“Neo-soul/jazz, an organic musical street party at the corner of hip-hop and bop”. Così recita l’etichetta sopra la copertina del cd: all’angolo tra la tradizione jazzistica e l’innovazione verso il mainstream della black music.
Tentativo, come tanti ce ne sono in giro, di rinnovare un linguaggio che rischia di restare bloccato nel Novecento, che tanto lo ha esaltato, portandolo alla fusione con altri stili della musica afro-americana. E se pure l’esigenza di rinnovamento pare obbligatoria, almeno periodicamente, si rischia di perdere le tracce lungo percorsi che si fanno insidiosi, soprattutto quando si ha a che fare con la musica pop o più “facile”.
Roy Hargrove non ha smarrito la strada, anzi l’ha prima delineata per bene, con numerose e prestigiose collaborazioni a 360 gradi (dalle stelle del jazz ai rappers), e si è poi cimentato in un’impresa ben riuscita: partendo dalla lezione dei grandi maestri, la cui influenza si può notare nei fraseggi del trombettista, è arrivato a un incrocio tra le principali arterie della musica nera, dal funky all’r’n’b all’hip-hop.
La coscienza della propria identità e delle proprie radici è ben viva sin dalla copertina, che richiama quelle del Miles Davis elettrico di fine anni sessanta, mescolando figure tribali agli abiti della modernità. Le tracce rappresentano poi un interessante mix: troviamo tra gli ospiti MC di primo livello come Q-Tip, sempre elegante nella metrica, in Poetry e Common, lanciato in un coinvolgente free-style nell’omonima Common Free Style; Erykah Badu, regina del Nu-Soul in Poetry e D’Angelo in I’ll stay, brano di George Clinton. I musicisti non sono da meno: tutti tra i più quotati strumentisti e session-man attualmente in circolazione.
Sebbene ancora giovane, il trombettista statunitense di colore ha infatti 34 anni, Hargrove si è già imposto all’attenzione di pubblico e critica, vincendo tra l’altro un Grammy con il disco Habana, registrato con musicisti cubani nel 1996. L’avventura con l’RH Factor da cui è nato Hardgroove (si è potuto vederli anche in tv su Umbria Jazz ’03, che ha fatto rivivere i momenti salienti della manifestazione) non sembra essere l’ultima delle buone trovate di Roy: la strada c’è e non è ancora stata persa, almeno speriamo.