Pupi Avati, oltre a essere l’autore del romanzo Gli amici del Bar Margherita, è anche il regista della trasposizione cinematografica. Molto simili nella narrazione e nello svolgimento, il romanzo e la pellicola raccontano l’esistenza di un gruppo di amici e del loro ritrovo.
Il Bar Margherita a Bologna non è semplicemente un bar, è molto di più, è un punto d’incontro, è un posto in cui sfogare le proprie frustrazioni, è un momento di svago, è una scusa per distrarsi, è una filosofia di vita, ma soprattutto, è sinonimo di amicizia. E come ogni bar che si rispetti ha le sue regole, e chi vuole avere un minimo di considerazione deve rispettarle.
E c’è anche chi come Taddeo Osti, o come lo chiamano tutti Coso, che cerca in tutti i modi di far parte “del gruppo”, un gruppo decisamente vario e molto, molto particolare, guidato dal carismatico Al, amante dei night e indiscusso campione di biliardo. Ma sono in molti gli amici del bar, c’è Manuelo ossessionato dal sesso femminile e perennemente in cerca di una valida idea per sbarcare il lunario, c’è Gian con la passione per il canto e con una forte propensione verso il mondo dello spettacolo e c’è Bep, quello riservato e intimidito dalla donne e proprio per questo protetto dagli altri.
Il gruppo si ritrova giornalmente al bar per stare insieme, per preparare qualche genuina truffa, per guardare le donne passare, per giocare a biliardo, per perdere tempo, o semplicemente, per far arrabbiare il paziente propietario, l’unico in grado di sopportare un gruppo così.
Pupi Avati, con grande semplicità e ironia, tratteggia un’atmosfera densa di emozioni dove la vita di provincia viene scandita dai ritmi del bar a cui tutto il gruppo si è adeguato. Avati però non manca di sottolineare l’unica vera forza del gruppo, quell’amicizia maschile che riesce sempre a essere così vera e cosi unica in ogni momento a dispetto di tutti e di tutto.
La recensione del film:
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Pupi Avati, Gli amici del Bar Margherita, Garzanti, 2009, pp. 143, € 12,60.