“Ponyo sulla scogliera” di Hayao Miyazaki

Il dirupo che dà sull'oceano

Venezia 65. – Concorso
Sosuke, un vivace e sveglio bimbo di cinque anni, abita con la giovane mamma in una casetta sul cucuzzolo di un dirupo che dà direttamente sull’oceano. I due vivono serenamente, consolandosi a vicenda durante le lunghe assenze del padre, capitano di una nave spesso in viaggio. Una mattina Sosuke trova, in riva al mare, un pesciolino rosso incastrato in un vasetto.

Il bimbo salva il pesce, lo prende subito in simpatia e la ribattezza Ponyo, perchè soffice e magica. Dal canto suo Ponyo non è certamente un normale pesciolino rosso: il suo vero nome è Brunhilde, ed è la figlia di Fujimoto, una creatura magica che tramite l’acqua della vita controlla l’equilibrio dell’ecosistema marino. Si sa, tale padre tale figlia: Ponyo, come il babbo, possiede grandi poteri magici; Fujimoto, spaventato dal fatto che l’immatura figliola possa usarli a sproposito, la tiene a malincuore rinchiusa. Ponyo riesce a fuggire, e fa l’incontro che le cambierà la vita, quello con Sosuke. I due si intendono a meraviglia fin da subito, e quando Ponyo viene riacciuffata da Fujimoto, scappa nuovamente e torna dal piccolo innamorato sotto le sembianze di una scalmanata bimba fulvocrinita, le cose sembrano andare finalmente per il verso giusto. Si viene a creare, però, un piccolo problema: Ponyo, fuggendo dalla residenza sottomarina del babbo, ha “rovesciato” tutta l’acqua della vita stipata dal padre; l’ecosistema marino, quindi, inizia a espandersi a velocità incredibile, ritornando a livelli conosciuti solamente durante la preistoria. Ovviamente la situazione si fa vagamente scabrosa per gli esseri umani. Non c’è nemmeno bisogno di chiarire chi sarà investito dell’onere di salvare l’umanità.

Il sensei Hayao Miyazaki è tanto strano quanto divertente: parecchio. Da una mezza dozzina di film a questa parte, il vetusto maestro dell’animazione nipponica va dicendo a mezzo stampa: “Questo sarà certamente l’ultimo film che faccio”. Puntualmente, a qualche anno di distanza, lo studio Ghibli si trova a distribuire con gioia in patria l’ennesimo capolavoro scritto, diretto e supervisionato dal Leone d’Oro alla Carriera 2005. Quasi sicuramente il giorno in cui vorrà smettere ci verrà a dire che non vede l’ora di cominciare il prossimo lungometraggio.

Questo Gake no Ue no Ponyo giunge a ben quattro anni di distanza dall’europeo Il Castello Errante di Howl, anch’esso in concorso a Venezia, e sei anni dopo la trionfale cavalcata del suo capolavoro La Città Incantata, premiato sia con l’Oscar che con l’Orso d’Oro al Festival di Berlino. Miyazaki per creare il suo nuovo lavoro questa volta ha optato per un’ispirazione ibrida, collocandosi a metà tra le fiabe del danese Andersen e un racconto popolare giapponese. Il film certamente trae gran giovamento da questa unione di visioni.
Uscito nelle sale giapponesi a estate inoltrata, la pellicola ha distrutto qualsiasi record, toccando proprio pochi giorni or sono la storica quota, per il Giappone, di cento milioni di dollari di incassi.

Non ci può essere più alcun dubbio a riguardo: Miyazaki Hayao rappresenta un incredibile e felicemente inspiegabile unicum nel cinema contemporaneo. In ventiquattro anni di carriera semplicemente il regista giapponese non ha sbagliato una virgola, riuscendo a mantenersi con grande oculatezza, talento e impegno su soglie di costante eccellenza che fanno vermanete venire le vertigini. Tutto questo, sia ben chiaro, continuando a variare temi e modalità d’esecuzione e regia, continuando, seppur senza essere avventato, a sperimentare evitando di evoluire sempre intorno allo stesso format di successo, col rischio di diventare noioso e stucchevole. Miyazaki pigia invece sull’acceleratore, guidando certamente con prudenza (non certo come la madre di Sosuke nel film), e godendosi pure il viaggio.

Gake no Ue no Ponyo, che con la sua inspiegabile bellezza ridona colore a una Mostra del Cinema un poco itterica, è l’ennesimo passo avanti (dopo il balzo chilometrico de La Città Incantata e la pausa caffè de Il Castello Errante di Howl), compiuto dal genio venuto dal Sol Levante. Basterebbero solo i primi cinque minuti, sublimi, muti, colmi e ricolmi di bellezza e poesia a ribadire la grandezza del film; fortunatamente altri 96 giri di lancetta, che non si fanno assolutamente disprezzare, seguono lo sfolgorante incipit.
Il regista, col passare degli anni, sembra voler abbassare di continuo il target del suo pubblico: con tutta probabilità i protagonisti di questa pellicola, Sosuke e Ponyo, sono coi loro cinque anni i più giovani mai utilizzati da Miyazaki. Anche alcuni tratti dell’animazione sembrano esseri stati studiati apposta per mandare in solluccheri i bambini: si tratta di sequenze in cui le animazioni si fanno più semplici e abbozzate, come se a disegnarle potessero essere stati proprio i piccoli spettatori. Lo stesso oceano spesso, seppur in burrasca, viene reso più amichevole con questi espedienti. In questo film più che in tutti i precedenti, Miyazaki parla con emozioni semplicissime e potenti, che evoca tramite i particolari del suo disegno e con l’aiuto della magica partitura del fido collaboratore Joe Hisaishi, che per questo lavoro sceglie un impianto classico ma di grande effetto; la scrittura, infatti, è stata semplificata al massimo per venire incontro al target scelto in fase di ideazione. Se in fase di sinossi non servira dire chi era l’eroe, forse in questo caso serve affermare che il film è sia per grandi che per piccini?

Titolo originale: Gake no ue no Ponyo
Nazione: Giappone
Anno: 2008
Genere: Animazione
Durata: 101′
Regia: Hayao Miyazaki
Sito ufficiale: www.ghibli.jp/ponyo

Cast:
Produzione: DENTSU Music And Entertainment, Hakuhodo DY Media Partners, Mitsubishi Corporation, Studio Ghibli, The Walt Disney Company

Data di uscita: Venezia 2008