una ribellione; di un tentativo di sovversione, da parte di Colei che sino all’ultimo cerca di proteggere il Figlio dal sommo sacrificio, facendo ricorso ad ogni mezzo e sotterfugio, pur di salvarlo; sino ad una dolente, rabbiosa resa, che arriva a piegarla quando comprende che tra il “Padrone insensibile” e il Figlio votato alla Passione non passa differenza alcuna; quando comprende che il silenzio indecifrabile di Dio e quello dolcissimo e contraddittorio di Gesù di Nazareth hanno infine lo stesso rumore di chiodi e martello; la stessa immagine opaca e minacciosa dell’ombra della croce che si stende su ogni uomo. Su ogni madre.
Giancarlo Marinelli

Giancarlo Marinelli

Nato a Vicenza nel 1973, professore di Istituzioni di Regia Teatrale presso l’Accademia delle Arti di Roma, editorialista, regista televisivo e cinematografico, autore di drammaturgia contemporanea, attore e sceneggiatore, ha pubblicato Amori in Stazione (1995), Pigalle (1998) e Dopo l’amore (2002). Premio Campiello – Selezione Giuria dei Letterati – XLIV edizione con Ti lascio il meglio di me.

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[Rosvita<-]ROSVITA
Prima nazionale

Bastione Santa Croce – lunedì 23 giugno 2008, ore 21.00

Teatro delle Albe

di Ermanna Montanari;
con Cinzia Dezi, Michela Marangoni, Ermanna Montanari, Laura Redaelli;
scene e costumi Enrico Isola, Ermanna Montanari;
direzione tecnica Enrico Isola;
musiche originali e sound design Davide Sacco;
consulenza musicale Franco Masotti;
consulenza musicale per il canto gregoriano Elena Sartori;
canto gregoriano Elena Sartori;
realizzazione scene squadra tecnica Teatro delle Albe Fabio Ceroni, Luca Fagioli, Danilo Maniscalco, Massimiliano Rassu;
foto Claire Pasquier;
regia Marco Martinelli;
promozione Silvia Pagliano, Francesca Venturi;
produzione Teatro delle Albe – Ravenna Teatro in collaborazione con Ravenna Festival e deSidera Bergamo Teatro Festival;

Rosvita è una drammaturga del X secolo, una monaca sassone che nel convento di Gandersheim riscrisse le commedie di Terenzio trasformandole in drammi edificanti.
La sua produzione può essere letta come una prima, arcaica forma di “teatro della crudeltà”. Abbiamo intitolato a suo nome questa nostra miniatura corale, inanellando e montando frammenti delle sue partiture sceniche: in esse vengono sconfitte crudeli figure paterne e autoritarie, in esse le tormentate figure femminili, in maniera improvvisa e iperbolica, accettano precipitosamente e la tentazione e la resa e la conversione. Non c’è logica, non c’è buon senso, non c’è misura: tutto si compie nell’eccesso dell’interiorità, là dove affrontiamo le sfide decisive.
Ermanna Montanari e Marco Martinelli

Teatro delle Albe

Fondato nel 1983 da Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni, sviluppa il proprio percorso intrecciando alla ricerca del “nuovo” la lezione della tradizione teatrale. Nel 1988 la formazione diventa afro-romagnola e pratica un originale meticciato teatrale che coniuga drammaturgia e danza, musica e dialetti, invenzione e radici. Fondamentali, oltre alla direzione artistica di Marco Martinelli (premio Ubu speciale 1997 e premio Ubu “miglior regia” 2007), sono le accensioni visionarie e la vocalità inquietante di Ermanna Montanari (premio Ubu “miglior attrice” 2000 e 2007 e Premio Lo Straniero dedicato “alla memoria di Carmelo Bene”), il lavoro sulle favole tradizionali di Luigi Dadina e l’apporto degli attori cresciuti nella fucina della non-scuola (l’attività dei laboratori teatrali all’interno delle scuole medie superiori della città), che dal ’98 a oggi hanno segnato con la loro presenza scenica il percorso della compagnia.
Il Teatro delle Albe ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, in Italia e all’estero. Tra gli spettacoli più recenti ricordiamo: La mano, “de profundis rock”, tratto dal romanzo di Luca Doninelli (2005), La canzone degli F.P. e degli I.M., “lettura pubblica” del testo di Elsa Morante (2005), Sterminio di Werner Schwab (2006), LEBE” di Marco Martinelli (2006), e Ubu buur (2007).
Nel 1991 le Albe hanno dato vita a Ravenna Teatro, “Teatro Stabile di Innovazione” che si è posto come “stabile corsaro”, portando avanti con il sostegno del Comune di Ravenna un’originale pratica di “coltura” teatrale della città, intrecciando le programmazioni del Teatro Rasi, cantiere del “nuovo”, e la stagione del Teatro Alighieri, “teatro di tradizione”.

