“Fighting” di Dito Montiel

A mani nude

È fine stagione e quindi la distribuzione italiana si concentra su uscite di scarsa qualità e come al solito dal cinema americano arrivano le ennesime storie di riscatto e redenzione edulcorata.

Sullo sfondo delle strade di New York, la vera anima di Fighting, Shawn MacArthur sbarca il lunario come venditore ambulante di prodotti non proprio originali. Un giorno, mentre si difende a mani nude contro alcuni ragazzi che stanno tentando di derubarlo, viene notato da Harvey Boarden, che vuole introdurlo nel suo giro di combattimenti clandestini. Il giovane, inizialmente titubante, accetta per trovarsi in un vorticoso mondo sotterraneo. Senza dubbio interessante è la descrizione di questi ambienti, i cui incontri si svolgono nei luoghi più disparati a uso e consumo di un pubblico che, davvero, può comprendere diverse fasce sociali ed economiche (Shawn, infatti, passa dalle palestre più fatiscenti alle case di Park Avenue quando svolge il suo “lavoro”). Meno lo sono altri aspetti di questo film, dotato di pochissimi pregi e moltissimi difetti.

È ancora una volta la New York più dura e cruda ad essere protagonista del nuovo film di Dito Montiel, che si era imposto nel panorama cinematografico americano, vincendo al prestigioso Sundance nel 2006 con la sua opera prima Guida per riconoscere i tuoi santi, un buon lavoro che proponeva una prospettiva interessante di uno spaccato sociale fatto di infelicità e degrado umano. Un esordio brillante per un artista versatile che ha avuto capacità di rinnovarsi e dividersi fra la boxe, la musica, la scrittura e tante altre discipline artistiche e sportive.

Ma il passaggio dalla produzione indipendente a una major come la Universal non ha favorito una seconda prova di regia capace di eguagliare la prima, in parte a causa di una sceneggiatura, scritta a quattro mani dallo stesso con Robert Munic (suoi i film tv di Showtime They Call Me Sirr e In a Class of His Own), priva d’anima e intrisa dei luoghi più comuni di questa tipologia di storie e di questo genere cinematografico.

Nonostante la mediocre qualità generale di Fighting e una prima mezz’ora alquanto lenta, il regista si riscatta parzialmente, negli ultimi tre quarti della pellicola, contrapponendo un ritmo narrativo vorticoso e dinamico attraverso un montaggio serrato e una colonna sonora fatta di tanto rap, oltre a tessere una piccola storia d’amore delicata che il giovane protagonista intreccia con Zulay, una ragazza madre con al seguito una nonna piuttosto ingombrante.

Montiel ritrova ancora una volta il co-protagonista del suo film precedente, Channing Tatum, e gli costruisce a suo uso e consumo un altro personaggio da bello e dannato, da disperato e violento, ma capace di riscattarsi e dimostrare di essere al di sopra delle grandi meschinità degli altri esseri umani. Questa volta però, a differenza di Guida per riconoscere i tuoi santi, la dolenza di fondo in Fighting lascia spazio ad un buonismo ipocrita e perbenista, mentre il realismo ad una laccata povertà assolutamente irritante e fasulla. Buone le prove del cast, in particolare quella di un Terrence Howard, nelle vesti Harvey Boarden, capace di intingere nel suo personaggio quella malinconia sotterranea e quella introspezione psicologica che la sceneggiatura non gli ha concesso, dando così ulteriore conferma di essere un ottimo interprete perché i grandi attori si vedono soprattutto quando il materiale su cui lavorano è pessimo.

Titolo originale: Fighting
Nazione: U.S.A.
Anno: 2009
Genere: Drammatico
Durata: 105′
Regia: Dito Montiel
Sito ufficiale: www.fightingmovie.net
Cast: Channing Tatum, Terrence Howard, Luis Guzmàn, Zulay Henao, Michael Rivera, Anthony DeSando, Brian J. White, Ivan Martin
Produzione: Misher Films, Relativity Media, Rogue Pictures
Distribuzione: UIP
Data di uscita: 24 Luglio 2009 (cinema)