“HOLD ON NOW, YOUNGSTER…” DEI LOS CAMPESINOS!

Indi(e)gestione di allegria

Irruenti e casinisti. Squinternati e divertenti. Parola d’ordine: lasciarsi andare al flusso vitale; sfrenato ma in fondo consapevole. È il debutto dei gallesi Los Campesinos!. Da ascoltare a tutto volume.

Risulta impresa alquanto difficile, per un recensore italiano e poco anglofonicizzato, seguire i percorsi verbali tracciati dai Los Campesinos!. Hold on now, Youngster…, l’Lp d’esordio, è tutto farcito di lunghissime e strampalate frasi che, se fanno la smodata felicità di quelli che questa lingua l’hanno nel sangue, risultano piuttosto complicate a chi invece l’abbia soltanto studiata al tavolino. E così, se si cominciasse a citare qualche strofa questa recensione andrebbe ben oltre le canoniche 2000-2500 battute. Più che bene allora: non lo si farà.

La cifra stilistica che torna subito in mente ascoltando il disco è quella dei canadesi Broken Social Scene, con i loro frequenti cambi di tempo all’interno delle singole canzoni, energizzate da un indie-rock approntato per il dancefloor. Probabilmente i Campesinos avevano già questa connotazione, ma una certa importanza deve averla comunque avuta il contributo alla produzione del disco di Dave Newfeld, ovvero colui che mette abitualmente le mani sui lavori dei BSS. La maggiore differenza sta invece nell’attitudine, che qui appare più pertinente ad una scanzonatura da venticinquenne nevrotico: sbottonata e lasciata libera di abbandonarsi a un bergsoniano élan vital irruente e anarchico. Sul carrozzone gallese, infatti, non trovano posto le sfumature. Lo si capisce bene sentendo come inizia Broken heartbeats sound like breakbeats: il “quattro” che dà il tempo è sbraitato da una molteplicità di voci; segue un suono di chitarra sporca e punk; per poi continuare con la base strumentale spesso relegata sullo sfondo, e l’incrociarsi di più voci variamente caratterizzate, ma livellate in primo piano a scandire frasi stralunate e surreali. Si delinea quindi il riferimento numero due: gli Architecture in Helsinki di In case we die, con i quali viene condiviso il carattere ludico che imperversa lungo le composizioni. La dolcezza che a tratti traspare dalle voci femminili e l’uso del glockenspiel s’insinuano tra le pieghe suadenti di un violino, ornando di dolcezza pop un impasto grezzo e lo-fi.

In dodici capitoli mai meno che entusiasmanti si snoda il brillante debutto di sette gallesi che -come già i Ramones- amano accomunarsi adottando lo stesso cognome eponimo del gruppo. Con i newyorkesi Vampire Weekend, sono probabilmente la novità indie più stuzzicante del momento.

Per un assaggio, sentire e vedere:
1) Myspace:
www.myspace.com/loscampesinos
2) My year in lists :
www.youtube.com/watch?v=Tk0vQhxyR5Y
3) We are accelerated readers [acoustic live at Maps]:
www.youtube.com/watch?v=_avXa5PIedc&feature=related
4) Death to Los Campesinos! :
www.youtube.com/watch?v=Dc4GethJnBg&feature=related