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[Cent’anni. Un secolo di lavoro e lotte contadine<-]CENT’ANNI. UN SECOLO DI LAVORO E LOTTE CONTADINE

Prima nazionale

Bastione Alicorno – lunedì 23 giugno 2008, ore 22.30

Arca Azzurra Teatro

testo e adattamento drammaturgico di Massimo Salvianti;
regia di Dimitri Frosali;
luci di Marco Messeri;
con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Massimo Salvianti, Lucia Socci.

Una famiglia di mezzadri toscani attraversa un secolo di storia per raccontarci il mondo dal punto di vista degli umili, di coloro che hanno “fatto” questo nostro paese lavorando e lottando duramente.
Le conquiste e le sconfitte del mondo contadino, fuori dalla visione idilliaca e folklorica della campagna toscana, ma dentro la vita vera, i problemi, gli amori, i dolori, i lutti e le nascite, la crescita della coscienza politica e sindacale, la fantasia e il progresso materiale e umano.
Una narrazione fatta di testimonianze vive raccolte dalla viva voce dei protagonisti, un omaggio a quella parte del mondo del lavoro che troppo spesso si ritiene secondaria rispetto a quella operaia, ma che invece è stata il vero motore sindacale e politico non solo toscano ma di vaste zone del nostro paese.
I materiali di base sono stati raccolti nel Chianti nel centenario della fondazione della CGIL. Dimitri Frosali ha scelto e inizialmente elaborato le testimonianze, curando infine la regia dello spettacolo. Massimo Salvianti è autore della drammaturgia finale e, affiancato dagli attori della compagnia, è interprete dello spettacolo che si ricollega alla tradizione del teatro affabulatorio e civile.

Arca Azzurra e Ugo Chiti

Sodalizio che nasce nel 1982 nel segno esclusivo della drammaturgia italiana contemporanea e che fa di Ugo Chiti il vero e proprio “poeta di compagnia” dell’Arca Azzurra.
Dal primo spettacolo prodotto, Volta la Carta… ecco la Casa, alla produzione di Genesi – i ribelli, un’attenzione continua all’evolversi della società contemporanea analizzata attraverso messe in scena più volte riprese e premiate. Un’attività precisa e coerente, attenta ai mutamenti storici e sociologici del nostro paese, sempre pensata attraverso percorsi progettuali comprendenti spettacoli di volta in volta attenti agli aspetti più diversi della società italiana, con titoli come Allegretto… perbene ma non troppo, Paesaggio con Figure, Il Vangelo dei buffi, Come naufraghi in un mare di città. Un’attenzione costante alla riscoperta delle radici della nostra lingua attraverso i classici della letteratura toscana, con riscritture originali che hanno portato in scena testi di Machiavelli o novelle del Decamerone.
Un ampio repertorio, con spettacoli di grande impegno produttivo o di più piccole dimensioni, dalle ultime produzioni Racconti solo racconti e I ragazzi di via della Scala, alle produzioni “storiche” Quattro bombe in tasca, Bottegai, La Clizia, al lavoro di Alberto Severi La guerra piccola, premio Fondi La Pastora, nel 90° anniversario della I guerra mondiale.

