Fibre Parallele. “Mangiami l’anima e poi sputala”

Facile e felice blasfemia

Che si dovesse essere senza peccato per ricevere il corpo di Cristo lo si sapeva, che poi lo si dovesse anche fare a pezzi come un quarto di manzo lo aggiunge Fibre Parallele, il giovane duo barese che attacca vigorosamente il dogmatismo cattolico con “Mangiami l’anima e poi sputala”, spettacolo che chiude la selezione Movimenti del Teatro Fondamenta Nuove di Venezia.

La storia, ispirata dall’omonimo romanzo di Giovanna Furio, è semplice: una beghina del sud Italia prega tanto Gesù di aiutarla che questo scende dalla croce su cui se ne stava. Peccato che la ‘lezione d’amore’ che questo Cristo extracomunitario un po’ freakettone ha da impartire non possa che scontrarsi con il muro di dogmi della beghina. La battaglia del Figlio di Dio sembra infine essere vinta, tanto che la beghina addirittura si concede, ma il rigurgito di senso di colpa è tale che questa lo fa letteralmente a pezzi in scena.

E’ lo scontro, particolarmente evidente in questi anni, tra due spiritualità: la religione oggettiva fatta di precetti e la religione personalissima del “secondo me”. La beghina (Licia Lanera) – nero vestita con catena al piede si esprime per luoghi comuni con un marcato accento pugliese – è icona a sua volta del primo modo di intendere la fede. Gesù (Riccardo Spagnolo)– un po’ maestro zen dal capello lungo e la parlata flemmaticamente est accentata – è invece simbolo che incarna il pensiero per cui se curo il mio orticello e voglio bene al prossimo (che vuol dire il vicino, non l’umanità intera) ho fatto in terra il regno dei cieli.
Certo non è nuova l’idea che se Cristo tornasse sulla terra, sarebbe “fatto a pezzi”: accade anche in Dostoevskij, ma mentre ne “I fratelli Karamazov” è il grande Inquisitore, la Chiesa stessa, a decretare la pericolosità del messaggio evangelico originale, qui la risposta è tutta interiore, istintiva; non si gioca, giustamente, su elucubrazioni che ben si attagliano alla pagina scritta. La beghina non ammette repliche, non cerca il dialogo, ma fa semplicemente cieca resistenza. Oppure ciecamente si lascia andare alle nuove regole del piacere. La scena appare come uno spazio interiore, in cui assistiamo ai capitoli di una lenta ma inesorabile conquista dell’anima e del corpo della beghina. Da questo deriva la fisicità di uno spettacolo, semifinalista allo Scenario 2007, che quant’anche risenta nella struttura di una confusione latente, figlia forse di una limitata riflessione su quanto viene messo in scena, con le musiche e le inserzioni audio di registrazioni da Radio Maria a fare da cesure ritmiche, funziona comunque. Perché scommette felicemente sui corpi degli attori, non più personaggi, ma ideologie che si affrontano. Ogni scena diventa allora immagine del confronto, movimento dello scontro, generando passaggi al limite del grottesco, provocando battute da cabaret, fino alla spassosa lezione di aerobica di Gesù con alle sue spalle la beghina sovrappeso e scoordinata che si affanna inutilmente nel seguirlo.

Uno spettacolo che nella riflessione sul corpo di Cristo si lascia guidare proprio dal corpo dell’attore. In questo modo la semplicità della scenografia – sostanzialmente il grande crocifisso e un grande cuore di neon sospeso – non è vuoto, ma libero spazio di movimento, seguito rispettosamente dal piano luci. Forse il vero punto debole dello spettacolo dunque non è la caotica selezione del materiale, ma la facilità delle risposte, la superficialità della soluzione, la rapida e immediata scelta di porre la beghina nel torto e questo Gesù nella ragione.

Teatro Fondamenta Nuove (VE)
Fibre Parallele – Mangiami l’anima e poi sputala
di e con Licia Lanera e Riccardo Spagnolo, assistente alla regia Maria Elena Germinario, luci Carlo Quartararo, scene Gianluigi Carbonara, oggetti di scena Nunzia Guacci, collaborazione tecnica Frank Lamacchia, grafica Alessandra di Ridolfo
www.teatrofondamentanuove.it