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[Chiòve<-]CHIÒVE
Prima regionale

Bastione Alicorno – martedì 24 giugno 2008, ore 21.00

Teatri Uniti

di Pau Mirò;
traduzione di Enrico Ianniello;
con Chiara Baffi, Enrico Ianniello, Giovanni Ludeno;
spazio e regia di Francesco Saponaro;
in collaborazione con Institut Ramon Llull, Nessuno Tv, DAMS-Università della Calabria/ArtiMeridianeLab.

Piove a Barcellona, scritto dal giovane autore-rivelazione catalano Pau Mirò, racconta – nella cornice squallida e angusta di un condominio del Raval, a un passo dalle Ramblas piene di turisti – un triangolo amoroso tra una giovane prostituta, il suo fidanzato-pappone e un cliente molto speciale di professione libraio.
La traduzione in napoletano di Enrico Ianniello sposta l’intreccio di passioni dei tre protagonisti in un interno iperrealista: un piccolo appartamento situato all’ultimo piano di uno stabile fatiscente dei Quartieri Spagnoli, tra libri, cocaina e Baci Perugina.

Piove a Barcellona diventa Chiòve: adotta il napoletano come lingua di vita, con il suo bagaglio gergale istintivo e verace, per esaltare i caratteri di questi personaggi e le loro intime relazioni.
La vita di Lali e di Carlo è solo sfiorata dalla civilizzazione di cui raccolgono le scorie, i modelli esterni e deteriori: dal cibo spazzatura dei fast-foods, alla droga, alla musica da bancarella. Le brame d’amore, i sogni di rivalsa sociale di Lali (Chiara Baffi) e la sua massima ambizione – sembrare normale – consumati dalla logorante convivenza con Carlo (Giovanni Ludeno), si ravvivano durante gli incontri mercenari con Davide (Enrico Ianniello). Ma la cultura e i libri, i versi dei poeti, gli aforismi dei filosofi, i quadri dei grandi musei, restano solo un tranello se tutto si risolve nella lettura di un involucro di cioccolatino, nella poesia morta ed epigrafica dei Baci Perugina.
Francesco Saponaro

Chiòve, è anche un mediometraggio diretto da Francesco Saponaro con la fotografia di Mario Amura, su sceneggiatura di Pau Mirò ed Enrico Ianniello, allestito, filmato e trasmesso in tempo reale da un appartamento/set dei Quartieri Spagnoli. Un esperimento dinamico e innovativo che realizza un dialogo serrato fra teatro, cinema, televisione.

Teatri Uniti

Nasce a Napoli nel 1987, dall’unione di Falso Movimento, Teatro dei Mutamenti e Teatro Studio di Caserta, che avevano profondamente caratterizzato il panorama teatrale italiano ed internazionale negli anni ‘70. Intorno ai registi fondatori Mario Martone, Antonio Neiwiller e Toni Servillo, Teatri Uniti si configura come un laboratorio permanente per la produzione e lo studio dell’arte scenica contemporanea, intrecciando in maniera innovativa il linguaggio teatrale con quello della musica, delle arti visive, del video, del cinema. L’attività di Teatri Uniti ha visto la partecipazione di numerosi autori e artisti, fra i quali Licia Maglietta, Andrea Renzi, Peter Gordon, Enzo Moscato, Thierry Salmon, Iaia Forte, Peppe Lanzetta, Stefano Incerti, Marco Baliani, Giovanni Piperno, Mimmo Paladino, Giuseppe Montesano, Paolo Sorrentino, Silvio Soldini, Pippo Delbono.

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[Primo amore<-]PRIMO AMORE
Prima nazionale

Bastione Santa Croce – martedì 24 giugno 2008, ore 22.15

di Letizia Russo;
con Laura Nardi;
luci di Hossein Taheri;
regia di Luigi Saravo.

Un uomo ritorna nella città della sua giovinezza riattraversando luoghi che gli rinnovano sentimenti, pensieri e immagini dimenticate.
In questo percorso nello spazio davanti a sé e nel tempo dietro di sé si ritroverà in un bar dove riconoscerà nel cameriere che lo serve il ragazzo che a quindici anni gli fece scoprire l’amore ed il destino omosessuale della sua vita.

Letizia Russo scrive questo testo nel 2005 per il festival gay “Garofano verde” cercando di dare corpo e realtà di sentimenti all’amore di due uomini, attingendo alla dinamica del desiderio, comune a tutte le relazioni passionali, e soprattutto alla propria intima attrazione per il corpo maschile.
Ripercorrendo la matrice di questa genesi, abbiamo voluto prestare al protagonista maschile la sensibilità di un’interprete femminile che potesse illuminare il testo attraverso una nuova prospettiva. Così pur essendo ancora dichiaratamente un uomo, questo personaggio si anima di percorsi, sfumature e peculiarità che affondano il loro farsi nel corpo di una donna.
La storia che si racconta snodandosi attraverso un labirinto di parole, dove carne e desiderio si mescolano scambiando i loro volti.
Luigi Saravo

Letizia Russo

Nata a Roma nel 1980, è drammaturga e traduttrice. Debutta con Niente e nessuno (una cosa finita) (2000). Riceve il Premio Tondelli e il Premio Ubu per la migliore novità drammaturgica per il testo Tomba di cani (2001). Nel 2002 il Premio Candoni Arta Terme le commissiona un nuovo testo, Asfissia. Per il National Theatre scrive Binario morto (2003), già rappresentato e tradotto in Inghilterra e Portogallo, presentato in Italia alla Biennale di Venezia 2004, con la regia di Barbara Nativi. Per il Progetto Petrolio diretto da Mario Martone scrive Babele (2003). Nel 2005 presenta Edeyen in prima assoluta al Siracusa Ortigia Festival, con l’allestimento di Fausto Russo Alesi. Primo Amore (2005) debutta nella rassegna “Garofano Verde – scenari di teatro omosessuale” al Teatro Belli di Roma, diretto e interpretato da Paolo Zuccari. Da maggio 2004 è autrice in residenza nella compagnia Artistas Unidos di Lisbona. Nel 2005 debutta il testo frutto della residenza Gli animali domestici nel Teatro Nacional Dona Maria II per la regia di Jorge Silva Melo.


Laura Nardi

Diplomata nel 1995 presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, ha lavorato, tra gli altri, con Patroni Griffi, Nekrosius, Ronconi, Besson, Sciaccaluga. Ha partecipato a varie produzioni televisive (Incantesimo, Il Commissario, Morte di una strega, Distretto di Polizia, Ris) e produzioni cinematografiche nazionali e internazionali (Matrimoni di C.Comencini, Sobe adensa esgarça e desce di Eliseo e Neves, In Love and War di R.Attemborough). Dal 2006 lavora anche per il teatro Nacional Dona Maria II di Lisbona.

Luigi Saravo

Diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, lavora come attore in Teatro con Ronconi, Salveti, Terzoupolus, Sthur, Schreder e in varie produzioni televisive, Orgoglio, Don Matteo, Ricominciare, Carabinieri. Dal 2005 inizia la sua attività di regista con la messa in scena di Teresa di Gesù di cui è anche autore, un adattamento di Riccardo III, una riduzione delle Onde di Virginia Wolf, Oreste di Alfieri e Z di cui nuovamente è autore.

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[La timidezza delle ossa<-]LA TIMIDEZZA DELLE OSSA
Segnalazione Speciale – Premio Scenario 2007

Bastione Alicorno – mercoledì 25 giugno 2008, ore 20.30, 22.00, 23.00

Pathosformel

con Daniel Blanga Gubbay, Francesca Bucciero, Paola Villani
e con la collaborazione di Milo Adami;
FIES Factory One in collaborazione con Sezione Autonoma – Teatro Comandini, Cesena

Per le molte potenzialità di un’invenzione che cela la scena per lasciare un lavoro immaginativo al visitatore. Un medium espressivo elastico e inviolabile che separa e assorbe l’azione rivelandone – anche metaforicamente – l’ossatura, per raccontare di una lotta che coniuga il corporeo e l’incorporeo e si svela come luogo ancestrale del conflitto fra percezione e illusione, in un crescendo di tensione sapientemente orchestrato su una campionatura di suoni quotidiani dalle risonanze primordiali. SEGNALAZIONE SPECIALE – PREMIO SCENARIO 2007

Un telo bianco e incorniciato divide completamente lo spazio; il corpo in scena da chi è venuto a vederlo. Una superficie ininterrotta che sigilla la visione, senza concedere immagini in trasparenza.
A rompere l’attesa appare una forma impressa sul telo dal retro, il primo frammento di un corpo umano che nasce dalla materia, per far risaltare alla luce le forme sfumate delle proprie sporgenze.
La progressione delle immagini ricrea un corpo nell’atto della propria formazione. Se dal principio i frammenti appaiono singolarmente, arrivano in seguito a ricomporre l’immagine familiare di un corpo umano. Come feti che definiscono la propria anatomia durante i mesi della gestazione, i corpi si modellano gradualmente; costruiscono un corpo apparentemente privo di limitazioni gravitazionali.
Setto nasale, femore, nocche e scapole sono scomposti ed esposti attraverso un’epidermide talmente sottile da non riuscire più a celare nulla: sono apparizioni che privilegiano gli spigoli delle ossa e comprimono la forma della carne, modificando la percezione del corpo fino a creare una sorta di danza radiografica. Del corpo umano rimane così la sola struttura portante e spariscono fisionomia, tratti distintivi e carne.
In una lenta progressione il corpo si distacca dalla materia, si impone in maniera autonoma e intraprende una lotta contro il telo, nel perenne tentativo fallimentare di fissare la propria immagine o emergere oltre questo confine invalicabile.

Pathosformel

Nasce a Venezia nel 2004 riunendo elementi provenienti da differenti discipline, nell’intenzione di ripensare le priorità all’interno degli elementi che compongono una partitura performativa: lavoro sul corpo ed immagini, soluzioni artigianali e tecnica, rapporto con lo spazio e con i materiali, non predominano l’uno sull’altro a priori, ma solo in virtù di una resa scenica.
A seguito di una residenza alla centrale FIES di Dro nel maggio 2007, pathosformel ha presentato Volta. Il lavoro prevede corpi neri in uno spazio nero, visibili unicamente per le parti in cui sono ricoperti da un sottile strato di cera bianca. Volta ha debuttato in anteprima al festival Operaestate di Bassano del Grappa e al festival FIES drodesera 2007.

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[Bocca di cowboy<-]BOCCA DI COWBOY
Prima regionale

Bastione Santa Croce – mercoledì 25 giugno 2008, ore 21.30

Quellicherestano

di Sam Shepard;
con Lea Barletti, Gabriele Benedetti, Fabio Tinella;
musiche originali di Carlo Hintermann e Mario Salvucci;
foto di scena di Maurizio Buttazzo;
regia di Werner Waas.

La prima impressione davanti a Bocca di Cowboy è di avere a che fare con qualcosa di più elementare di un normale testo teatrale, di più immediato, qualcosa che non necessita di uno sviluppo drammaturgico tradizionale, che non ha una trama, ma che si muove come delle sfere liquide che si staccano, collidono e collassano di nuovo l’una nell’altra a getto continuo. Il tutto alla ricerca di una sensazione, di un sentimento, o forse di un Dio, che sta sepolto sotto strati e strati di vita sedimentata.

La lingua sembra essere al lavoro per ingannare un linguaggio troppo consapevole di quello che dice, per scoprire l’ignoto che non appare fino a quando non si abbandona il sentiero dell’affermazione, del dominio intellettuale. E’ un lavoro alla ricerca della poesia, un tentativo di aprirsi allo spirito, al mito e nel suo procedere sembra più vicino alla musica che alla letteratura teatrale.
Questa impressione si accompagna ad un’immagine del far west, con i cowboy e i pellerossa, con la dimensione mitica dell’uomo solo di fronte alla natura, una natura magnifica e immensa. Un mondo brutale e pericoloso in cui morire o non morire è una questione di inventiva, di fortuna e di istinto.

Il tono della pièce, la sua qualità autobiografica, e lo stesso tema trattato, mi portano a pensarlo in termini musicali. Penso a voci come Johnny Cash o Bob Dylan, alla semplicità del loro raccontare, al loro legame con la terra, quasi inimmaginabili per un europeo con quella massa di cultura accumulata, motivo d’orgoglio a volte sterile e di confusione mentale. Il testo di Shepard assomiglia a delle prove musicali: a ripetizione si provano racconti, con la storia di Gerard de Nerval che funge quasi da catalizzatore per altre storie e altri ricordi commoventi, si improvvisano duetti ritmati.

La stanza in cui si trovano i due protagonisti è una prigione provvisoria, un ammasso di ricordi, di scorie, da cui sembra impossibile fuggire. Questa è la molla che tiene viva l’azione teatrale: la fuga impossibile dall’immagine che gli altri hanno di te, il tentativo di fare emergere il nocciolo poetico, la rockstar sepolta dentro, a rischio di morire.
Ci riesce infine solo l’uomo aragosta: è antico, le sue chele mostrano i segni di numerose battaglie, il suo parlare è un grugnire, sarebbe capace di suicidarsi senza patemi d’animo, la sua anima è pura, è il perfetto cowboy, la perfetta rockstar.
Werner Waas

Quellicherestano

Da 15 anni la compagnia attraversa le scritture drammatiche del presente, trasforma e riflette la realtà, creando prospettive inaspettate sul mondo in cui viviamo. Il teatro viene usato come strumento per scardinare meccanismi e certezze, che altrimenti ci inchioderebbero ad un perenne status quo, al fine di creare un effetto liberatorio che apre spazi nuovi per il proprio agire.

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[Dissonorata. Un delitto d’onore in Calabria<-]DISSONORATA. UN DELITTO D'ONORE IN CALABRIA

Bastione Alicorno – giovedì 26 giugno 2008, ore 21.00

Scena Verticale

di e con Saverio La Ruina;
musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Gianfranco De Franco;
collaborazione alla regia Monica De Simone;
luci di Dario De Luca;
organizzazione di Settimio Pisano.

Premio UBU 2007
_ “Migliore attore” e “Migliore novità italiana”

Finalista al Premio ETI – Gli Olimpici del Teatro 2007
_ “Migliore interprete di monologo”

Spesso, ascoltando le storie drammatiche di donne dei paesi musulmani, capita di sentire l’eco di altre storie. Storie di donne calabresi dell’inizio del secolo scorso, o della fine del secolo scorso, o di oggi. Quando il lutto per le vedove durava tutta la vita. Per le figlie, anni e anni. Le donne vestivano quasi tutte di nero, compreso una specie di chador sulla testa, anche in piena estate. Donne vittime della legge degli uomini, schiave di un padre-padrone. E il delitto d’onore era talmente diffuso che una legge apposita quasi lo depenalizzava.
Partendo dalla piccola ma emblematica storia di una donna calabrese, lo spettacolo offre lo spunto per una riflessione sulla condizione della donna in generale. Parlando del proprio villaggio, parla della condizione della donna nel villaggio globale. Nello spettacolo risuonano molteplici voci di donne. Donne del sud, madri, nonne, zie; di loro amiche e di amiche delle amiche, di tutto il parentado e di tutto il vicinato. E tra queste una in particolare. La “piccola”, tragica e commovente storia di una donna del nostro meridione. Dal suo racconto emerge una Calabria che combina elementi grotteschi e surreali, talvolta perfino comici, sempre sul filo di un’amara ironia anche quando fa i conti con la tragedia.
Dissonorata è stato presentato in anteprima nazionale al festival Benevento Città Spettacolo (2006) e in prima nazionale al festival Bella Ciao, diretto da Ascanio Celestini. Per l’interpretazione e la drammaturgia, Saverio La Ruina riceve due Premi UBU 2007 nelle categorie “Migliore attore” e “Nuovo testo italiano” ed è nella terna dei finalisti al Premio ETI – Gli Olimpici del Teatro 2007 nella categoria “Migliore interprete di monologo”.

Scena Verticale

Nasce nel 1992 a Castrovillari (CS) per opera di Saverio La Ruina e Dario De Luca. Dal 2001 Settimio Pisano ne cura l’aspetto organizzativo. La compagnia debutta nel ’96 al II Incontro Nazionale dei Teatri Invisibili con La Stanza della memoria. Dal 1997 è riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel 2001 riceve il Premio Bartolucci “per una realtà nuova”, presieduto da Franco Quadri. Nel 2003 ottiene il Premio della Critica Teatrale, assegnato dall’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro. Scena Verticale è ideatrice e organizzatrice di Primavera dei Teatri, festival sui nuovi linguaggi scenici, giunto nel giugno 2007 all’ottava edizione.

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[Mi chiamo Rachel Corrie<-]MI CHIAMO RACHEL CORRIE
Primo studio

Bastione Santa Croce – giovedì 26 giugno 2008, ore 22.15

Cristina Spina

tratto dagli scritti di Rachel Corrie;
edito da Alan Rickman e Katharine Viner;
traduzione di Monica Capuani;
interprete Cristina Spina;
collaboratore artistico Alessandro Fabrizi.

Il 16 marzo 2003 Rachel Corrie, una ragazza americana di 23 anni, fu uccisa da un bulldozer israeliano a Gaza. Come Membro dell’International Solidarity Movement (ISM), Rachel, aveva deciso di andare a Rafa, nella striscia di Gaza, come attivista nel conflitto israelo-palestinese. Fu ferita a morte mentre protestava contro l’occupazione israeliana nel tentativo di impedire ad un bulldozer dell’esercito israeliano di distruggere alcune case palestinesi.
Rachel Corrie viveva a Olympia, nello stato di Washington dove studiava arte e relazioni internazionali. Era molto conosciuta poiché lavorava attivamente per il movimento per la pace e la giustizia della sua città. Aveva scritto una serie di e-mail e di lettere alla sua famiglia e ai suoi amici, spiegando perchè voleva essere a Gaza e quale fosse la sua idea del mondo. Furono proprio queste e-mail pubblicate su “The Guardian” dopo la sua morte, che ispirarono l’attore e regista inglese Alan Rickman, e la giornalista Katharine Viner, tanto da spingerli a chiedere alla famiglia Corrie i documenti di Rachel per trasformarli in un monologo teatrale.

Mi chiamo Rachel Corrie non è soltanto una pièce politica, ma racchiude interrogativi sulla vita reale e su temi esistenziali condivisi dai giovani, e non solo.
E’ difficile non rimanere impressionati dalla straordinaria potenza di questo testo appassionato, illuminato, ironico e poetico e soprattutto colpisce la forza di questa giovane donna piena d’ideali, divertente, intelligente e con un notevole talento di scrittrice. www.rachelcorriefoundation.org

Cristina Spina

Diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, ha studiato otto anni danza classica e contemporanea, nella scuola di Marinel Stefanescu e Liliana Cosi, e al Balletto di Roma. Partecipa al corso di perfezionamento per attori e registi diretto da Luca Ronconi nell’estate 2004. Vince il Premio Siracusa Stampa Teatro come miglior giovane interprete per il ruolo di Cassandra nella stagione teatrale 2006 al teatro greco di Siracusa. Sempre nel 2006 viene scelta da Martha Clarke, coreografa e regista americana e ha il suo primo debutto a New York al “Newyorktheatreworkshop” con lo spettacolo Kaos da Pirandello.
Ha lavorato tra gli altri in teatro con: Massimo Castri, Luca Ronconi, Carlo Cecchi, Dominique Pitoiset (la Tempesta di W.Shakespeare, La Commedie Humane di E. Balzac), Irene Papas (Ecuba di Euripide), Mario Gas (Le Troiane di Euripide). Per il cinema ha lavorato con Pupi Avati nel film La via degli angeli.

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